Orologi

Il patron di Swatch si racconta: «Per il MoonSwatch abbiamo preso spunto dal mondo della moda»

Abbiamo incontrato Nick Hayek Jr, CEO dello storico gruppo orologiero svizzero: «Non ho paura degli smartwatch, anzi: insegnano ai ragazzi ad avere qualcosa al polso»
©Gabriele Putzu
Mattia Sacchi
04.02.2024 06:00

Dalle finestre si scorge l’impressionante struttura in legno (rigorosamente svizzero, ndr), una delle più grandi al mondo, della nuova sede di Bienne realizzata dall’archistar giapponese Shigeru Ban, oltre a un’originale boutique dalla quale comprare gli orologi ordinandoli direttamente dall’auto, come se fossimo nel drive di una nota catena di fast food. Ma la cosa che spicca maggiormente dall’ufficio di Nick Hayek jr, patron di Swatch, è un enorme quadro proprio dietro la scrivania, con una pecora nera circondata da centinaia di pecore bianche. «Quella sono io – racconta sorridendo il CEO di uno dei più importanti gruppi orologieri al mondo -, se però indovinate quante sono le altre pecore vi regalo uno dei miei orologi. Ma che non sia un MoonSwatch». Nel caso abbiate la stessa opportunità, sappiate che sono 540: lo scrivente non ci è andato nemmeno vicino, sarà però lieto di condividere i proventi della vostra vincita.

 ©Gabriele Putzu
©Gabriele Putzu

Un’ironia che è solo una delle tante sfumature di Hayek il quale, dietro il suo istrionismo che lo porta ad indossare costantemente due orologi, nasconde una grande attenzione a ogni dettaglio. Tanto da notare subito l’orologio che ho al polso, uno Swatch (ovviamente) celebrativo delle Olimpiadi di Atlanta ’96, regalatomi dai miei genitori. «Lo avevamo presentato a Selinunte, in Sicilia, in una cerimonia bellissima. Una collezione molto significativa, perché è da lì che Swatch ha cominciato il sodalizio con i Giochi Olimpici, non solo di forma ma anche nei fatti, cronometrando i tempi ufficiali delle gare. I tuoi hanno decisamente buon gusto, conservalo bene». Ovviamente sarà fatto: anche perché gli orologi più che segnare l’ora, specie nell’epoca degli smartwatch, servono a legarci a emozioni e ricordi.

Ma, quando sei il figlio di chi ha fondato l’universo di Swatch, come fai a legare emozioni e ricordi a un solo orologio? «Mio padre mi ha fatto capire quanto questi orologi abbiano la magia di regalare positività, toccando prima il cuore e poi la testa. Per questo sono legato un po’ a tutti loro, soprattutto da quando sono entrato nell’azienda come direttore marketing. Ho però un particolare ricordo di quello realizzato con Nam June Paik: ero nel suo appartamento di New York il giorno del lancio in videoconferenza, una delle prime fatte sfruttando le potenzialità di Internet. Ed è stato l’inizio di una lunga collaborazione con grandi artisti da tutto il mondo». Da grande amante dell’arte, Hayek non si è mai sottratto alla provocazione che, appunto, l’arte sa creare attraverso i suoi messaggi: «Gli Swatch sono stati chiamati le tele da polso, con le quali far uscire gli artisti dai musei per raggiungere un vastissimo pubblico: uomini e donne, adulti e giovani, ricchi e poveri. Tutti possono avere accesso a una delle nostre creazioni. E vogliamo che trasmettano loro gioia di vivere e una provocazione positiva. Come con i Bunny Sutra, che rappresentavano diverse posizioni con i quali dei conigli facevano l’amore. Negli USA si sono scandalizzati, molte famiglie mi hanno inviato lettere di protesta. Ma io mi chiedo cosa ci sia di male nel far vedere, in modo non volgare, una cosa che è assolutamente normale. Questo non sarebbe successo se avessimo rappresentato gente con un fucile che prende la mira: la trovo una cosa assurda. Mi piace far riflettere su queste cose, esattamente come io voglio avere momenti di riflessione mentre guardo un film al cinema». A proposito di cinema, Swatch lo scorso anno è diventato main partner del Locarno Film Festival. D’altronde Nick Hayek Jr ha studiato alla Film Academy di Parigi ed è stato anche un apprezzato regista, dirigendo addirittura il grande Peter Fonda in Family Express: «Sono legato al Pardo, anche perché quasi 40 anni fa ho pure partecipato con la pellicola Il Paese di Guglielmo Tell. E poi con Marco Solari ho un rapporto molto buono, tanto che quando è venuto da me per parlarmi dell’opportunità di rafforzare la nostra collaborazione ci siamo subito messi d’accordo, ancora prima di discutere i dettagli del contratto. La filosofia di Swatch è simile a quella del Festival, che propone una cultura popolare ma di grande qualità: per questo ci siamo sentiti liberi di portare il nostro approccio a 360°, proponendo al BaseCamp dell’Istituto Sant’Eugenio gli artisti dello Swatch Art Peace Hotel di Shanghai, in Cina, dove diamo residenze a talenti di tutto il mondo per permetterli di esprimere al meglio la loro creatività».

