Sestante

Il mistero di Ligornetto, il villaggio degli scultori

Dal Vela a Selmoni, dall’Abbondio a Soldini: come mai alcuni degli scalpelli più noti della Svizzera sono nati nel paese momò? - LE FOTO
La tomba del vela al cimitero di Ligornetto. C’è l’Ecce Homo del Vela stesso e, ai suoi piedi, sotto un cassone giallo la statua del Vela sul letto di morte, fatta da Gottardo Induni e sotto restauro. © CdT/ Chiara Zocchetti
Carlo Silini
05.10.2019 06:00

A Ligornetto sono nati, cresciuti e/o si sono fermati diversi scultori di gran lustro. È solo un caso o c’è un invisibile «genius loci»? Con Ivo Soldini proviamo a capire le ragioni dell’inusuale concentrazione di talenti in un agglomerato con poco meno di duemila anime, storica terra di contrabbandi, campi di mais e scultori, appunto.

Il percorso

Sulla strada tra Rancate e Stabio sostiamo nel cimitero accanto alla chiesa di San Giuseppe per verificare lo stato della tomba di Vincenzo Vela (1820-1891). Avevamo letto su «L’informatore» che era sotto il bisturi dei restauratori. L’Ecce Homo scolpito dal Vela splende davanti al marmo rosso che fa da sfondo al tempietto (vedi foto sotto il titolo), anch’esso tirato a lucido. La statua della salma dello scultore sul letto di morte, opera di Gottardo Induni e altri scultori, giace sotto un cassone di legno giallo, segno che i lavori non sono ancora terminati.

Girovaghiamo tra i sepolcri, perché quello non è solo un camposanto, ma un museo a cielo aperto (con tanto di guida artistica, curata da Giovanni Piffaretti con fotografie di Liliana Holländer). Si potrebbe scrivere un’antologia degli scalpellini: ci sono alcune donne oranti di Pietro Piffaretti (1903-1938) allievo di Apollonio Pessina (1879-1958), che dal canto suo ha lasciato un paio di toccanti Madonne col bambino a piangere sui resti dei ligornettesi. E molti altri pezzi di bravura di picasass ignoti, gente di bottega dei maestri più famosi.

Un giardino speciale

Risaliamo in macchina e arriviamo all’inizio del paese, notando mentalmente, sulla destra, Casa Pessina che prende il nome dal già citato artista. Ad attirare l’occhio sono le sculture in giardino, dove si ergono dei giganti: le grandi statue di Ivo Soldini, oltre a un gatto (secondo noi randagio) di Remo Rossi. Avanziamo di qualche metro ed ecco tre figure verticali in bronzo, sempre del Soldini. Ci tuffiamo in via Canton Sura. Intonacata nella parete di un edificio sulla destra, osserviamo la targa che indica che «in questa casa il giorno 3 maggio 1820 nacque Vincenzo Vela». Onore al vip.

Le altre presenze

Dall’altra parte della strada c’è una vetrina con alcune opere dello scultore Gianmarco Torriani, nato a Mendrisio nel 1961. Pochi passi e siamo davanti al bar Centrale dove si può ammirare la scultura del Pessina «Uomo dolente». In fondo alla via, questione di qualche centinaio di metri, ecco l’elegante villa bianca in cima alla collina che ospita il Museo Vela. Una perla d’arte nel verde. Se proseguissimo verso sud arriveremmo a Stabio, dove è nato Natale Albisetti (1863-1923) notevole uomo di scalpello riscoperto di recente. Ma non proseguiamo. I pezzi del puzzle si ricompongono dentro di noi. Anzi, ne arrivano di nuovi perché, pensando pensando, ci viene in mente che a Ligornetto hanno trovato dimora anche altri scultori di vaglia: Pierino Selmoni (1927-2017) per esempio. Ma qui è nato pure un altro scultore noto: Milo Cleis, che tiene ancora oggi il proprio studio in paese e in questo periodo si occupa della ristrutturazione di alcuni elementi della chiesa parrocchiale. Senza dimenticare, tornando indietro nel tempo, il grande Carl Burckhard (1878-1923), padre della scultura moderna svizzera. Era basilese ma, vai a capire perché, è venuto a spegnersi proprio a Ligornetto. L’elenco può bastare e impressiona. Come si spiega il legame tra la scultura – o meglio, gli scultori – e un paesino a ridosso della frontiera italiana?

