Il melodramma familiare di Giordana
Marco Tullio Giordana ha confessato ieri in sala di considerarlo uno dei suoi migliori film. Il regista ha infatti presentato fuori concorso al Palacinema (Sala 1 sold out) La vita accanto, ispirato al romanzo omonimo di Mariapia Veladiano, in uscita nei cinema italiani il 22 agosto. Il Locarno Film Festival ha reso omaggio al cineasta milanese con un Pardo speciale alla carriera, consegnato dal direttore Giona Nazzaro prima della proiezione. Nazzaro ha tenuto a sottolineare come la storia cinematografica di Giordana si sia interfacciata con il Festival.
Era il 1980, ai tempi degli anni di piombo, e il 2 agosto avvenne la strage alla stazione di Bologna, un attentato che causò 85 morti e circa 300 feriti. Anche al Festival di Locarno, in pieno svolgimento in quei giorni, l’attentato suscitò grande emozione. Tra i film in concorso quell’anno c’era l’opera prima dell’allora trentenne Marco Tullio Giordana, Maledetti vi amerò, storia di un ex sessantottino che tornava a casa dopo alcuni anni trascorsi in Sud America e non si raccapezzava di quanto fosse successo nel frattempo. Il film conquistò il Pardo d’oro.
Stavolta Giordana torna a Locarno con un lavoro di origine letteraria, di cui firma la sceneggiatura insieme a Marco Bellocchio e Gloria Malatesta. E il nome di Bellocchio figura anche tra i produttori. È un film sulla famiglia, in veste di un fiammeggiante melodramma che copre dagli anni ’80 ai 2000. Siamo in provincia, a Vicenza, in una ricca famiglia borghese. Uno stimato ginecologo e la giovane moglie mettono al mondo una figlia lungamente attesa, Rebecca. La bambina, bella e sana, ha però una vistosa macchia, un angioma, che copre metà viso. La madre, che soffre di disturbi mentali, una volta si sarebbe detto malata di nervi, non sa darsi pace e per proteggere Rebecca cerca di tenerla isolata. La figlia nel frattempo mostra spiccato talento per la musica. Una consolazione per la zia (sorella gemella del padre) famosa pianista. Finché la madre instabile si getta nel fiume, ma si materializzerà in modo ricorrente nei pensieri onirici della figlia.
Ci sono molti non detti, non spiegati o non approfonditi in La vita accanto - a proposito, per il regista il titolo può essere inteso in due modi: come la vita che ci scorre a fianco o come la vita vissuta accanto a qualcuno -, segreti di famiglia inconfessabili, sensi di colpa ingiustificati e irrisolti, fragilità, paura delle apparenze e tanto altro. Temi oscuri aleggiano su questa famiglia tanto borghesemente a modo quanto intrisa di dolore. C’è una ridondanza di «segni», alcuni dei quali poi non vengono sviluppati. Qua e là qualche sbavatura. Come il marcato accento dialettale di quasi tutti gli interpreti. Che sono Beatrice Barison, giovane pianista veneta al debutto cinematografico, Valentine Bellé (la madre), Paolo Pierobon (il padre) e Sonia Bergamasco (la zia), la quale ritrova la regia di Giordana a vent’anni da La meglio gioventù.
Un’ultima curiosità. Il film è dedicato alla regista Chantal Akerman, suicidatasi nel 2015. Giordana ha detto che la cineasta, sua coetanea, aveva un rapporto complesso e distruttivo con la propria madre e perciò lui ha sentito di doverle dedicare il film.