Cibo&Vino

Il tesoro nascosto dei vini dolci

Ricercati e di qualità, sono prodotti anche in Ticino, ma non vendono – Un gran peccato, secondo gli intenditori
©Gabriele Putzu
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
12.05.2024 06:00

Meriterebbero di più. Meriterebbero di essere assaggiati e apprezzati. Anche perché la produzione, anche locale, non manca. Ma per il momento «i vini dolci non hanno un grande mercato», rivela Cristina Monico, enologa della cantina Moncucchetto di Lugano. Che un vino dolce lo produce con la varietà Solaris, il Lacrima d’Oro. «Il vino dolce piace, ma la gente non lo compera - riprende - forse perché, dopo aver pasteggiato con bianchi e rossi, non c’è l’abitudine di aprire una bottiglia da abbinare al dessert». Ecco perché, secondo Monico, le vendite sono in calo un po’ ovunque in Svizzera. Certo, non per tutti i vini dolci è così. Il Moscato d’Asti, che è piemontese, va alla grande. Anche perché «è poco alcolico, meno dolce e spesso è anche frizzante. È più facile da bere, insomma», annota l’enologa.

Un gran peccato, però. «Perché se si vuole fare un vero abbinamento con il cibo, è necessario che i vini dolci si accompagnino al dessert e ad alcuni formaggi», osserva Robin Kick, Master of Wine che vive a Vico Morcote. «Credo che le persone - continua l’esperta - li considerino pesanti e ricchi, ma non è necessario che lo siano. Esistono molte varietà, livelli di dolcezza, qualità e metodi di produzione diversi».

Vincenzo Meroni, che ha una cantina a Biasca, è uno di quei produttori. Il suo Haróu arriva in bottiglia dall’uva americana. Quasi una rarità in Ticino. E i risultati gli stanno dando ragione. «Certo, non ne produco moltissimo. Non bisogna esagerare. Comunque dipende dagli anni, di solito tra le 500 e le 600 bottiglie», precisa orgoglioso. «È dal 2005 che lo faccio e sì, direi proprio che funziona».

La qualità a fine pasto non è insomma un azzardo. Al contrario. «L'aspetto importante del vino dolce - riprende Kick- è che deve essere equilibrato. Inoltre, in un mondo ideale, un vino dolce ha anche profondità». Alla base devono comunque esserci caratteristiche ben precise. «Le uve devono essere di alta qualità e provenire da vigne ben curate e vecchie che devono essere rispettate durante la vinificazione», chiarisce la Master of Wine. Che va ancora di più nel dettaglio. «Quando si invecchia un vino per lungo tempo in botte, come un fantastico Vin Santo toscano, o lo si lascia invecchiare in bottiglia, come un Sauternes, si avrà un'esperienza molto più profonda con il vino, rispetto a quando il vino è giovane e ancora come un fiore prima di sbocciare».

In cima alle classifiche mondiali

Tutto questo quando, forse non tutti lo sanno, la Svizzera primeggia a livello mondiale. «Il vino dolce più famoso della Svizzera è uno dei migliori al mondo - spiega Kick - Mi riferisco alla Sélection des Grains Nobles di Marie-Thérèse Chappaz in Vallese. Un’etichetta che riceve punteggi enormi nelle riviste internazionali di vino come Robert Parker che proprio l’anno scorso ha dato a uno dei vini di Chappaz.un punteggio perfetto di 100 punti. Tutto ciò dovrebbe far riflettere coloro che sostengono di non amare il vino dolce o che il vino dolce non è buono o interessante».

Le possibilità sono insomma tante. Tanto più che l’offerta anche in Ticino non manca. Angelo Delea propone ad esempio l’Amarcord, risultato di una meticolosa cura nella selezione delle uve, comprendenti i vitigni Souvignier gris e Solaris. Certo, anche qui la domanda non è stata nelle attese. «Sto comunque riflettendo di riproporlo con la prossima vendemmia», fa sapere lo stesso Delea. Che dunque non molla. Anche se entrare nel mercato non è facile. E l’offerta funziona spesso «in occasioni di manifestazioni speciali quando il vino dolce viene fatto scoprire e assaggiare».

L’unico Moscato

Tra chi continua e non si arrende, anzi va avanti spedito c’è Giorgio Rossi della cantina Mondò di Sementina. Che propone, unico in Ticino, Il Giardino di Gaia, un moscato bianco frizzante. «La nostra è una piccola produzione - fa sapere - ma la domanda c’è e va bene. Anche perché siamo di fronte a un vino meno alcolico, fresco e vivace capace di incontrare molti palati». Vero è che i clienti pensano ai vini dolci soprattutto per le festività. Non a caso le vendite maggiori si fanno a Pasqua e Natale. Un gran peccato. Perché le occasioni per stappare una bottiglia davanti a un dessert in realtà sono più frequenti di quanto si possa immaginare.

Anche perché le possibilità di degustazione sono più varie di quanto si possa pensare. «Un altro elemento interessante - interviene Kick - è che il vino più dolce spesso ha un sapore più secco con l’invecchiamento. Lo zucchero residuo rimane lo stesso (se si fa un'analisi chimica del vino), ma può essere percepito più secco dal palato. Ho bevuto un vecchio Auslese tedesco della Mosella con un arrosto di maiale. Era una bellissima combinazione! L'età ha calmato il vino e ha fatto emergere molti sapori terziari e umami, come il tartufo e i funghi. Anche la fresca acidità ha continuato a dare freschezza».

Insomma, perché non provare e dare una possibilità in più a un vino che meriterebbe molto di più?

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