Ai piedi del San Giorgio

Certo, siamo ai piedi del San Giorgio, una montagna che è stata una formidabile fucina d’artisti, con le sue cave di pietra e marmi che hanno impiegato generazioni di scalpellini, i «picasass» (sopra; operai al lavoro nelle cave di marmo di Arzo, foto Maffi). Anche il Vela è partito da lì. Ma la spiegazione non basta: alle pendici del San Giorgio non c’è solo Ligornetto. È l’ultimo pensiero prima di incontrare Ivo Soldini.

I suoi occhi sorridono. L’artista dischiude il portone di casa, nel nucleo di Ligornetto - ça va sans dire -e si limita a dire che «sì, c’è qualcosa. Come in Toscana». Non ci basta. Cosa prova ad abitare a due passi dal museo Vela?, gli chiediamo «È aria di casa». Tutto qui. Forse perché può parlare solo per sé: «Non avrei potuto fare un altro mestiere», spiega, «anche se i miei professori mi spingevano verso l’insegnamento. Vedendo che in epoche precedenti, più dure, i miei antenati hanno fatto quello che hanno fatto, io ho cercato di farlo oggi». Nei confronti degli illustri scultori d’antan «presumo ci sia un rispetto, perché alla fine ciò che conta è il lavoro. E loro erano grandi lavoratori. Non li ho conosciuti, ovviamente. Certo che è meglio respirare un’aria così che non quella del Sahara, dove mi dicono che il silenzio sia il rumore più forte di tutti».

Lo «zio» Antonio

«Un’aria così», dice Soldini. Vuol dire qualcosa che respiri nell’aria, ma anche: sangue che scorre nelle vene. «Queste sculture sono dello ‘zio’ Antonio – dice indicandoci alcuni fregi in un angolo della casa - è nato nel 1839 ed è morto nel 1877. Era il migliore allievo del Vela», aggiunge con orgoglio. All’imbocco della corte c’è un medaglione, scolpito dal Vela stesso, cinto da un intrico di foglie secche a forma di cuore. «Un omaggio all’allievo morto prematuramente». Sarà la luce del pomeriggio, ma a noi sembra che assomigli maledettamente a Johnny Depp. E capisci che tra quelle mura scorre un filo impalpabile che unisce le vecchie generazioni a quelle successive.

«Qui c’è il mio bisnonno (anche questa, detto per inciso, è un’opera del Vela del 1853, ndr). Non era scultore, diversamente da suo figlio, mio nonno Domenico». Soldini ne conserva un ritratto fatto da un altro Vela dal pennello facile, Spartaco. «Era nato nel 1881 e poi è emigrato a Zurigo». Ci mostra dei disegni del 1899 «e quei rilievi li ha fatti a 16 anni! Sua mamma, che è poi la mia bisnonna, era una francese di Aix en Provence».

Sorseggiando il caffé

Poi mi introduce in cucina e prepara due caffè. C’è un sottofondo appena percettibile di musica classica. Sulla parete che dà sulla strada una sorta di albero genealogico dei Soldini. E una splendida tempera di Richard Seewald che rappresenta un prete mentre si incammina verso la chiesa di Maggia. Data dell’opera: 1910. «Seewald era di Colonia, amico di Klee, e aveva comperato dei terreni a Ronco, dove sosteneva di avere trovato il suo posto d’elezione. Stava scritto nel nome: See und Wald». Nomen omen.

Sotto il crocifisso

Uscire verso la corte è come entrare in un museo. C’è un crocifisso del Settecento che pende dall’alto. Poco prima del cortile, in una sorta di teca al livello del pavimento, la piccola statua di un angelo senza testa, «l’ha fatta Natale Albisetti». Del concittadino Pessina possiede due opere, in realtà paesaggi dipinti. Altro che aria, qui gli artisti si intrecciano e si inseguono attraverso i secoli.

Del resto siamo nella casa paterna di Ivo, un edificio che appartiene ai Soldini da sette generazioni. «Nell’antichità, mi aveva spiegato lo storico Giuseppe Martinola (morto nel 1990, ndr), questo doveva essere un convento» (e così si capisce quest’aura di sacro). «Ho viaggiato e viaggio molto, a vent’anni ero già in America, ma alla fine resto strettamente legato al Mendrisiotto, quello vero, quello che ho visto cambiare, diciamo così, dagli zoccoli alle banche». Oggi la casa mantiene la struttura della classica corte interna dei nostri antichi nuclei abitativi: un cortile intorno al quale si sviluppa il complesso edilizio. Qui vive l’artista e si possono ammirare numerosi gessi delle sue opere. Impressionante. Soprattutto quando spostandosi dal portone alla corte si attraversa un’autentica gipsoteca. Nel passaggio dalla luce abbagliante dell’esterno alla penombra dell’antro d’ingresso, indovini appena i dettagli delle sculture.

