Diabolik come non l’avete mai visto
In un mondo che vive un eccesso di serie televisive e di universi cinecomics, ci sono eccezioni che sanno andare al di là delle mode. Diabolik è di certo una di queste e non solo per la sua longevità, prossima ormai ai 60 anni: il «re del terrore» è riuscito infatti a trascendere gli stereotipi del buono e del cattivo, maturando nel corso del tempo una propria morale e una propria visione anche sui temi di attualità, rimanendo per questo fresco e innovativo pur senza mai realmente cambiare. Non a caso la sua fisionomia è la stessa dal 1963, quando l’interpretazione grafica nella mente delle sorelle Giussani fu affidata alla sapiente matita di Enzo Facciolo. Considerato uno dei grandi maestri del fumetto italiano, Facciolo sembra sfidare il tempo e a 90 anni è ancora attivo e pieno di progetti in corso. Tanto da essere a Lugano in questi giorni per presentare i suoi lavori alla Marco Lucchetti Art Gallery di via Cattedrale 3, che gli ha dedicato una mostra: Match Point, visitabile dal 6 ottobre al 7 novembre 2020 e la cui inaugurazione è in programma venerdì 2 e sabato 3 ottobre dalle 10.30. Lo abbiamo incontrato.
Maestro, il 2 ottobre è per lei una data molto particolare. E non solo per l’inaugurazione della sua mostra alla Marco Lucchetti Art Gallery...
«In effetti quel giorno è il mio compleanno. Sono del ’31, fate voi i conti... Forse è vero che i fumetti mantengono giovani! Di certo sono stato fortunato a fare tutta la vita un mestiere che amo. Mestiere che mi porta adesso a Lugano a proporre una serie di lavori originali e altri, in un formati un po’ più grandi, dedicati al “mio” Diabolik...».
Appunto, Diabolik. Il vostro rapporto dura da 57 anni. Molto più di quello con Eva Kant...
«Tecnicamente è vero! E poi in fondo esistono perché li ho disegnati... Un rapporto peraltro nato quasi per caso, quando il fumetto era già al nono episodio: un amico aveva scoperto infatti che le sorelle Giussani cercavano un disegnatore per cambiare la grafica del personaggio e propose me. Da lì nacque tutto...».
A chi si ispirò per il personaggio di Diabolik?
«Le sorelle Giussani erano innamorate di Robert Taylor, una star del cinema dell’epoca, e mi chiesero di costruire il personaggio su di lui. Infatti Diabolik è uno dei pochi cattivi davvero belli. Mentre Eva Kant, che all’inizio si chiamava Lady Kant, è stata opera mia e mi sono ispirato a un’attrice francese non molto conosciuta e della quale non ricordo neanche più il nome...»
Ha definito Diabolik un cattivo e non un antieroe.
«Beh, soprattutto all’inizio era un personaggio proprio cattivo, che uccideva e rubava senza troppi scrupoli morali. Poi ha avuto uno sviluppo ed è cambiato molto, ammorbidendo alcuni tratti del suo carattere. In questo senso mi piace la contrapposizione con Ginko, l’ispettore sua nemesi, che anche graficamente è volutamente speculare a Diabolik, perché in fondo sono facce della stessa medaglia. Hanno entrambi una parte di bene e di male, senza quelle spaccature odierne dove o sei totalmente buono o sei totalmente cattivo... La cosa interessante è che Diabolik si evolve, rimanendo interessante ma senza essere mai snaturato: questo trovo sia uno dei segreti della sua longevità».
Diabolik si evolve, in un certo senso «matura» caratterialmente, ma graficamente rimane sempre uguale, senza mai invecchiare.
«E questo mentre tutti quelli intorno a lui crescono! Addirittura in un episodio c’è Bettina, una bambina che, dopo qualche anno, diventa Betti ed è ormai una donna. Ai miei occhi sia lui che Eva sono invecchiati, ma so bene che sono personaggi senza tempo e così devono rimanere. Così come so che non dovranno mai sposarsi...».
Ma avrebbe mai immaginato di legarsi così tanto a un fumetto?
«Sinceramente no, anche perché sono cresciuto in un’epoca dove, a causa delle leggi fasciste, i fumetti erano stati censurati. Avevo circa 6 anni: un giorno c’erano i fumetti, il giorno dopo erano scomparsi. Questo fu uno shock e probabilmente la loro assenza durante la mia adolescenza non mi fece scattare quella magia che di solito si ha quando si rimane legati ai ricordi della propria giovinezza. Quando i fumetti tornarono li guardavo non tanto per le storie quanto per lo stile e i disegni, dato che avevo aperto un piccolo studio di grafica. Ma anche quella volta il caso fu tanto determinante quanto bizzarro...».
Cioè?
«Un amico andò a una seduta spiritica alla quale partecipava anche un dottore che aveva una casa editrice. Il medium gli disse che avrebbe dovuto fare dei fumetti e lui per tutta risposta spiegò che non sapeva a chi rivolgersi. Il mio amico prese la palla al balzo e gli propose il mio nome. Mi fece un contratto e mi fece realizzare “Clint Due Colpi”. Ma, ironia della sorte, il primo numero fu anche l’ultimo! Fortunatamente però pochi giorni dopo arrivò la famosa chiamata delle sorelle Giussani...».
Continua a leggere l’intervista sull’edizione n. 40 della rivista ExtraSette, in allegato al Corriere del Ticino di venerdì 2 ottobre.
Qui sotto invece vi proponiamo un video con altre curiosità su Diabolik.