Svizzera

Un'iniziativa (in votazione) non facile

Giovani politici a confronto sulla proposta che mira a preservare le basi della vita sul pianeta
Si vota il prossimo 9 febbraio. © KEYSTONE/Peter Klaunzer
Andrea Stern
Andrea Stern
26.01.2025 15:30

Quello del prossimo 9 febbraio rischia di essere uno degli appuntamenti elettorali meno partecipati di sempre, messo lì così, con un solo oggetto in votazione. Eppure si tratta di un oggetto importante, un’iniziativa dei Giovani Verdi che si pone l’obiettivo di stravolgere l’economia elvetica, più che dimezzandone l’impatto sull’ambiente. I Giovani Verdi partono infatti dal presupposto che oggi la Svizzera impiega 2,5 volte più risorse di quelle che dovrebbero essere utilizzate per vivere in maniera sostenibile e chiedono di rientrare nei «limiti planetari» entro al più tardi 10 anni. Un obiettivo ambizioso ma considerato «irrealistico» da parte del Consiglio federale, della maggioranza del Parlamento e a quanto pare anche dalla maggioranza della popolazione, dato che i sondaggi prevedono tutti una sonora bocciatura dell’iniziativa. Ma il dado non è ancora tratto, nessuna votazione è scritta in partenza, specie su un tema di non immediata comprensione come quello sollevato dall’iniziativa sulla responsabilità ambientale. Chi non avesse ancora afferrato la posta in gioco, può trovare alcuni argomenti nell’intervista doppia a Noemi Buzzi, coordinatrice dei Giovani Verdi ticinesi e membro di comitato dei Giovani Verdi svizzeri, e Aline Prada, deputata UDC in Gran Consiglio che gestisce un’azienda agricola.

Signora Buzzi, perché mai un cittadino dovrebbe sostenere un’iniziativa «estrema»?
«Non è estremo chiedere che si preservino le basi della vita sul pianeta. È una richiesta semplice, logica e razionale, sulla quale penso si possa essere tutti d’accordo. Sappiamo che oggi abbiamo un impatto superiore a quello che l’ecosistema può tollerare. Noi chiediamo che si rispetti il concetto scientifico dei «limiti planetari», che sono un po’ i nostri guardrail per evitare di superare la capacità di sopportazione del nostro pianeta e causare reazioni a catena non più controllabili».

Non è illusorio pensare che la Svizzera possa cambiare le sorti del mondo?
«Se tutti ragionassero così, non si farebbe più nulla. Noi non partiamo dal presupposto che possiamo fare la differenza solamente riducendo le nostre emissioni. Come Paese ricco del nord globale e industrializzato abbiamo un’influenza a livello internazionale. Se noi come Svizzera dimostriamo che è possibile cambiare, è molto probabile che altri seguiranno il nostro esempio».

Intanto ci tagliamo le gambe e poi vediamo se altri ci imitano.
«Noi non diciamo che la Svizzera deve autofustigarsi e fare tutto da sola. Noi vogliamo che la Svizzera assuma un ruolo di faro nella riduzione dell’impatto ambientale, perché purtroppo al momento non sta facendo abbastanza».

L’iniziativa è vaga. Il timore è che si traduca in divieti e tasse.
«L’iniziativa chiede di modificare la Costituzione, quindi in caso di accettazione sarebbero il Consiglio federale e il Parlamento a decidere come attuarla. Io sono convinta che gli strumenti e le soluzioni ci siano. Quello che abbiamo bisogno è la volontà di essere ambiziosi e coraggiosi».

Comunque gli strumenti sarebbero divieti e tasse.
«Non per forza. Un primo passo potrebbe essere l’eliminazione di tutte le agevolazioni fiscali e i sussidi nocivi per l’ambiente, ad esempio l’esenzione dall’IVA e dall’imposta sugli oli minerali per il traffico aereo. Si può anche investire nella transizione ecologica, nelle energie rinnovabili, nell’economia circolare, si può non espandere l’infrastruttura fossile. Quello che vogliamo ottenere con questa iniziativa è che si elabori un piano di transizione ecologica che indichi strategie, obiettivi intermedi, misure e risorse da investire per rispettare i limiti planetari».

I sondaggi dicono che l’iniziativa sarà sonoramente bocciata.
«L’iniziativa non è di facile comprensione al primo sguardo. Per noi come Giovani Verdi sarà in ogni caso stato un successo aver portato al voto questa iniziativa, essere riusciti a far riflettere la popolazione sul concetto di limiti planetari e sul modo di fare economia su un pianeta dalle risorse finite».

Aline Prada/Deputata UDC in Gran Consiglio

Signora Prada, lei non è preoccupata per il futuro del pianeta?
«La salvaguardia dell’ambiente è un tema che mi sta molto a cuore. Nella nostra azienda agricola lavoriamo con la natura e per la natura. Siamo i primi a non volerla rovinare. Però questa iniziativa dei Giovani Verdi pone dei paletti troppo stretti, sia per chi produce, sia per chi consuma».

Non crede che sia urgente agire?
«Credo che sia necessario agire con pragmatismo. L’iniziativa pone un orizzonte temporale di 10 anni che è assolutamente irrealistico. Significherebbe dover prendere decisioni affrettate, poco ragionate, poco sensate, che avrebbero conseguenze enormi. E a pagare sarebbero, come sempre, i cittadini».

Ma secondo lei il riscaldamento climatico è un problema reale?
«Certo, è inutile nasconderlo. Ma il fatto è che la lotta al riscaldamento climatico non dipende solo da noi. La Svizzera è un puntino in mezzo al mondo. Possiamo metterci tutta la nostra buona volontà, ma senza uno sforzo condiviso servirà a poco. Non possiamo pretendere di salvare il mondo da soli».

Questa sembra una scusa che l’UDC usa per opporsi non solo a questa iniziativa ma un po’ tutte le misure a favore del clima.
«Noi siamo i primi a sostenere misure che siano volute dal popolo e non vadano a discapito di produttori e consumatori. Riteniamo che i problemi vadano affrontati con meno isterismo e più pragmatismo».

Il che equivale a non fare niente.
«Non credo che si possa dire che negli ultimi anni non è stato fatto niente, al contrario. Nel panorama internazionale la Svizzera è già oggi un Paese con regole molto restrittive. Se guardo il mio settore, l’agricoltura, vedo che siamo già ipercontrollati. Trascorriamo sempre più tempo in ufficio a evadere la burocrazia e sempre meno sul terreno. Non vorrei che a furia di introdurre nuove restrizioni si finisca per disincentivare la voglia di creare e mantenere aziende agricole».

Che sia proprio questo l’obiettivo?
«Non saprei. Però vorrei sottolineare che in Svizzera abbiamo un tasso di auto-approvvigionamento attorno al 50% scarso. Questo significa che dipendiamo già dall’estero, e non poco. Senza contare che la popolazione continua ad aumentare. Non possiamo permetterci di ridurre la produzione agricola indigena, a meno che non si vogliano aumentare le importazioni, ciò che sicuramente non gioverebbe al nostro settoe e all’ambiente».

Quindi andiamo avanti come se nulla fosse?
«No, andiamo avanti cercando di fare la nostra parte per salvaguardare l’ambiente. Con più pragmatismo, meno isterismo e meno imposizioni».