Cultura

«I dati sulla lettura in Ticino sono preoccupanti, siamo tutti chiamati ad agire»

Secondo Sara Garau, italianista dell’ateneo di Lugano, il peggioramento delle competenze dei più giovani è un limite alla piena inclusione nella società
La lettura dei libri è sempre più sostituita dallo scorrimento dei cellulari, soprattutto tra i più giovani. ©Gabriele Putzu
Dario Campione
23.02.2024 06:00

Sara Garau insegna letteratura italiana all’Istituto di studi italiani dell’Università della Svizzera italiana ed è membro del comitato dell’Accademia svizzera di scienze umane e sociali. La lettura è parte del suo interesse scientifico diretto, motivo per cui gli ultimi dati sul calo di interesse verso la parola stampata non la colgono di sorpresa.

«Le cifre del rilevamento USTAT sulle abitudini di lettura sono preoccupanti - dice la professoressa Garau al CdT - non soltanto perché emerge come il Ticino si collochi sotto le medie nazionali, cosa che in sé meriterebbe una riflessione, ma perché si aggiungono agli esiti dell’ultima indagine PISA (Programme for International Student Assessment, ndr) di fine 2023, i quali indicano un 25% di quindicenni in Svizzera che non raggiungono i livelli minimi nella comprensione di un testo, e dicono di un peggioramento rispetto al 2018. Mi pare dunque evidente che siamo chiamati ad agire, anche al di là di ciò che può fare la scuola. Non dobbiamo mai dimenticare che le abitudini culturali sono legate allo sviluppo di competenze essenziali per una piena inclusione nella società».

Cause non chiare

Gli studi, spiega ancora Sara Garau, non sono del tutto concordi sulle cause della non lettura. «Le abitudini dei genitori, così come il numero di libri in casa incidono sulla propensione a leggere», ma anche altri fattori. «Una volta si imputava alla televisione di distogliere l’attenzione, oggi si dice lo stesso di Internet: un mezzo che comunque ci confronta con la lettura. Ma il punto è - sottolinea la docente dell’ateneo luganese - che l’allontanamento dalle modalità tradizionali di lettura ha implicazioni profonde sui piani culturale e cognitivo. La lettura procede nella lentezza e coinvolge il lettore in una negoziazione con sé stesso sul senso di quanto legge. Altri mezzi permettono accessi innegabilmente più rapidi, meno faticosi, ma forse anche meno duraturi».

La professoressa Garau lavorerà nei prossimi mesi con i suoi studenti proprio su queste tematiche, con l’obiettivo di riflettere anche sulle vie per promuovere la lettura.

«Il rilevamento dell’Ufficio federale di statistica del 2019 - dice - mostra anche un altro dato interessante, ovvero un buon livello e una certa stabilità nella frequentazione di istituzioni ed eventi culturali: un aspetto di cui bisogna tenere conto quando ci si interroga su come muoversi. A dispetto di tutto - nota ancora la docente dell’USI - emerge dunque un bisogno di partecipazione culturale in senso ampio, a vivere la cultura nello spazio pubblico e in maniera condivisa».

E, interpellata su possibili linee d’azione concreta e sul ruolo delle biblioteche, conclude: «Penso al modello della “Filanda” di Mendrisio, diventata uno spazio aperto, in cui il libro incontra molte altre attività. O a un progetto in corso a Basilea, dove gli adolescenti trovano in biblioteca operatori sociali che offrono ascolto, oltre ad attività intorno al libro e altri media. La ricerca dell’esperienza condivisa ci fa capire come non sia impossibile conciliare diverse forme di partecipazione alla cultura e di sociabilità, oltre la reclusione nella virtualità della rete».