Il caso

Lo strano declino dei sindacati in Ticino

Le associazioni di lavoratori perdono affiliati ma fanno la voce sempre più grossa: «Loro e il padronato sono rimasti fermi agli anni Settanta»
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Andrea Stern
Andrea Stern
05.05.2024 06:00

C’è chi fa notare che le bandiere palestinesi alla manifestazione del primo maggio a Bellinzona potrebbero essere la dimostrazione di come i sindacati si stiano sempre più allontanando dal loro ruolo di rappresentanti dei lavoratori per trasformarsi in una forza politica a sé stante, a volte vincente, più spesso perdente. È davvero così?

«Nessuno mette in discussione l’importanza dei sindacati, che sono una componente fondamentale della nostra società - premette Amalia Mirante, economista e granconsigliera di Avanti -. Tuttavia vedo due problemi. Da una parte rimangono ancorati a modalità superate, non si sono adeguati ai cambiamenti del mondo del lavoro, loro e il padronato sembrano due attori rimasti agli anni Settanta. D’altra parte mi sembra che i sindacati abbiano voluto ampliare il loro spettro di attività, legando per esempio le manifestazioni a tematiche che c’entrano poco o nulla con il lavoro, dal cambiamento climatico ai diritti LGBTQ+ o al conflitto mediorientale. Sono battaglie legittime ma che secondo me indeboliscono i sindacati in quello che dovrebbe essere il loro ruolo di difesa dei lavoratori».

La quota di sindacalizzati è crollata

È un dato di fatto che i sindacati rappresentano sempre meno persone. Nel 1976, all’apice della loro popolarità, i sindacati svizzeri annoveravano 905.232 iscritti, ovvero il 30% dell’intera forza lavoro. Nel frattempo il numero di occupati è quasi raddoppiato, ma gli iscritti a un sindacato o un’associazione di lavoratori sono scesi a 661.492. La quota di sindacalizzazione è così crollata al 12,8%.

La contrazione riguarda praticamente tutte le organizzazioni e non si è ancora arrestata. Negli ultimi dieci anni Syndicom ha perso un terzo dei suoi affiliati. Dal 2015 UNIA ha visto partire 25.000 soci. Il SEV, sindacato del personale dei trasporti, pesa un terzo in meno di quanto pesasse a inizio secolo. Solo il VPOD, sindacato degli statali, e l’OCST, presente solo in Ticino, riescono più o meno a marciare sul posto. Mentre AvenirSocial, minuscola organizzazione che rappresenta gli assistenti sociali, è l’unico sindacato ad aver conosciuto negli ultimi 5 anni una crescita, da 3.561 a 3.815 associati.

«Troppo rigidi, poco aperti»

«I sindacati dovrebbero essere più aperti ai cambiamenti del mondo del lavoro e della società - riprende Amalia Mirante -. Penso per esempio al fatto che oggi le persone cambiano posto di lavoro con una frequenza molto più alta, mentre i sindacati rimangono fermi a un singolo settore. Penso alla loro difficoltà nel tutelare le esigenze dei lavoratori residenti in un mercato del lavoro con tantissime persone frontaliere, di cui una buona parte sindacalizzate, che hanno delle rivendicazioni che non per forza coincidono. Penso a certe battaglie di retroguardia come quella recente in Ticino sull’apertura dei negozi, in cui i sindacati assumono una posizione intransigente di fronte a una società che cambia, che evolve e che chiede qualcosa di differente - afferma -. Io non dico che sono favorevole ad aperture illimitate, ma i sindacati dovrebbero rendersi conto che queste rivendicazioni della società prima o poi si concretizzano. Quindi, invece di irrigidirsi, i sindacati avrebbero ottenuto di più se si fossero adoperati per cercare di tutelare i lavoratori nell’applicazione di questa modifica di legge».

