Il fenomeno

Morire di solitudine, in Ticino

Migliaia di anziani vivono isolati e senza affetti – È un fenomeno che preoccupa l'ATTE
Mendrisio, 29 ottobre 2024 - Claudio Aldo Mercolli, vedovo - tristezza - solitudine - persona anziana sola - vecchiaia © CdT/ Chiara Zocchetti
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
15.06.2025 09:10

L’obiettivo è uno solo: evitare l’isolamento sociale degli anziani. Perché finire nella spirale della solitudine senza riuscire più a uscirne è un attimo. E chi resta solo, muore anche da solo. A volte dimenticato da tutti. Gianpaolo Cereghetti, presidente dell’Associazione ticinese terza età (ATTE) fornisce un dato all’apparenza non decisivo per inquadrare il fenomeno e nello stesso tempo raccontare tutto ciò che la «sua» associazione mette in piedi. «L’anno scorso sono state 100mila le iscrizioni alle nostre attività che, detto molto chiaramente, hanno proprio lo scopo di combattere e prevenire la solitudine nella terza età». Anche Francesca Ravera, responsabile del Servizio promozione qualità di vita di Pro Senectute, usa alcune cifre per descrivere una realtà che spesso passa sotto silenzio, come nel silenzio e nella solitudine vivono decine e decine di anziani in Ticino. «Dei circa 200 casi all’anno da noi trattati, in cui la qualità di vita per le persone anziane non è sostenibile, circa un quarto è composto da anziani che vivono nell’isolamento sociale».

I decessi nell’ombra

Vivere una vita rinchiusi, senza parlare quasi con nessuno, senza avere contatti - questo vuol dire vivere nell’isolamento sociale - significa anche rischiare di morire senza che nessuno se ne accorga. Un’eventualità non così rara in Ticino, come dimostrano puntualmente le cronache. Cronache che raccontano di anziani trovati morti in casa da giorni nella completa solitudine. «Una delle nostre attività consiste nel distribuire pasti a domicilio - riprende Ravera - ed è già capitato che alcuni miei colleghi si siano confrontati con situazioni di degrado e abbandono».

Finire nella spirale è dunque un attimo. Soprattutto nella terza età, quando a mancare possono essere parenti e familiari, magari già deceduti o solamente lontani. E uscire di casa, iniziare a costruire nuovi contatti e amicizie risulta più difficile. Ecco perché non sono pochi gli anziani che preferiscono ritirarsi in loro stessi. «Purtroppo il Ticino nei prossimi anni sarà sempre più confrontato con questo fenomeno - sottolinea Cereghetti - già oggi gli anziani rappresentano il 20% della popolazione e non passerà molto tempo quando diventeranno un quarto della popolazione totale».

A contribuire (in negativo) a una tendenza che un domani potrebbe ancora amplificarsi sono un insieme di cause, tra cui la precarietà economica e l’abitare in quartieri e località dove le reti sociali sono sfilacciate, come nelle città. Anche se in realtà ad avere subìto un cambiamento (sempre in negativo) sono le stesse relazioni sociali, oggi più frammentate se non assenti. È sempre più difficile, detto altrimenti, avere quella rete di rapporti personali e umani , ad esempio, con i vicini di casa o gli abitanti di una via o di un quartiere. «Un altro peggioramento avvenuto negli ultimi anni - sottolinea Cereghetti - è stato il Covid che ha spinto molti anziani a essere meno presenti nella vita sociale, tant’è vero che come ATTE ci abbiamo messo un paio d’anni per tornare a livello di iscrizioni e di attività alla situazione precedente la pandemia da coronavirus».

I progetti sul tavolo

Anche se sembra una battaglia persa in partenza, visto l’avanzamento dell’invecchiamento demografico della popolazione e una società che si sta facendo sempre più individualista e sociale, ma solo dentro i telefoni cellulari, le associazioni che si occupano di terza età non mollano la presa. Anzi. Continuano a rimanere a fianco agli anziani e a sviluppare nuovi progetti.

Dalle portinerie ai centri diurni

Uno di questi, incasellato da Pro Senectute come «Impegno sociale comunitario» invita i cittadini (anziani ma non solo) a diventare protagonisti attivi di progetti ed azioni a favore di tutta la popolazione. Tutto questo attraverso Centri diurni socio assistenziali, che sono sparsi un po’ in tutto il cantone, nei quali è ad esempio possibile cantare, giocare insieme a bocce, partecipare a conferenze o o gite all’aperto. Senza calcolare le portinerie di quartiere o le osterie sociali così come le caffetterie.

Molto varia e numerosa è anche l’offerta dell’ATTE che promuove anche progetti intergenerazionali e possiede una dozzina di centri socio ricreativi e un paio di centri socio assistenziali.

Lo studio della SUPSI

A gettare un po’ di luce sulla solitudine nella terza età è stata alcuni anni fa anche la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI), secondo cui il fenomeno in Ticino toccherebbe più di 12mila over 65., che diventano 200mila a livello nazionale. Inoltre, si precisa, la probabilità di vivere soli aumenta con l’avanzare dell’età e concerne più della metà degli over 85 a causa dell’alto tasso di vedovanza, un fenomeno riguarda specialmente le donne.

Numeri in realtà in continua evoluzione, per ammissione della stessa SUPSI, giacché si stima che «i problemi di esclusione sociale in età avanzata continueranno a peggiorare nei prossimi decenni. Questo è dovuto alla transizione nella terza età dei baby boomer (che in media hanno meno figli della generazione dei loro genitori) e come conseguenza dell’individualizzazione (della società)».

Da qui la decisione, già presa da alcuni anni, di aprire un vero e proprio Centro di competenze anziani (CCA) all’interno del Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale della scuola. Un centro che si occupa di ricerca, documentazione e formazione sull’invecchiamento con l’obiettivo di offrire un supporto al lavoro dei professionisti attivi nel settore e di promuovere il benessere e la qualità di vita della popolazione anziana.

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