L'editoriale

La sfida Foletti-Chiesa e il pensiero a Borradori

Se escludiamo il caso Gobbi, di cui inevitabilmente si tornerà a parlare, la campagna elettorale per le elezioni comunali di quest’anno è stata all’insegna di una relativa tranquillità, condita con un pizzico di fatalismo
©Chiara Zocchetti
Paride Pelli
14.04.2024 06:00

Se escludiamo il caso Gobbi, di cui inevitabilmente si tornerà a parlare, se non altro su queste colonne per puro dovere di informazione, la campagna elettorale per le elezioni comunali di quest’anno è stata all’insegna di una relativa tranquillità, condita con un pizzico di fatalismo.

Vediamo di spiegarci meglio. Si vota in 83 comuni su 106. Sono chiamati alle urne potenzialmente 217 mila elettori. Numeri che danno l’idea di come il nostro cantone, da lunedì prossimo, avrà un volto rinnovato sotto il profilo politico. Trattandosi di comunali, il cambiamento o la continuità saranno capillari: l’esito del voto si rifletterà nella vita di tutti i giorni di un gran numero di cittadini.

Nonostante questo, non abbiamo rilevato un appassionato dibattito politico sui programmi. Da inizio anno, nonostante i media si siano dati da fare per ospitare opinioni, idee e prese di posizione dei candidati, il quadro generale anziché chiarirsi si è come offuscato. Un clima strano, invero troppo tranquillo. Un po’ fatalista, per l’appunto. È difficile dunque fare previsioni. In più, l’alto numero di liste, le incognite dell’astensionismo e della scheda senza intestazione rendono le previsioni ancora più fragili.

Possiamo individuare due ragioni dietro questa tendenza. Della prima, si è già detto. Nelle ultime importanti settimane prima del voto, a monopolizzare il dibattito, più che il programma dei partiti nel proprio comune, è stato il caso Gobbi. In attesa che la magistratura si esprima (sono già iniziati gli interrogatori), i media si sono messi in attesa, ma come un fiume carsico la vicenda ha continuato a far parlare di sé tra gli elettori, durante le cene domestiche come al bar, forse più dei programmi di partito. È del tutto comprensibile. Era illusorio che tale indagine rimanesse separata, in campagna elettorale, dal suo specifico peso politico.

La seconda ragione è più «spettacolare» e riguarda la disfida per eccellenza di questo giro elettorale, il vero ring su cui sono puntati gli occhi dei ticinesi: quella tra Michele Foletti e Marco Chiesa per la sindacatura di Lugano. Qui gli effetti sulla campagna elettorale sono stati tangibili ancor più che con il caso Gobbi. Lo ha spiegato con precisione la municipale uscente Cristina Zanini Barzaghi: «Temo che il dualismo che si è creato fra Foletti e Chiesa, come era stato per Giudici e Borradori nel 2013, possa calamitare attenzione e voti, mettendo in secondo piano gli altri partiti. Ciò andrebbe a scapito della pluralità». Ineccepibile. A metà marzo avevamo già scritto che i due sfidanti per Piazza della Riforma portavano sulle proprie spalle anche un po’ del destino dei loro movimenti nel nostro cantone, nonostante i due siano nella stessa lista Lega-UDC.

La sfida Foletti-Chiesa è stata molto meno «Lugano-centrica» di quanto si possa pensare e per questo motivo ha monopolizzato la scena e le discussioni tra gli elettori, spingendo in secondo piano gli altri partiti e gli altri contendenti. Non solo a Lugano. Non bastasse, nella mente e nel cuore dei luganesi c’è ancora un po’ (o molto?) di Marco Borradori, opportunamente citato da Zanini Barzaghi. Non pochi lo rimpiangono per i suoi modi garbati e per essere stato un sindaco «tra la gente», un ruolo che Foletti, con tutti i suoi meriti, non può ricoprire e che eventualmente Chiesa farà fatica ad adottare, soprattutto se deciderà di mantenere la sua poltrona a Berna. Ci fosse stato Borradori in lista, il volto di questa campagna elettorale che si chiude oggi a mezzogiorno in punto sarebbe stato diverso e i pronostici sarebbero ben più facili, ça va sans dire. Segno che, come da tradizione, alle comunali i ticinesi guardano più alle persone che ai partiti e che non di rado un solo candidato può fare la differenza. Anche fuori dal proprio comune.

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