«Oggi i problemi sono più acuti»

Qualcun altro ritiene invece che la scelta di rimanere fermi sulle proprie posizioni e di difenderle anche in maniera forte sia una scelta forzata. «Non credo che ci sia la volontà ideologica di stare sempre di più sulle barricate - sostiene Graziano Pestoni, ex presidente dell’Unione sindacale svizzera (USS) Ticino e Moesa -. È la realtà che costringe i sindacati a stare sempre di più sulle barricate. Se si riesce a negoziare un buon CCL attraverso il dialogo, bene. Se non si riesce, bisogna fare altro. La realtà è mutata e quindi anche i sindacati devono mutare il loro modo di lavorare».

In altre parole, sarebbe il costante deterioramento della situazione economica della popolazione a far sì che i sindacati optino spesso per metodi più duri rispetto alla semplice trattativa con il padronato, secondo Pestoni. «Non dico che una volta tutto andasse meglio - afferma -, ma oggi ci sono tanti problemi irrisolti che si avvertono in maniera più acuta. Gli aumenti dei prezzi, i premi di cassa malati alle stelle, le difficoltà dei pensionati, sono tutti temi che obbligano i sindacati ad agire diversamente. La mobilitazione sull’AVS, ad esempio, è dovuta al fatto che il secondo pilastro è in difficoltà, quindi era importante potenziare il primo pilastro».

«Le risorse non sono in calo»

L’iniziativa dell’Unione sindacale svizzera per l’introduzione di una tredicesima mensilità dell’AVS, approvata dal popolo lo scorso 3 marzo, viene spesso citata come esempio della capacità dei sindacati di condurre battaglia su larga scala e convincere ben oltre i propri ranghi. «Il numero di membri è una cosa, le risorse personali e finanziarie sono un’altra - osserva Nenad Stojanovic, politologo all’Università di Ginevra -.I sindacati sono ben inseriti nella realtà svizzera, ricevono anche una fetta di risorse pubbliche poiché gestiscono l’assicurazione disoccupazione, l’USS possiede tanti immobili. Dal mio punto di vista, i sindacati rimangono un attore forte nella politica. La destra li teme, perché sa che quando si muovono possono raccogliere senza problemi le firme per referendum e iniziative».

Poi se è vero che l’iniziativa per la 13esima AVS ha avuto successo, è anche vero che praticamente tutte le altre iniziative sindacali si sono infrante sulle scoglio delle urne. «Di solito i sindacati non riescono ad avere la maggioranza - osserva Stojanovic -, però è un dato di fatto che nel dibattito politico non si può fare a meno di loro. Lo vediamo per esempio con la questione europea, in cui i sindacati rivestono un ruolo molto importante».

«Faticano a difendere interessi variegati»

Questo peso viene loro riconosciuto anche da chi sta all’altra estremità dell’arco politico, come l’economista e consigliere nazionale UDC Paolo Pamini. «La tendenza è di desindacalizzazione della società, coerentemente con il fatto che i profili professionali diventano sempre più personali - osserva -. Il sindacato funziona quando deve difendere interessi omogenei, ma fa molta più fatica quando gli interessi sono variegati. I sindacalisti dovrebbero essere più dei consulenti, ciò che richiede uno sforzo maggiore. Tuttavia, oggi i sindacati riescono a farsi notare di più grazie alla riduzione dei costi della comunicazione. In una politica che diventa sempre più immediata, i sindacati hanno tendenza a fare la voce sempre più grossa. Non solo loro, anche noi facciamo lo stesso. Ma nel caso dei sindacati, loro riescono a compensare la parziale perdita di forza rappresentativa con una grande capacità comunicativa». E alla fine, conclude Pamini, è anche nell’interesse dell’economia che non si perda la voce dei sindacati. «Con un approccio di realpolitik, il sistema svizzero di pace del lavoro può essere giudicato positivamente, malgrado ci siano sempre critiche da fare - afferma -. Preferisco sicuramente il sistema svizzero ad altri dove ci sono scioperi su scioperi».

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