Televisione

Dietro le quinte della Marvel in una miniserie su Disney+

In attesa del ritorno sui grandi schermi del fantastico universo dei supereroi (rimandato, causa pandemia al 2021) in questi giorni sulla piattaforma streaming arriva «Marvel 616», otto episodi cricchi di curiosità sulla nota casa editrice
Max Borg
21.11.2020 06:00

In un anno normale, la cosiddetta Fase 4 del Marvel Cinematic Universe sarebbe già in corso, con Black Widow e Eternals nelle sale e The Falcon and the Winter Soldier su Disney+. Invece l’uscita di tutti questi film è slittata di un anno intero e quella delle miniserie di qualche mese, con WandaVision che inaugurerà ufficialmente il nuovo corso narrativo a partire dal 15 gennaio. Per ingannare l’attesa c’è però un nuovo contenuto Marvel sulla piattaforma della Disney: si tratta di Marvel 616, docuserie in otto puntate, tutte già disponibili, su vari aspetti dell’impero mediatico della Casa delle Idee, parte integrante di quell’immaginario collettivo creato nell’ormai lontano 1939, quando ancora si chiamava Timely Comics (l’appellativo Marvel arrivò infatti solo nel 1961).

Dalle origini al Multiverso
Nei fumetti il numero 616 è la designazione del nostro mondo – Terra-616 – all’interno del Multiverso, l’insieme delle realtà parallele (un argomento che il ramo cinematografico e televisivo della Marvel affronterà di petto nei mesi e anni a venire). Nel contesto della serie rende invece l’idea delle varie sfaccettature del mondo Marvel: negli otto episodi si parla infatti di argomenti quali il cosplay, i giocattoli e la recente iniziativa Marvel Spotlight, legata al teatro. C’è anche una dimensione storica, come quando lo sceneggiatore Dan Slott – attuale firma del mensile dei Fantastici Quattro – spiega i motivi del suo uso del leggendario Metodo Marvel, ideato negli anni Sessanta da Stan Lee il quale, a causa della mole di lavoro all’epoca, decise di dare ai disegnatori molta libertà, affidando a loro una semplice sinossi e aggiungendo i dialoghi solo dopo aver ricevuto le tavole con la narrazione per immagini. E persino gli appassionati di questo universo saranno forse sorpresi vedendo il primo episodio, sulla realizzazione di un film giapponese basato su Spider-Man: un lungometraggio che con il fumetto aveva poco o nulla in comune, strategia che la Marvel approvò in pieno per raggiungere un bacino d’utenza diverso dal solito (con una postilla: il film non poteva uscire fuori dal Giappone).

Tanta autoironia
E poi c’è la componente autoironica, fondamentale per un colosso dell’entertainment che non ha mai esitato a prendersi in giro da solo. Parliamo del quarto episodio, dominato dalla presenza del comico e attore Paul Scheer, il quale vorrebbe entrare a far parte del Marvel Cinematic Universe ma non sa cosa proporre alle alte sfere del ramo hollywoodiano dell’azienda. Inizia così una buffa lezione di storia del fumetto, con il protagonista che parte alla ricerca dei personaggi più strambi e insoliti da portare sullo schermo. Lì si percepisce la voglia di mettere alla berlina l’altro metodo Marvel, quello del cinema, che finora non ha mai esitato a fidarsi del proprio pubblico e puntare su nomi che anche i più accaniti lettori dei fumetti potrebbero faticare a riconoscere. Eppure, vedendo Scheer che si innamora di una testata improbabile come Brute Force (quattro numeri, i protagonisti sono degli animali cyborg, palesemente creati in vista di accordi per il merchandising), viene da chiedersi se questo non sia un po’ troppo anche per lo studio che ci ha dato Guardiani della Galassia e Ant-Man, e prossimamente promette ulteriori stramberie con l’esordio sul grande schermo degli Eterni. Nell’attesa che qualcuno sfidi veramente la sorte, quell’episodio è un simpatico scenario alternativo, un viaggio allucinato e allucinante nella storia della Casa delle Idee con cui i fan possono distrarsi mentre aspettano che i veri supereroi tornino a partire da gennaio.