Opinione

Perché attaccare il Consiglio d’Europa è pericoloso

L'opinione di Cristiano Poli Cappelli, presidente Movimento Europeo Svizzera sez. Ticino
©SADAK SOUICI
Red. Online
11.06.2025 11:32

Qualche giorno fa Matteo Salvini ha definito il Consiglio d’Europa «un altro ente inutile che costa ai cittadini per produrre in cambio cazzate». Parole indicative di un sottopensiero che rifiuta il confronto con la complessità delle analisi che la democrazia impone.

Da oltre settant’anni il CdE difende diritti fondamentali che troppe persone danno per scontati: diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza, alla libertà d’espressione, di religione, di voto, all’equo processo. È anche grazie alla CEDU, se questi diritti sono diventati vincolanti per 46 Paesi, Italia e Svizzera comprese: vincoli che traballano soprattutto alla luce del crollo verticale del linguaggio politico e democratico. Il CdE ha sempre avuto un ruolo fondamentale ed è facilmente comprensibile che certe sue prese di posizione possano dar fastidio a chi ha tutto l’interesse a demolire la democrazia alla base.

È proprio grazie alla giurisprudenza di Strasburgo se, ad esempio, in Svizzera è stato introdotto un codice di procedura penale unico, superando le ventisei normative cantonali che, peraltro, violavano princìpi essenziali come la presunzione di innocenza. Più volte il nostro Dick Marty, figura insostituibile del CdE, è stato protagonista di indagini decisive: dalle prigioni segrete della CIA al traffico di organi in Kosovo.

Nel 1989 il CdE ha creato il Comitato Europeo per la prevenzione della tortura; nel 2011 ha promosso la Convenzione di Istanbul, strumento internazionale per contrastare la violenza contro le donne; negli ultimi mesi è alle prese con l’Intelligenza artificiale e con la sua regolamentazione.

Chi attacca la CEDU o il CdE, spesso lo fa perché detesta i vincoli che queste istituzioni impongono al potere arbitrario. Non è solo ignoranza: è vera e propria strategia politica. La regola è distruggere l’autorevolezza di qualsiasi voce che osi difendere lo stato di diritto. Sminuire il ruolo di Strasburgo significa indebolire la tutela dei cittadini, erodere diritti conquistati con fatica.  Chi, anche i Svizzera, teme i giudici «stranieri» dimentica che sono proprio questi, alle volte, gli ultimi a difendere la nostra libertà. Se, nel novembre 2018, fosse passata l’iniziativa popolare contro i cosiddetti giudici stranieri, gli svizzeri si sarebbero ritrovati senza uno strumento fondamentale di tutela, in compagnia della Bielorussia.

In tempi in cui il rispetto delle regole vacilla ed il populismo semplifica tutto, il Consiglio d’Europa non è un costo, ma un argine. Le strutture sovranazionali come il CdE, l’ONU, l’Unione Europea, sono l’unico scudo che può proteggerci dalla regressione giuridica e morale. Bisogna guardare con fiducia al di fuori dei nostri confini e comprendere che gli Stati non possono fare a meno di ripensare a se stessi come parte di qualcosa di più grande.

Questo e molti altri temi saranno trattati nella serata «Quale Europa?» del 25 giugno presso l’Auditorium dell’USI, organizzata dal Movimento Europeo Svizzera, e che vedrà l’intervento dell’ambasciatore Ue a Berna Petros Mavromichalis, preceduto da una video intervista esclusiva a Romano Prodi.