Hopp hopp, schnell

Al bambino non fa bene iniziare l’asilo nido troppo presto e in maniera troppo intensiva, sosteneva domenica scorsa su queste colonne Guy Bodenmann, professore di psicologia clinica all’Università di Zurigo. L’ideale, precisava, sarebbe di attendere almeno il compimento dei sette mesi. Peccato però che la legislazione elvetica preveda un congedo maternità di sole 14 settimane, appena più di tre mesi, dopodiché le neomamme sono tenute a tornare al lavoro, se non vogliono rimetterci finanziariamente e magari anche il posto di lavoro tout court.
«Riprendere il lavoro tre mesi e mezzo dopo la nascita di un figlio è troppo presto per il bambino ed è troppo presto anche per le mamme - sostiene Greta Gysin, consigliera nazionale dei Verdi -. Un periodo così breve consente a malapena di riprendersi dal parto. Non è sufficiente né per il bambino né per i genitori. Difatti oggi chi può permetterselo prende dei congedi non pagati e resta a casa più a lungo. Io con il mio primo figlio sono stata a casa 9 mesi, rinunciando al mio stipendio. Ho potuto farlo ma so benissimo che non tutte le donne possono permetterselo. Magari perché hanno salari troppo bassi, perché in famiglia dipendono da due stipendi o perché non hanno un datore di lavoro disposto ad andare loro incontro».
Le statistiche indicano che oggi in Svizzera le madri tornano al lavoro in media 6 mesi dopo il parto. Ma la maggior parte riduce la percentuale lavorativa. Solo il 16% delle madri riprende un attività a tempo pieno nell’anno che segue la nascita del proprio figlio.
«Nel sistema attuale è la madre che si accolla la maggior parte dell’impegno nella cura dei figli - rimarca Gysin -. Questo rende più difficile il suo reinserimento nel mondo del lavoro e si ripercuote a livello di disponibilità di manodopera. Servirebbero soluzioni. Invece c’è una maggioranza di destra che vuole andare a togliere alle mamme persino quel poco che hanno».
Sedici settimane da spartirsi?
Gysin si riferisce alla recente decisione della Commissione della sicurezza sociale e della sanità del Consiglio nazionale di introdurre un congedo parentale di 16 settimane. Una novità che di facciata può sembrare interessante ma che nei fatti consiste semplicemente nel mettere insieme l’attuale congedo maternità di 14 settimane e quello paternità di 2 settimane, consentendo una maggiore flessibilità tra i partner. In altre parole, il congedo pagato della madre potrebbe diventare ancora più corto di quello attuale.
«No, 18 settimane a testa»
Esattamente il contrario di ciò che chiedono i promotori dell’iniziativa per un congedo familiare, tra i quali figurano i Verdi ma anche il sindacato OCST. «Noi chiediamo che sia la madre sia il padre possano beneficiare di 18 settimane di congedo parentale, di cui solo una parte in contemporanea - afferma Xavier Daniel, segretario cantonale del sindacato cristiano-sociale -. I genitori potrebbero alternarsi nella custodia del bambino, rimandando così l’entrata al nido. Poi è chiaro che il ruolo biologico della madre è diverso da quello del padre. Ma l’idea di base è quella di mettere i due genitori su un piede di uguaglianza».
Un aspetto fondamentale, la parità di condizioni tra uomo e donna, se si vogliono combattere le discriminazioni che le madri e potenziali madri subiscono nel mondo del lavoro. «Oggi vediamo purtroppo troppo spesso come, a parità di qualifiche, i datori di lavoro preferiscano assumere un uomo piuttosto che una donna, per il timore che quest’ultima possa restare incinta - afferma il segretario dell’OCST -. Un congedo di pari durata per uomini e donne permettere di annullare questa discriminazione indiretta».
L’iniziativa è stata lanciata a inizio aprile e la raccolta firme procede «alla grande», sostiene Xavier Daniel, a dimostrazione di come il tema del congedo parentale sia sentito dalla popolazione. «L’iniziativa riuscirà sicuramente ma il difficile verrà dopo - afferma - In Svizzera siamo stati capaci di bocciarci una settimana in più di vacanze, per il timore che il nostro Paese potesse perdere in competitività. Dovremo riuscire a spiegare che l’iniziativa chiede solo un piccolo timido passo avanti. Anche se fosse accolta, la Svizzera resterebbe tra i Paesi meno generosi con i neogenitori».