Il commento

Una sentenza discutibile

Quanto stabilito dalla CEDU, la Corte europea dei diritti dell'uomo, nei confronti della Svizzera suggerisce alcune riflessioni
©Charlie Riedel
Tito Tettamanti
Tito Tettamanti
26.04.2024 06:00

Ogni consesso umano per funzionare necessita di tre cose: delle regole (le leggi), di chi le applica e gestisce (governi, autorità varie) e di chi dirime (i tribunali) i contrasti relativi all’applicazione delle regole tra le componenti del popolo e tra quest’ultime e l’autorità.

Il tutto con accenti e influenza diversi a dipendenza del quadro sociale: democratico, autocratico, dittatoriale, assolutista. Nell’ambito della struttura democratica appare immediatamente la delicatezza delle funzioni dei giudici che compongono i tribunali. Donne, uomini sicuramente con le loro debolezze e preferenze, ma che si debbono distinguere per competenza (a quanto si legge, pare che nel Ticino abbiamo qualche problema) ma pure per l’equilibrio, il distacco anche dai sentimenti personali.

Ovviamente tra diverse autorità (poteri) è facilmente prevedibile che vi siano contrasti di opinioni specie a proposito delle relative competenze. Ad esempio per l’applicazione di leggi è noto che vi siano tra i giudici due correnti di pensiero. Quella che ritiene che l’emanazione delle leggi è d’esclusiva competenza del potere politico e di conseguenza il compito del giudice è l’applicazione delle stesse con un’intelligente interpretazione. L’altra corrente di pensiero reclama per il giudice la possibilità di adeguare le leggi all’evoluzione della società, anzi vede nella giurisprudenza praticamente una forma per tener conto dei cambiamenti nella compagine sociale. Dimentico volutamente il sistema della Common Law applicato nel mondo anglofono.

Ritengo la volontà di allargare il campo di competenza dei giudici pericolosa anche perché si sostituiscono all’autorità legittima, parlamento ed eventualmente popolo.

Le riflessioni che precedono mi sono state suggerite da una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) con sede a Strasburgo che ha condannato la Svizzera per violazione dei diritti umani nell’ambito ambientale. La denuncia al tribunale è opera di un’associazione di signore svizzere di età avanzata che sostengono che da noi il riscaldamento del clima danneggia la loro salute e le espone ad un maggior pericolo di morte. La realtà è un’altra, questa associazione è stata voluta e sostenuta da Greenpeace, la quale ha pure finanziato i notevoli costi della causa, stimabili tra i 750.000 ed 1 milione di franchi. Greenpeace è una ONG nota per la sua aggressività ed i metodi poco ortodossi. In un caso che mi concerneva l’ho fatta condannare penalmente.

Quindi di fatto è Greenpeace che ha querelato e ottenuto la condanna della Svizzera. Il redattore capo del Nebelspalter ha demolito il fondamento della querela con statistiche che dimostrano che la Svizzera ha ridotto le immissioni pro capite di CO2 tra il 1990 e il 2021 del 37,4 contro la riduzione dell’UE di solo 31,8. Parimenti che il Tribunale ha grossolanamente dimenticato che è difficile sostenere l’aumentata esposizione al pericolo di morte quando la longevità delle donne negli ultimi anni è aumentata e si attesta oggi attorno agli 86 anni. Infine è singolare un’accusa al riscaldamento quale origine di decessi quando studi provano che quelli degli anziani causati dal freddo sono 10 o più volte numerosi. Su questi aspetti fondamentali trovo l’agire del Tribunale piuttosto distratto.

Ma la distrazione è facile da comprendere quando si esamina il curriculum dei giudici molti dei quali nel passato hanno militato e lavorato per associazioni impegnate a cambiare il mondo, anche per quanto concerne la problematica del clima, spesso con atteggiamenti estremi e battaglieri. Nulla di male, era loro buon diritto, un’ottima premessa per sedere sul banco dell’accusa ma non su quello di chi giudica. Il giudice svizzero della Corte europea dei diritti dell’uomo, membro del Partito socialista, non fa mistero del suo zelo a favore della causa climatica e nelle sue funzioni senza eccezioni condanna sempre la Svizzera. Rispettiamo le sue convinzioni ma è ovviamente un giudice di parte. Come mai ci troviamo con un simile tribunale chiaramente partigiano di certe cause? In virtù dell’abile attivismo di ONG e associazioni che piazzano giudici che condividono le loro sensibilità, facilitati dalla disattenzione dei politici (i parlamentari del Consiglio d’Europa) che li nominano.

Concludendo, una sentenza discutibile per una causa nella quale Greenpeace si fa rappresentare da signore svizzere, un tribunale in parte costituito da giudici di parte (clima) che disattende fatti statistici inconfutabili. La difesa della Svizzera è stata affidata a un funzionario dell’Ufficio federale di giustizia che però da tempo si era candidato a membro della stessa Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), vale a dire il tribunale giudicante, e poi effettivamente eletto nella settimana successiva alla sentenza quale rappresentante del Liechtenstein. Il fatto di non volersi urtare con i futuri colleghi può aver influito?

Ma la constatazione più amara è un’altra. In Svizzera, democrazia semi-diretta, le decisioni politiche le prende il popolo – vedi rifiuto in votazione della legge CO2 – o i giudici di Strasburgo, prevenuti su alcuni temi? La mania di voler essere sempre presenti in gremi internazionali ha un prezzo. Lo paga la nostra democrazia.