L'editoriale

Scomode verità e libertà di stampa

Oggi si celebra la giornata mondiale della libertà di stampa e di questi tempi la situazione a livello mondiale è tutt’altro che rallegrante in tale ambito
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Osvaldo Migotto
03.05.2022 06:00

Oggi si celebra la giornata mondiale della libertà di stampa e di questi tempi la situazione a livello mondiale è tutt’altro che rallegrante in tale ambito. Lo scorso anno nel rapporto di Reporter Senza Frontiere (RSF) dedicato a questa libertà fondamentale figuravano ben 488 giornalisti detenuti in vari Paesi del mondo; un numero record dalla creazione di questo rapporto introdotto da RSF nel 1995. Unico aspetto positivo nel bilancio del 2021 era stata la diminuzione dei giornalisti uccisi. Una tendenza che quest’anno rischia di cambiare, in peggio, a causa della guerra scatenata da Mosca in Ucraina, dove quasi ogni giorno si registrano attacchi, diversi dei quali mirati, contro reporter di vari Paesi.

Comunque giornalisti e mass media liberi e indipendenti non sono a rischio solo in zone di guerra. Negli ultimi anni abbiamo infatti assistito all’introduzione di leggi liberticide anche nell’Unione europea, si pensi ad esempio a quanto ha fatto il Governo Orban in Ungheria. E anche da noi sta sollevando dure critiche, da parte di un’ampia alleanza nel settore dei media, un disegno di legge che finirà sui banchi del Consiglio nazionale il prossimo 10 maggio, riguardante la revisione del Codice di diritto processuale civile. La riforma (si vedano i dettagli a pagina 7) contiene un capitolo sui provvedimenti cautelari che è possibile prendere nei confronti dei mass media. Ciò è visto nel mondo dei media come un’ingiustificata restrizione alla libertà di stampa. Senza dei mass media liberi chi denuncerebbe eventuali intrighi del potere costituito o losche manovre politiche ed economiche che danneggiano gli interessi della collettività, a beneficio di determinati gruppi di interesse? Senza la libertà di stampa anche la democrazia va in apnea.

Non è un caso se la Cina figura al primo posto per numero di giornalisti arrestati nel corso del 2021. In effetti nella Cina di Xi Jinping il popolo ha solo un ruolo di spettatore nelle battaglie per il controllo del potere che si giocano ai vertici del partito unico. Chi dissente dalle scelte che piombano dall’alto rischia grosso. E lo stesso vale per chi osa denunciare la repressione esercitata da Pechino nei confronti degli uiguri nello Xinjiang o dei sostenitori della democrazia a Hong Kong. Ma Pechino, con 127 giornalisti arrestati, è in buona compagnia nell’elenco dei Paesi che non rispettano la libertà di stampa. In questa triste classifica la seguono il Myanamar, la Bielorussia e l’Arabia Saudita, giusto per fare qualche esempio. Tra i Paesi occidentali si fa notare invece il Regno Unito che da anni tiene dietro le sbarre Jualian Assange in attesa dell’imminente estradizione verso gli Stati Uniti. Il giornalista australiano negli USA sarà processato per 18 capi d’accusa in relazione alla divulgazione di centinaia di migliaia di documenti militari e diplomatici confidenziali pubblicati su WikiLeaks nel 2010, concernenti crimini di guerra e violazioni dei diritti umani. I segreti di Stato andrebbero rispettati, ma che fare se nascondono crimini di guerra?

La soluzione ideale sarebbe quella di riuscire a prevenire gli scontri armati e i crimini che essi spesso scatenano. In effetti la libertà di stampa dovrebbe servire anche per consentire la denuncia di politiche spregiudicate che favoriscono i conflitti piuttosto che la loro prevenzione. In Russia, purtroppo, è già da anni che Putin ha messo il bavaglio alla stampa indipendente per poter diffondere senza ostacoli la sua narrazione di un Occidente «cattivo» che vuole strangolare il suo Paese. Il crescente impiego dei social media a scopo propagandistico costituisce poi un’ulteriore arma per chi vuole contrastare le «scomode» verità dei media indipendenti. Le fake news invadono la rete, trasformando l’invasore in un eroe. E a crederci, purtroppo, non sono solo i russi.

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