La scena esplode nella corte stessa, piena di statue, perlopiù figure umane verticali, due – un uomo e una donna - color rosso fuoco, osservate dall’alto dei ballatoi da altre creazioni artistiche, che spiccano bianche tra ampi tendaggi blu notte. Il pavimento del cortile dove sono disposte le sculture è fatto a ciottoli. Fra le pietre tondeggianti scintillano monete e gocce di vetro trasparente. «Piccoli soldi - scherza lo scultore spiegandoci l’arcano – Soldini». Di nuovo: nomen omen. «E poi mi piace immaginare che qui, dentro questa corte chiusa, cadano le stelle».

Beh, ecco una spiegazione poetica del mistero artistico di Ligornetto: ci piovono le stelle.

UNA PARATA DI NOMI ILLUSTRI

Ma chi sono gli artisti dello scalpello che sono in un modo o nell’altro legati al villaggio di Ligornetto? Ecco un elenco (incompleto) di quelli più noti.

Vincenzo Vela

Nasce a Ligornetto. Lavora giovanissimo nelle cave di Arzo dove dimostra un talento precoce, tanto che nel 1833 si trasferisce a Milano come apprendista scalpellino per poi frequentare l’Accademia di Brera ed entrare nella corporazione dei marmisti del Duomo. Diventa uno degli scalpelli più noti dei suoi tempi anche se oggi in Ticino lo si ricorda soprattutto per il monumento ai caduti della costruzione della galleria del San Gottardo ad Airolo (sopra, il gesso conservato al Museo Vela) e lo Spartaco nell’atrio del municipio di Lugano. Muore nel 1891 e il figlio Spartaco (1854-1895), pittore, ha donato la sua proprietà alla Confederazione. Nel 1898 Casa Vela venne inaugurata come sede museale.

Apollonio Pessina

È nato nell’omonima “Casa Pessina” di Ligornetto che oggi è un centro espositivo. Dopo la scuola elementare si era iscritto alla scuola di disegno di Mendrisio dove ottenne il primo premio (1894-1895). Lo si ricorda, tra le altre cose, per il Monumento della battaglia dei sassi grossi a Giornico e si distinse nell’arte funeraria. Ricevette commissioni da tutto il Ticino, dalla Svizzera interna e dall’alta Italia. La Casa, all’inizio del nucleo del paese venendo da Rancate, ospita un percorso espositivo a lui dedicato, con la biblioteca e gli archivi dello scultore. Fu anche deputato liberale al Gran Consiglio nel 1920. Sopra: una Madonna col bambino del Pessina nel cimitero di Ligornetto (foto Silini).

Natale Albisetti

Nato a Stabio nel 1863, l’artista fu influenzato dal Vela. Frequenta l’Accademia di Brera, ma poi si stabilisce a Parigi dove ha la possibilità di collaborare con il museo nazionale francese. Anche se caduto per diverso tempo nel dimenticatoio, le sue opere restano fra le più importanti all’interno del contesto artistico elvetico. Come l’Arnoldo di Melchtal (il bronzo è davanti al Museo della Civiltà Contadina) che gli valse nel 1900 una medaglia d’argento all’esposizione internazionale di Parigi. Nel Comune di Stabio sono stati collocati numerosi gessi e tre statue ed è visitabile una sua esposizione permanente in via Ufentina 6. Sopra: alcuni suoi gessi (foto Maffi).

Pierino Selmoni

Nato a Ventimiglia ma originario di Pedrinate. Lascia la Liguria dopo lo scoppio della guerra nel 1941 e si stabilisce a Brusino Arsizio, lavorando però nel Laboratorio di Ligornetto, che condivide con il figlio Paolo. Dopo gli studi artistici tra Lugano e l’Accademia di Brera inizia a lavorare su commissione di altri scultori, quali Jean Arp e Max Bill. Dal 1959 inizia a lavorare con lo scultore zurighese Paul Speck e con l’architetto Hermann Baur nella chiesa di S. Nicolao a Birsfelden. Numerosi i suoi interventi in collaborazione con altri architetti in chiese, piazze, parchi, edifici pubblici e privati anche all’estero. È morto nel 2017.

