Taca la bala

Un rapporto tormentato

Quando c’è il pubblico e l’entusiasmo il calcio è una festa, ma il bagaglio di esperienze suggerisce di non esagerare con la partecipazione emotiva
© Keystone/Alessandro Crinari
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
20.05.2022 06:00

 

Faccio parte della squadra dei veterani dei portatori di cronaca e nel corso della mia lunga carriera posso certamente affermare di averne viste di ogni genere sul fronte calcistico. Ho osservato entusiasmi straripanti, purtroppo svaniti in poco tempo. Avete in mente quei temporali estivi, quando il cielo si addensa di nubi ballerine, si scatenano lampi e tuoni, arriva la pioggia come in una danza frenetica, e poi tutto cessa e il sole torna a brillare? Ecco, cose così.  E ho purtroppo assistito anche a tre fallimenti dolorosi di club calcistici locali con una storia densa e gloriosa. Ogni volta una pugnalata.

Sarà forse stato questo disgraziato bagaglio di esperienze ad avermi negato una partecipazione emotiva straordinaria in occasione del successo in Coppa del Lugano, vissuto con gioia, ma anche con un pizzico di distacco. Brutta bestia, l’incedere degli anni.

Osservo un entusiasmo straripante dopo la grande vittoria bianconera. Giusto, sincero, doveroso. E allora di fronte alla desolazione che ha quasi sempre accompagnato le partite di Cornaredo, disputate davanti ai celebri quattro gatti, ecco il solito ritornello. È la svolta?_Durerà?_Deve durare! dice qualcuno, come se bastasse inviare un ordine di marcia alla piazza per muoverla in direzione dello stadio. D’accordo, c’è questo miraggio dello zio d’America (attenti: sono zii che solitamente non tessono un legame d’affetto col... nipote; arrivano, prendono, danno, e un giorno ripartono, si spera senza far danni come altri «zii» transitati da queste parti); c’è un altro miraggio che è il nuovo stadio (cito a caso: Servette, Neuchâtel Xamax, Losanna, Thun, tutte col nuovo stadio, sprofondate in un mare di guai e di lacrime); e poi c’è lui, Mattia Croci-Torti, il «Crus», santificato in un amen, un totem che sta facendo le fortune del club. Basta tutto questo per invertire una tendenza che purtroppo sembra immutabile? La Coppa, l’Europa, possono far breccia nel cuore dei tifosi più tiepidi e riportarli allo stadio con mogli e figli anche in campionato?

Senza scomodare la teoria dei corsi e dei ricorsi storici del filosofo Giambattista Vico, il quale sosteneva che alcuni accadimenti si ripetono con le medesime modalità, anche a distanza di tanto tempo e non per puro caso, ma in base a un preciso disegno della divina provvidenza, a chi scrive sembra purtroppo di assistere ad un déjà-vu. Ricordo perfettamente la finale del 1993, quella vinta con in panchina Karl Engel e con un Lugano che schierava (a differenza di questo: e l’osservazione non è insignificante) parecchi giocatori, tra cui il capitano Tita Colombo, ticinesi. Anche allora il Ticino si mobilitò per andare a_Berna, furono organizzati numerosi torpedoni pagati dal club e messi a disposizione di innumerevoli società sportive; anche allora la festa in Piazza Riforma radunò una folla oceanica e durò fino all’alba. E in quella che a quei tempi si chiamava Coppa delle Coppe, i bianconeri dopo aver passato il primo turno incrociarono il loro destino addirittura col Real Madrid. Era, quel Lugano, un club virtuoso, che cresceva poco a poco (neopromosso in LNA a fine anni Ottanta, la seconda finale di Coppa consecutiva dopo quella persa nel 1992 col Lucerna), aveva giocatori di grido (due nomi su tutti: Mauro Galvao e Nestor Subiat). Due campionati più tardi i bianconeri si garantirono il diritto di partecipare alla Coppa Uefa e si permisero il lusso di estromettere addirittura l’Inter. Andata a Cornaredo con stadio colmo in ogni ordine di posti, qualificazione strappata a Milano. E tre giorni più tardi una partita importante di campionato in casa col San Gallo. Allo stadio annunciarono 3 mila spettatori, ma erano di meno. Altri tempi? Facciamo gli scongiuri. Il calcio quando c’è pubblico e c’è entusiasmo è una festa. Crediamoci allora. O, forse, credeteci se vi pare...

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