Il 2023 è stato un anno significativo non solo per la collaborazione con il Locarno Film Festival, ma anche per quelle con Omega e Blancpain, in modelli che hanno scatenato gli appassionati di orologeria in tutto il mondo. «Sapevamo che, con le versioni colorate e gioiose di modelli che hanno fatto la storia, avremmo avuto successo e lo abbiamo constatato quando abbiamo mostrato ai nostri dipendenti la valigetta con i MoonSwatch che avremmo venduto dopo pochi giorni. Ma anche noi siamo rimasti sorpresi dalla reazione della gente al giorno del lancio: ci aspettavamo in ogni boutique qualche centinaio di persone, in fondo non parlavamo di edizioni limitate. Invece la sera dei collaboratori mi chiamano e mi dicono che in Australia ci sono oltre 5'000 persone in coda. È stato in quel momento che ho dato subito ordine di vendere non due ma solo un orologio alla volta, per fare in modo di riuscire ad accontentare più persone possibile». Cosa che però non è successa, tanto che sul web ancora oggi si trovano modelli a prezzi gonfiati. «Sinceramente non mi fa piacere. Abbiamo cercato di far capire che non vale la pena pagare di più per modelli che non sono in serie limitata: basta aspettare per riuscire a trovare il modello desiderato. Eppure ancora oggi c’è gente in coda ogni giorno nei nostri negozi, addirittura Alicia Keys è stata vista negli scorsi giorni assieme al marito per cercarne uno. E ne rivedremo ancora, stanno per uscire tante altre novità…».

©  Gabriele Putzu
© Gabriele Putzu

Il quasi 70enne è però il CEO dell’intero gruppo Swatch, che raggruppa ben 17 brand di orologeria, tra cui appunto Omega e Blancpain. I modelli in bioceramica non rischiano di squalificare quei brand di lusso? «Abbiamo aumentato le vendite dell'autentico Omega Moonwatch del 30%, quindi direi di no, anzi – replica convinto Hayek -. È un fatto che l’orologeria di lusso non possa aumentare la sua produzione, allo stesso tempo ha tuttavia necessità di continuare a far sognare gli appassionati. E così abbiamo preso spunto dalla moda: ci sono borse di alcuni brand che sono inavvicinabili per la maggior parte delle persone. Le quali però possono sentirsi parte di quell’universo comprando magari degli occhiali o un profumo. Proporre una versione più accessibile di un orologio da decine di migliaia di franchi ha permesso quindi di alimentare il fascino di questi modelli iconici, facendo conoscere al grande pubblico la loro storia. Pensate che neanche io conoscevo le origini del Fifty Fathoms di Blancpain. Trovo che questa sia un’opportunità per tutta l’industria svizzera di esaltare la propria eccellenza nell’innovazione, non escludo che altri grandi brand possano fare qualcosa di simile in futuro. Alcuni hanno bussato alla nostra porta, vediamo se ci saranno le condizioni».

Basterà però la conoscenza della storia dell’heritage dell’orologeria svizzera per contrastare l’avvento degli smartwatch? «Non bisogna avere paura del futuro, ma accoglierlo e guardare le opportunità. Sono più preoccupato da chi non indossa nulla, mentre chi usa gli smartwatch si abitua a mettere qualcosa al polso. Poi, quando si stuferanno di controllare battito del cuore e messaggi, o semplicemente di fare aggiornamenti e ricariche della batteria, cominceranno a mettere i nostri orologi. Non è un caso che tra i nostri più affezionati clienti ci sia chi lavora alla Silicon Valley, che cercano soprattutto i Blancpain X Swatch proprio perché in cerca di qualcosa di meccanico e durevole nel tempo. Non è il volume delle vendite a determinare il nostro successo e in fondo non è mai stato il nostro obiettivo finale: quello che vogliamo è tenere alta la qualità, esportando nel mondo l’eccellenza svizzera, e soprattutto regalare belle emozioni».

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