L'analisi

La nuova guerra sarà lunga e strisciante

L'attacco, ampiamente annunciato, di Israele contro l’Iran apre lo scenario di una crisi che si annuncia lunga
©ABIR SULTAN
Guido Olimpio
15.06.2025 06:00

L'attacco, ampiamente annunciato, di Israele contro l’Iran apre lo scenario di una crisi che si annuncia lunga. Con molti interrogativi in una regione dove non ci sono mai certezze. Bibi Netanyahu ha riaperto il fronte con il nemico più lontano.

lo ha fatto ritenendo che fosse il momento opportuno. Inoltre, ha puntato su alcuni elementi: le fazioni alleate di Teheran sono chiuse nell’angolo; grande capacità del dispositivo militare israeliano e relativa debolezza di quello nemico; penetrazione dell’intelligence in territorio iraniano, con una rete vastissima; sponda da parte di Donald Trump.

L’obiettivo è sempre il solito fermare - o comunque rallentare - il programma nucleare della Repubblica islamica. Ma non è così semplice nonostante l’efficacia dell’IDF, la Forza di difesa israeliana, e dei suoi mezzi sofisticati. I laboratori sono «dispersi» in luoghi diversi, molti protetti da bunker a grandi profondità, la tecnologia è «diffusa», tanti gli scienziati (nonostante l’eliminazione dei migliori). E comunque gli impianti possono essere ricostruiti. Secondo le valutazioni iniziali il network atomico sino ad aora ha subito danni parziali: non poteva essere diversamente, magari gli israeliani proveranno con nuove ondate ad allargare le fessure. Sempre, però, con il timore di una contaminazione nelle zone circostanti.

Da qui la possibilità di una guerra continua e strisciante, secondo un sentiero scelto da Netanyahu dopo il massacro del 7 ottobre compiuto da Hamas. Il messaggio è chiaro e duro: lo Stato ebraico ingaggerà senza limiti e con forza brutale qualsiasi avversario, non vi saranno remore diplomatiche o timori di condanne internazionali. Quanto avviene a Gaza, con migliaia di morti, ne è la prova. La strategia, ad oggi, ha permesso a Tel Aviv di ridimensionare l’Hezbollah e Hamas, due movimenti che avrebbero dovuto assistere Teheran in caso di conflitto. Molto caute le milizie sciite irachene. Più attivi gli Houthi dallo Yemen ma comunque tenuti a bada. La supremazia bellica non è però la soluzione, nessuno può prevedere quale sarà il «dopo».

Gli osservatori ripetono che Netanyahu intende ridisegnare la mappa del Medio Oriente, solo che la Storia insegna quanto sia importante trovare sbocchi concreti, che possano sopravvivere. Spesso le vittorie belliche non sono state accompagnate da successi politici. Tanto più se le scelte dell’esecutivo sono condizionate da considerazioni interne e da equilibri fragili. Netanyahu, oltre a vedersela con la minaccia esterna, deve confrontarsi con le beghe quotidiane della Knesset. È perennemente sotto ricatto ma è anche oggetto di un’inchiesta giudiziaria seria.

Molti i problemi sulla trincea opposta, quella iraniana. La Repubblica islamica ha un mare di guai: tensioni sociali, problemi economici, dissenso, contrasti parlamentari feroci, corruzione e una pressione militare continua. La retorica «rivoluzionaria» dei pasdaran, i toni roboanti, le minacce verbali e qualche operazione segreta hanno mascherato inefficienze evidenti dei propri apparati. La decimazione subita dalla gerarchia dei pasdaran è impressionante perché ha privato il regime delle figure più rappresentative e capaci. Gravi i buchi nel sistema di difesa travolto dalle incursioni israeliane, infiltrato dagli agenti del Mossad.

Teheran ha avuto un’opportunità quando gli Usa hanno deciso di negoziare sul nucleare, passo significativo da parte di un presidente che non ha mai nascosto la sua linea dura verso l’Iran. Donald Trump, mai paziente, si è illuso di poter arrivare ad una svolta in tempi rapidi e forse ha anche fatto il doppio gioco per aiutare Israele ma non c’è dubbio che gli ayatollah avrebbero dovuto rispondere con maggiore elasticità. Se sono vere le ricostruzioni trapelate in questi giorni hanno risposto picche a formule di compromesso perché ritengono che sul dossier atomico non si possano fare sconti. Lo considerano un pilastro della sicurezza nazionale, è la risposta alla Bomba in mano a Israele. E così sono stati risucchiati in uno scontro dove non è chiaro quale sarà la conclusione.