Cultura

«Io in Ticino con il mio maestro Erich Fromm»

A tu per tu con Rainer Funk, ricercatore, psicoanalista ed erede del patrimonio culturale e scientifico del collega Fromm
Rainer Funk ha partecipato a un dibattito organizzato ad Ascona dal «think tank» culturale Agorà Ascona, coordinato da Peter Jankovsky.
Mauro Spignesi
24.09.2023 16:55

Rainer Funk a febbraio ha compiuto 80 anni. E continua, instancabile, la sua attività di ricercatore. Psicoanalista (vive a Tübingen) è l’erede del patrimonio culturale e scientifico (è amministratore anche dei diritti d’autore) del grande psicoanalista e sociologo Erich Fromm. Insieme a Thomas Kühn dirige il Centro Studi Erich Fromm presso l’Università Psicoanalitica Internazionale di Berlino. Ieri, sabato, ha partecipato a un dibattito organizzato ad Ascona dal «think tank» culturale Agorà Ascona, coordinato da Peter Jankovsky.

Dottor Funk, lei è di casa in Ticino. Come il suo maestro Erich Fromm, cittadino di Muralto. Ci racconta come è nato questo legame?
«Quando Erich Fromm decise, nell’autunno del 1973, non solo di trascorrere i mesi estivi ma anche di trasferirsi definitivamente dal Messico a Locarno, era alla ricerca di un assistente scientifico. Ho avuto il primo contatto personale con lui nel 1972, quando stavo scrivendo la mia tesi di dottorato sull’etica di Fromm. Così sono diventato suo dipendente dal 1974 fino alla sua morte, nel 1980. Lavorando con lui ho avuto modo di conoscere personalmente non solo un grande scienziato e umanista, ma anche la meravigliosa natura del Ticino. Ancora oggi ricordo che il 4 gennaio 1975 fuori dalla mia finestra di Via Mondacce spuntarono i primi fiori di camelia».

Ieri, sabato, ha parlato di come coniugare leadership ed etica nel mondo di oggi. Come è possibile?
«Se per etica si intende l’agire in conformità a determinati valori, allora si può osservare che alcuni valori vengono vissuti sempre meno, mentre altri vengono elevati a valori guida dell’agire etico. In quanto umanista, Fromm ha anche sottolineato che il benessere fisico, mentale e sociale delle persone, fosse il più alto valore guida negli affari e in chi ha un ruolo di leader. Tuttavia, affari e leadership sono ancora principalmente una questione di successo e affermazione sul mercato».

Oggi i valori hanno ancora un senso?
«Valori come la sostenibilità, la partecipazione, il significato del lavoro e la sicurezza sociale vengono riconosciuti e ritenuti importanti. Dunque, per usare le parole di Fromm, la promozione della «produttività mentale» tra i leader e coloro che sono «guidati» ha anche un effetto positivo sulla produttività economica. È quindi importante riconoscere e utilizzare gli spazi creativi nell’umanizzazione negli affari e nella leadership. Non è sufficiente però abbracciare i valori riconosciuti; devono essere praticati».

Ancora oggi i libri di Erich Fromm, soprattutto quelli più popolari e conosciuti come «Avere o essere?», «Fuga dalla libertà» o «L’arte di amare», affascinano i giovani. Vuol dire che il messaggio di Fromm è ancora attuale?
«I libri citati si caratterizzano per il fatto che non sono frutto di un’elaborazione intellettuale, bensì il risultato di esperienze sentite. Ho seguito tutte le fasi della scrittura di «Avere o essere?». Fromm aveva capito che i pensieri racchiusi nei libri dovevano necessariamente essere legati alle sue esperienze, e quindi essere «coerenti», solo così potevano durare. Fromm scrisse alcune sezioni tre o quattro volte, per rendere i concetti più autentici. Questo viene avvertito dai lettori, anche giovani, e ciò spiega l’attualità dei suoi scritti».

Nei suoi lavori lei ha sempre posto le persone al centro dei suoi studi. Ma come possono gli individui, oggi, nell’era della digitalizzazione, dei cellulari e dei social media e delle «fake news» che circolano su Internet, trovare una propria strada verso la felicità e il proprio equilibrio?
«Erich Fromm giustificava il suo umanesimo con il fatto che l’umanità e il benessere (bene essere?) possono essere realizzati solo se le persone esercitano le proprie capacità mentali e - quando possibile - pensano con la propria testa, giudicano con la propria testa, sentono i propri sentimenti e la propria vita, coltivano proprie idee, fantasie e interessi. Solo così si potranno sviluppare libertà, autenticità, autonomia e creatività ottimali. I miei scritti affrontano le intuizioni di Fromm nel contesto della rivoluzione digitale (più recentemente nel libro «L’uomo sconfinato», Firenze, Editore Sensibili alle foglie, 2020). Si tratta, in definitiva, di seguire sì la rivoluzione digitale ma allo stesso tempo creare concretamente spazi propri e sviluppare pratiche che coinvolgano il proprio pensiero, il proprio sentire, la propria creatività. Questo rinunciando consapevolmente tutti gli strumenti digitali di oggi per sentire se stessi tramite la proprie capacità».

Fromm, quando viveva in America, era rimasto molto scosso dalla guerra in Vietnam e desiderava, lo aveva scritto, un movimento pacifista internazionale. Di fronte alla guerra in Ucraina, ha ancora senso parlare di movimento pacifista?
«Serve una premessa. Una cosa è stata la guerra del Vietnam guidata dagli USA e un’altra l’aggressione di Putin. Dal mio punto di vista, ciò che permetterebbe a Fromm di essere ancora attivo per il movimento pacifista oggi sono due aspetti in particolare: ogni situazione di guerra porta entrambe le parti ad un aumento delle proiezioni e anche della propria aggressività, che viene razionalizzata con l’argomento della «difesa». Restano perdite di vite umane e costi di distruzione. Fromm era - e certamente sarebbe oggi - convinto che ci siano alternative all’escalation della violenza militare. Tuttavia, ciò richiede una seria presa di coscienza della propria logica di violenza al servizio della difesa per creare alternative come la negoziazione».

Oltre al suo lavoro di scienziato, lei ha gestito anche uno studio di psicoanalisi a Tubinga. Ha notato un deterioramento della psiche delle persone dopo la pandemia e come si può superare questo shock?
«Poiché il mio lavoro terapeutico riguarda soprattutto gli adulti - e le sedute possono avvenire anche in modalità online in modo improvvisato - non ho avvertito le conseguenze peggiori dell’ondata di Covid, quelle che si sono abbattute sui bambini e sui giovani. Ma è diventato abbondantemente chiaro quanto sia importante per noi esseri umani il tatto, il tattile e il sensuale in generale, il sentimento diretto degli altri, la percezione spaziale, le espressioni facciali, i gesti e lo sguardo diretto da occhio a occhio. Questi rapporti ‘dal vivo’ non li possiamo stabilire a livello digitale. Lo dico ancora più in generale: l’esperienza di un rapporto, che non viene creato tramite uno strumento digitale, è immensamente importante, nell’educazione, nell’ambito della formazione, nelle relazioni di una coppia, e, non da ultimo, nell’ambito della leadership e del management».

In questo articolo: