Politica

Giovani atlantisti crescono

Tra Usa e Europa un summit per rilanciare il dialogo «addormentato» – Ha partecipato anche un ticinese
Michele Roncoroni durante il summit a Washington
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
15.06.2025 12:14

Le relazioni tra Stati Uniti e Unione europea (UE) non sono senz’altro ottime. Tra dazi e contro dazi, respingimenti degli studenti stranieri dagli atenei USA, appoggi più o meno condizionati all’Ucraina e posizioni distanti sul conflitto in Israele e la relativa distribuzione di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, è come se la luna di miele tra l’Europa e il suo maggior alleato, che contribuì a liberare il Continente dal nazifascismo, abbia perso mordente. Di più. Sia ai minimi storici. Ecco allora che l’emergere di diplomazie più o meno esposte, di momenti di scambi di opinioni e confronti tra rappresentanti politici delle due sponde dell’Atlantico possono contribuire a cercare di dipanare la matassa e favorire, se non un dialogo maggiore, almeno una reciproca comprensione. È quello che hanno tentato di fare a inizio giugno per quattro giorni a Washington DC i giovani partecipanti del Transatlantic Youth Summit; vertice organizzato ogni due anni dai Giovani del Partito popolare europeo che vede la partecipazione di giovani opinion leader europei e statunitensi, appunto.

«Non si torna più indietro»

Michele Roncoroni, 32enne presidente del Distretto luganese del Centro e segretario internazionale dei Giovani del Centro era a quel summit. «Sono stato selezionato tra molti candidati e ho fatto parte della trentina di partecipanti - spiega - e a colpirmi è stato in particolare il sentimento anti europeo che oggi non è diffuso solo tra i rappresentanti del partito repubblicano, ma anche nel partito democratico. A emergere, al di là della retorica populista e piena di bugie del presidente, Donald Trump, è insomma stato un sentimento bipartisan. Negli USA è insomma opinione comune che l’Europa si sia approffitata per anni della protezione degli Stati Uniti».

Il giovane politico è convinto. «Da questo sentimento non si torna più indietro perché ormai è intrinseco nella società americana. Certo, la parte democratica è un po’ più aperta alla critiche, le sfaccettature sono molte. Non è facile capire chi vede l’Europa come un diavolo al 100%».

Un dialogo costante

Nonostante ciò «quello che è emerso con chiarezza - continua Roncoroni - è la necessità di ripensare il nostro rapporto reciproco, con un dialogo costante e su fondamenta solide. Durante le nostre conversazioni, tre verità sono diventate impossibili da ignorare: la sicurezza è cambiata in modo radicale. Dall’Ucraina allo spazio cibernetico, dalla disinformazione all’infrastruttura digitale, la difesa oggi non si limita all’esercito. Significa connessione, cooperazione, sistemi cloud, intelligenza artificiale e interoperabilità sicura. E se la guerra è cambiata, anche la pace deve cambiare». Da qui la certezza, secondo il giovane politico, della necessità di un nuovo patto tra tecnologia e politica. «Abbiamo bisogno di fiducia tra alleati, non solo a parole, ma anche nei fatti. Perché senza fiducia non c’è deterrente. E senza deterrente c’è solo un senso generale di insicurezza e caos».

«Non dobbiamo mollare»

Roncoroni ha pronunciato queste parole nel suo discorso di chiusura del summit. «Non credo, in quanto svizzero, di essere stato scelto a caso per questo ruolo», sottolinea tra il serio e il faceto, prima di continuare. «Sfide come la libertà digitale, che deve essere accompagnata da regole, da un’educazione civica e da garanzie, o la transizione energetica, che non si realizzerà da sola, ma ha bisogno di coordinamento e di una leadership transatlantica, sono collegate da un unico filo conduttore: il futuro dell’alleanza transatlantica non è garantito, ma deve essere scelto, costruito e difeso da noi». Parole in qualche modo forti. Di sicuro di conclusione per un vertice a cui, oltre ai giovani popolari europei (anche in vista come la vice capogruppo del Partito popolare europeo, Lídia Pereira), hanno partecipato giovani politici repubblicani, democratici e indipendenti, nonché, in qualità di ospiti e relatori imprenditori, giornalisti ed ex ambasciatori.

Ancora Roncoroni. «L’ordine postbellico non è più sufficiente. Dobbiamo immaginare qualcosa di nuovo: più giusto, più resiliente, più inclusivo. Il mondo che ci attende ha bisogno di alleanze che siano al contempo flessibili e forti, capaci di adattarsi e di resistere». Tutto questo con una certezza. «Dobbiamo riuscire a trasformare la frustrazione in carburante. La burocrazia è lenta? La disinformazione è ovunque? I termini per il cambiamento climatico sono brutali? Questi non sono motivi per mollare, né per tirarsi indietro. Anzi, sono un motivo per rialzarsi e rimanere al tavolo».

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