Musica

Astor Piazzolla, il solista che inventò il tango moderno

Cento anni fa nasceva il geniale compositore argentino che, con il suo bandoneon, rivoluzionò un genere tradizionale ibridandolo magistralmente con altre forme espressive e traghettandolo con enorme successo verso il mondo contemporaneo
Astor Piazzolla durante una performance dal vivo. - © Paul Bergen
Luca Cerchiari
09.03.2021 06:00

«Il tango è sempre stato per me più per l’orecchio che per i piedi», disse una volta. Astor Piazzolla, del quale l’11 marzo ricorre il centenario della nascita, del tango è stato il grande riformatore. E il traghettatore verso il mondo contemporaneo (fatto anche di jazz, orchestrazioni classiche e composizioni raffinate) di una musica cantabile e ballabile che rappresentava al meglio l’humus popolare delle periferie di Buenos Aires e Mar del Plata: elementi culturali africani, ispanici e francesi, persino italiani, ma anche danze già americane, come l’habanera cubana. Un’Argentina rurale, povera, dolente, ispirata, ricca di energie, quasi cruda nella sua sfrenata espressività melodica, affidata al violino, al contrabbasso e spesso al pianoforte. Il tango piacque in breve a tutto il mondo. Emerso in America - come il jazz - attraverso le manifestazioni carnevalesche, esso ebbe immediata presa tanto a Parigi quanto a Londra e nel resto d’Europa, dove dopo la Prima guerra mondiale divenne la danza popolare più praticata. Come altri balli americani, colpì per la sua manifesta allusività sessuale, per un sensuale gioco di coppia nel quale il maschio (la figura del compadrito, simile a quella, letteraria, di un Don Giovanni) domina, col suo attivismo, una partner elegante e remissiva. Il tango classico ha avuto in Carlos Gardel, nato in Francia ma vissuto sempre in Argentina, il suo eroe popolare, l’uomo di origini umili (il porteno) arrivato alla massima popolarità, anche a Parigi, grazie al suo talento di cantante, di interprete discografico, di attore cinematografico e di autore di brani popolarissimi come Mi Buenos Aires querido e El dia que me quieras.

Figlio di emigrati toscani in Argentina, del tango Piazzolla ha colto la nobiltà melodica, timbrica ed evocativa trasformandolo in una musica concertistica, moderna, aperta ad altri generi. Lo ha fatto adottando uno strumento tedesco di metà Ottocento, il bandoneon, simile alla fisarmonica, ma accostando la tradizione popolare di questa danza più dal versante «classico». È stato allievo di composizione di Alberto Ginastera, compositore argentino, e poi anche di Nadia Boulanger, celebre didatta francese. Piazzolla ha vissuto molto all’estero: dal 1925 al 1939 a New York, dove la famiglia è andata in cerca di fortuna, quindi a Parigi, grazie a un premio attribuito alla sua Sinfonia di Buenos Aires.

Vena autoriale

È proprio la Boulanger a scoprire e valorizzare la sua vena di autore e solista di bandoneon. E Piazzolla, che da bambino ha avuto una parte come strillone di giornali in un film di Gardel, dal tango classico di Gardel e da brani come la celebre Cumparsita inizia a distanziarsi, nell’immediato dopoguerra, fondando gruppi solo strumentali, come il suo ottetto, che comprende strumenti tradizionali come il violino, il pianoforte e il contrabbasso, ma anche, novità, la chitarra elettrica. Piazzolla si accosta al jazz nell’epoca del «californiano» di Gerry Mulligan e Chet Baker, e con Mulligan collabora con successo, vent’anni dopo, in Italia, registrando a Milano uno dei migliori album della sua vita, Libertango. Con Piazzolla, ambizioso e talentoso come pochi, il tango fa il grande balzo, da danza e canzone popolare diviene musica da camera, forma orchestrale, colonna sonora cinematografica. Astor non è più uno dei tanti anonimi leader delle orchestras tipiquas con cui ha iniziato la carriera, come strumentista, anni prima. Vuol diventare un compositore, e nobilitare il tango elevandolo a musica d’arte, agendo in modo analogo a quanto ha fatto George Gershwin negli Stati Uniti, che da songwriter e pianista di talento è divenuto anche, per ambizione, autore di pagine orchestrali, sinfonie e ouvertures.

È qui che la carriera di Piazzolla si impenna, pur tra iniziali incomprensioni da parte del pubblico argentino, che non coglie il senso della sua riforma del tango. Dopo l’ottetto e il jazz-tango, eccolo nelle vesti di leader della nuova avanguardia argentina (1960-67), di promotore di collaborazioni con i connazionali Horacio Ferrer e Amelita Baltar, un paroliere e una cantante, e di responsabile di un fascinoso nonetto.

Popolarità internazionale

La notorietà arriva negli anni Settanta, e lo porta in Italia e in Francia, dove come segnalato incide un disco (anzi due) col sassofonista jazz Gerry Mulligan, appare in TV con Mina, effettua tournée di successo con Milva, registra musica da film e lavora col produttore Aldo Pagani. Nel 1974 torna a Parigi, come star internazionale. Vi resta undici anni, rientrando solo nel 1985 in Argentina e viaggiando frequentemente per nuove imprese musicali, che lo portano a flirtare nuovamente col jazz («il tango non ha swing, sembra musica militare: io invece l’ho interpretato con swing», avrebbe detto), ad esempio con Gary Burton; ma anche con la musica elettrica, la canzone francese e la musica colta contemporanea. Cittadino onorario di Buenos Aires, è scomparso il 4 luglio 1992.