La domenica del Corriere

Prospettive contrastanti, e le polemiche non sono finite

Acceso dibattito a Teleticino sull'accordo raggiunto con gli USA - Regazzi: «Qualche preoccupazione c'è» - Gysin: «Regali indecenti»
©Chiara Zocchetti
Red. Ticino&Svizzera
08.12.2025 20:00

In Svizzera, la parola dell’anno è «dazi». Un termine che abbiamo imparato a conoscere dopo che Trump ha fissato una lista di barriere commerciali nei confronti dei Paesi di tutto il mondo. Svizzera compresa. La Confederazione, dopo un’inaspettata tariffa al 39%, ha ottenuto un corposo sconto (non privo di polemiche) arrivando alla prospettata soglia del 15%. Il tema è stato sviluppato a «La domenica del Corriere»: ospiti del vicedirettore del Corriere del Ticino Gianni Righinetti, Fabio Regazzi (consigliere agli Stati del Centro), Greta Gysin (consigliera nazionale dei  Verdi), Simone Gianini (consigliere nazionale PLR) e Diego Baratti (vicepresidente UDC Ticino). «Mi ricordo bene quel 1. agosto», sottolinea Regazzi a proposito della (per certi versi incredibile) comunicazione di Washington. «È stato un colpo molto duro. Un circo che è proseguito per mesi e ancora oggi non è ancora finita. Ma speriamo di esserci messi alle spalle quel brutto momento». Poche ore prima dell’annuncio, era stata una telefonata di Karin Keller-Sutter a far discutere. E sulla presidente della Confederazione erano piovute aspre critiche. Si poteva fare meglio, chiede Righinetti? «Cosa sia effettivamente successo non si sa, e la situazione era già paradossale di suo», osserva Gianini. «La presidente ha alzato il telefono, ha chiamato Trump» e poi è andata come sappiamo. Il presidente «ha fatto il suo show». Quella chiamata avrebbe potuto farla chiunque, «ma non sarebbe cambiato nulla». Ora, aggiunge, lo scenario è cambiato, «ma a che prezzo?» «Concordo con Gianini», risponde Gysin. «La politica di Trump dipende dal suo umore che non da fatti veramente concreti». Per Baratti, bisogna salutare positivamente i dazi al 15%. «Alcuni imprenditori sono andati da Trump e gli hanno detto quello che voleva sentirsi dire», contribuendo alla rinegoziazione dei dazi con la Svizzera.  Il viaggio degli imprenditori – con regali annessi – è al centro di una denuncia proprio di Gysin nei confronti del Consiglio federale. Una mossa che ha fatto discutere. «Questo approccio diverso ha portato a risultati tangibili», chiosa Baratti. «Per una volta c’è stato un lavoro di squadra tra economia e politica». «L’ho già detto, se guardo questa operazione con distacco la trovo discutibile», aggiunge Regazzi. «Ma se il risultato, con tutte le riserve del caso, sono i dazi allineati a quelli dell’UE, allora mi turo il naso e dico che è stato un male necessario». Portare dei doni, ricorda, non è una novità nei rapporti fra Paesi. «Ci sono diversi aspetti problematici in questa storia», ricorda invece Gysin. «Per questo abbiamo fatto una segnalazione al Ministero pubblico della Confederazione» per chiarire questioni giuridiche ed etiche. «I regali sono indecenti. Vogliamo davvero una Svizzera che si piega ai potenti?». «Capisco le nobili intenzioni», ribatte Gianini. «Purtroppo, però, il mondo sta andando in una certa direzione». Ma, al di là della forma, il liberale radicale invita alla prudenza. «Prima voglio capire cosa si è andati a negoziare e vedere il risultato. E non diamoci la zappa sui piedi».

Insomma, la segnalazione pubblica non andava fatta. Ad ogni modo, comunque, sul piatto rimangono i 200 miliardi di investimenti promessi da aziende svizzere agli USA. Investimenti che non saranno quindi fatti nella Confederazione. «Una somma prevista già prima, come ha spiegato Parmelin», osserva Baratti. «Questa somma può avere un impatto sulla Svizzera e qualche preoccupazione c’è», conferma invece Regazzi. Il pollo al cloro e i cyber truck, invece, sono una questione secondaria.  Ad ogni modo, ricorda, mancano ancora troppi elementi dell’accordo per potersi esprimere compiutamente. «Se questi aspetti dovessero essere nel contratto», rileva invece Gysin, «mi preoccuperei. Di fatto si va a rinunciare a standard sanitari e ambientali per dazi al 15%». «Personalmente sono sicuro che questi prodotti non invaderanno il nostro Paese», chiosa Baratti.

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