Il caso

La protesta agricola è arrivata in Svizzera, e ora si affaccia sul Ticino

A Bosco Gurin e a Cerentino, ma anche a Nante in Leventina, ieri sono stati avvistati degli stivali da lavoro appesi a cartelli stradali rovesciati
© Norman Gobbi / X
Red. La Domenica
04.02.2024 10:45

«La nostra fine, sarà la vostra fame». Lo spettro che si aggira per l’Europa si chiama malcontento contadino, e ieri è arrivato anche in Svizzera. Stessi slogan della protesta francese - poi belga, tedesca e italiana - e stessi simboli: degli stivali da lavoro appesi a cartelli stradali rovesciati, apparsi nei giorni scorsi in Romandia (una ventina), ieri sono stati avvistati anche in Ticino. A Bosco Gurin, Cerentino e anche a Nante in Leventina, come segnalato (senza commenti) sui social con tanto di foto dal Consigliere di Stato Norman Gobbi.

Una tappa al Mc Donald’s

Altrove la protesta si è fatta ancor più concreta. Una trentina di contadini al volante dei loro mezzi agricoli sono confluiti a Ginevra nella piana di Plainpalais dalla campagne circostanti la città, mentre 30-40 trattori si sono concentrati nel cantone di Basilea Campagna, fermandosi fra l’altro davanti a una filiale McDonald’s a Füllinsdorf.

Obiettivo di entrambe le mobilitazioni: chiedere una giusta retribuzione per il lavoro di chi coltiva la terra e alleva gli animali, sulla scia delle rivendicazioni avanzate, a suon di blocchi stradali, prima in Francia e poi in Belgio nel corso della settimana. Gli agricoltori criticano in particolare i margini della grande distribuzione, un tema al centro di accesi dibattiti in questi giorni in Svizzera.

Settore diviso

«Se non vi vergognate, mostrate i prezzi pagati ai contadini», si leggeva su un cartello brandito davanti a un trattore in sosta a Ginevra. La trasparenza sui margini in tutta la catena alimentare è una delle rivendicazioni di Uniterre, il sindacato agricolo che ha promosso la mobilitazione in Svizzera.

Ma non tutto il settore è dello stesso parare: quantomeno, una parte degli agricoltori elvetici sem bra non condividere le modalità di protesta. La «crepa» con l’altro principale sindacato agricolo nella Confederazione, l’Unione svizzera dei contadini, si è aperta già all’appariredelle prime avvisaglie di dissenso, a inizio settimana. L’associazione ha lanciato una petizione, rivolta alla politica e ai partner commerciali, per chiedere in sintesi tre cose: il riconoscimento degli sforzi del settore per diventare più ecosostenibile, nessun programma di risparmio e prezzi adeguati per i prodotti agricoli.

Da Francoforte a Roma

Un approccio troppo «morbido» secondo alcuni, specie se paragonato a quello prevalso altrove. Dopo una settimana dominata dal furore dei trattori belgi, che giovedì hanno preso d’assedio la capitale Bruxelles e venerdì si sono riversati nel nord del paese, bloccando strade e depositi della grande distribuzione e perfino la frontiera con l’Olanda, ieri le manifestazioni dei contadini svizzeri sono state adombrate dalle gesta più eclatanti dei colleghi tedeschi e italiani.

A Francoforte, in particolare, un migliaio di trattori provenienti da tutta la Germania hanno bloccato gli accessi all’aeroporto internazionale - il terzo più grande dell’Europa - provocando non pochi disagi ai viaggiatori. Nella vicina Penisola l’epicentro della protesta è stata nei giorni scorsi la cittadina di Orte, nel Viterbese, dove ieri la polizia è intervenuta per allontanare gli agricoltori asserragliati con balle di fieno all’ingresso dell’autostrada per Roma. Il casello è stato bloccato per ore da oltre un centinaio di trattori, intenzionati a raggiungere la capitale italiana nei prossimi giorni.

I governi trattano

Nel frattempo sono tornati ai propri campi i contadini francesi, dopo due settimane di agitazioni e circa 100 blocchi stradali - anche gli arresti sono stati oltre un centinaio - e a seguito di una serie di interventi annunciati giovedì in conferenza stampa dal premier Gabriel Attal. Il governo francese ha sospeso alcune delle misure più odiate dai due principali sindacati agricoli d’Oltralpe, come le tasse sui carburanti inquinanti, e una serie di aiuti al settore. Anche l’Unione Europea si è mossa, con la presidente Ursula Von Der Leyen che a promesso «entro fine febbraio» una proposta di riduzione degli oneri burocratici.

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