Economia

Perché il latte è l'unica cosa che costa sempre meno

E gli agricoltori non sono per niente contenti: «Una vergogna, le aziende svizzere sono quasi tutte al collasso»
©Chiara Zocchetti
Andrea Stern
Andrea Stern
21.12.2025 12:35

In un periodo in cui tutto diventa più caro, c’è un prodotto, il latte, che segue il percorso inverso. Il che potrebbe anche essere una buona notizia, se non fosse che il vantaggio per il consumatore è irrilevante mentre il danno per il produttore è enorme. «Le aziende svizzere sono quasi tutte al collasso - tuona Andrea Bizzozero, più grande produttore di latte in Ticino nonché vicepresidente della Federazione ticinese produttori di latte (FTPL) -. Ci vorrebbe un aumento della remunerazione di almeno dieci centesimi al litro, invece si va nella direzione opposta. È una vergogna».

L’ultimo colpo è stato assestato il 15 dicembre dalla direzione dell’Interprofessione latte (IP latte), che con il pretesto della concorrenza estera ha deciso di ridurre di 4 centesimi il prezzo del latte di centrale di categoria A, da 82 a 78 centesimi.

Fino a 30 centesimi al litro

«Ma quello è solo un prezzo di riferimento, che non raggiunge quasi mai nessuno - spiega Omar Pedrini, presidente dell’Unione svizzera dei contadini (USC) -. La remunerazione del latte è divisa in tre segmenti, a dipendenza dell’uso che ne viene fatto, per cui il prezzo medio è sempre più basso. Oltretutto da gennaio il 20% del latte industriale verrà declassato al segmento C, con un prezzo che verosimilmente si aggirerà sui 30 centesimi al litro».

Un prezzo che assomiglia più a uno schiaffo in faccia che a una remunerazione. Nel 2016 uno studio di AGRIDEA ha calcolato che per coprire i costi i produttori di latte dovrebbero poter incassare 1 franco al litro. Da allora i costi di produzione non possono che essere aumentati. Ma l’anno scorso la remunerazione media è stata di 67 centesimi al litro.

Sostegno dalla federazione

«Noi della FTPL abbiamo deciso di attingere al nostro fondo di riserva per compensare le perdite di guadagno dei contadini che dovranno vendere il loro latte nel segmento C - riprende Bizzozero -. Chiaramente questo sarà possibile se, come annunciato, questo declassamento dovesse protrarsi solo per cinque mesi. Se invece questa situazione dovesse perdurare, ecco, non so come potremmo andare avanti».

Queste riduzioni di prezzo a svantaggio dei produttori di latte hanno essenzialmente due motivi. Il primo, quello più sbandierato ma anche più ingiustificato, sono i dazi decisi dal presidente statunitense Donald Trump, che però nel frattempo sono già stati ridotti e che ad ogni modo toccavano solo una minima parte, il 3%, della produzione di latte in Svizzera.

Il secondo motivo è invece da ricercare nel cambiamento delle abitudini dei cittadini, che consumano sempre meno latticini e, inoltre, privilegiano sempre più spesso prodotti importati.

«L’anno scorso per la prima volta le importazioni di prodotti caseari in Svizzera hanno superato le esportazioni - evidenzia Pedrini -. Allo stesso tempo siamo confrontati con una demonizzazione dei latticini a favore di prodotti che vengono venduti come sostituti più salutari e più ecologici del latte sebbene non lo siano affatto, come quel latte di soia per la cui produzione si sta procedendo alla deforestazione dell’Amazzonia».

Il formaggio d’alpe non interessa più

È anche una questione culturale, aggiunge Bizzozero. «Noi abbiamo tante mucche che in estate vanno all’alpe - spiega -. Una volta, appena arrivava il mese di agosto tutti mi chiedevano come stava andando con il formaggio, se era già possibile assaggiarne, quando l’avrei portato giù. Oggi invece i giovani non sono interessati al formaggio d’alpe, che a volte rimane invenduto, anche perché comunque ha un costo di almeno 25/30 franchi al chilo, sicuramente più alto di quello importato».

Ed è proprio con l’intento di difendere i prodotti indigeni dalla concorrenza estera che a metà dicembre l’IP latte ha deciso di tagliare la remunerazione ai produttori. Ma questi dubitano che quei 4 centesimi in meno al litro possano avere un grande effetto sul mercato. L’unico effetto certo di questa riduzione del prezzo è che andrà a pesare sulle già sofferenti tasche dei contadini.

Mai un giorno libero

«A livello europeo c’è un esubero di latte che sta scatenando una corsa al ribasso - riprende Bizzozero -, ma noi in Svizzera non possiamo pensare di produrre agli stessi prezzi. Tutto diventa più caro, il carburante, la plastica, la manodopera, tutto aumenta, solo il prezzo del latte rimane stabile o, anzi, scende. Avanti di questo passo, sarà impossibile riuscire a trovare giovani disposti a fare questa vita di sacrifici senza guadagnare niente».

Il fenomeno, aggiunge Bizzozero, è già in atto. «Da quando io ho ripreso in mano l’azienda di mio padre, trent’anni fa, qui sul Piano di Magadino sono già sparite 25/30 aziende che producevano latte. E la situazione continua a peggiorare. Uno può avere la passione, ma a un certo punto può anche passare. Io nel 2025 non ho dormito neanche una mattina, non ho fatto un solo giorno di libero. È una vita di lavoro senza guadagnare quasi nulla. Per cosa?».

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