Ivo Soldini

È di Ligornetto e nasce a Lugano il 9 ottobre 1951. Frequenta il liceo della città, e si iscrive per un anno all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano (1972-1973). Studia poi all’Università Statale di Milano, alla facoltà di scienze politiche e in lettere e storia dell’arte. Viaggia molto visitando gallerie, musei e incontrando artisti di svariati Paesi. Negli anni Settanta partecipa al Movimento 22. Nel 1973 avvia un’intensa attività espositiva in gallerie e sedi pubbliche o private in Svizzera e all’estero. Celebri i suoi “verticali”, le “teste” e gli “inclinati”. Sperimenta il disegno e la pittura. Dal 1975 si dedica alla scultura di piccolo e medio formato, soprattutto in bronzo.

Milo Cleis

È attinente di Buckten, nel canton Basilea campagna ed è nato a Ligornetto l’11 maggio del 1936. Sua madre Lisa Cleis è nata Vela, mentre il padre è l’artista pittore Ugo Cleis, di cui si conservano alcune opere nel cimitero del villaggio. Dal 1955 vive e opera come scultore a Ligornetto. Dal 1968 al 2001 ha insegnato teoria delle forme plastiche, modellato e figura al Centro scolatisco per le Industrie Artistiche (CSIA) a Lugano; e dal 1998 al 2001 alla Scuola Universitaria Professionale (SUPSI), a Lugano.

COSA VEDERE

Il cimitero

Per farvi un’idea del patrimonio scultoreo di Ligornetto visitate il cimitero accanto alla chiesa di San Giuseppe. Il pezzo forte è la tomba di Vincenzo Vela. C’è un commovente Ecce Homo del Vela stesso e la scultura di Gottardo Induni e altri scultori con il Vela sul letto di morte (foto CdT sopra). Ma meritano una visita anche un paio di Madonne col bambino di Apollonio Pessina (tombe dei coniugi Carlo e Savina Pagani e della famiglia Maggi-Maggioni) e la cappella funeraria della famiglia di Giuseppe Piffaretti, con una figura femminile scolpita dallo stesso Piffaretti.

Il Museo Vela

Compendio dell’intera opera di Vincenzo Vela, il museo appartiene al novero delle più importanti case d’artista dell’Ottocento europeo. Ideata dal Vela stesso all’apice della carriera e trasformata in museo pubblico dopo la sua donazione allo Stato elvetico, accanto alla gipsoteca monumentale di Vincenzo Vela, il museo conserva i lasciti dello scultore Lorenzo Vela (1812-97) e del pittore Spartaco Vela (1854-95), una notevole quadreria ottocentesca di pittura lombarda e piemonetese, nonché centinaia di disegni autografi e una delle più antiche collezioni fotografiche private svizzere. La sala dei modelli è una sorta di pantheon del Risorgimento italiano su suolo elvetico, ospitando i ritratti dei protagonisti della stagione unitaria italiana con gessi di Cavour, Vittorio Emanuele II e Garibaldi. Da non perdere il gesso dello Spartaco o l’altorilievo su «Le vittime del lavoro», le bellissime statue funerarie e i piccoli capolavori di scultura di genere, come «Le tre bagnanti».

Casa Pessina

La casa natale dello scultore per dieci anni aveva ospitato rassegne di artisti della regione fino al 2013, ora Casa Pessina si propone quale spazio espositivo in cui presentare e far conoscere al pubblico giovani fotografi ticinesi. Ma nel giardino si possono ammirare diverse grandi statue di Ivo Soldinie uno splendido gatto di Remo Rossi.

Nel paese e in Casa Soldini

All’ingresso del paese troviamo altre opere del Soldini, mentre all’interno, davanti al Bar Centrale ecco un bronzo del Pessina. «L’uomo dolente». Abbiamo avuto anche la possibilità di entrare nella casa di famiglia di Ivo Soldini, che è un piccolo museo che contiene opere di vari artisti della zona. Oltre ad un’ampia scelta dei gessi e dei bronzi di Ivo Soldini stesso (vedi articolo principale), ci sono opere dello scultore Antonio Soldini (un busto e una figura femminile sdraiata) e un ritratto in gesso di Antonio Soldini, fatto dal suo maestro Vincenzo Vela (nella foto Silini sopra). Poi una madre e figlia di Pierino Selmoni. Ma numerose sono pure le opere di altri artisti importanti: Gonzato, Filippini, Marino Marini, Manzù, Remo Rossi e opere grafiche di Picasso, Klee, Lucio Fontana e Ossip Zadkine.