Il caso

Da Bob Dylan senza smartphone

Ai concerti del cantautore statunitense non si potrà usare quella che ormai è una nostra protesi – Ma non occorreva un Premio Nobel per capire che un’inversione di tendenza è necessaria per salvare tempo e vita
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Stefano Olivari
21.03.2023 11:45

Durante i concerti non si possono usare gli smartphone. Una banale regola di buona educazione che purtroppo ha bisogno di essere imposta: gli artisti che invitano i propri fan a concentrarsi sulla musica, o comunque a non disturbare, sono sempre di più ed il loro frontman non poteva che essere Bob Dylan.

Custodia

Non è una novità che il Premio Nobel 2016 per la letteratura sia un antipatizzante degli smartphone, non soltanto ai suoi concerti, ma vederlo in azione vicino a casa con il suo Rough and Rowdy Ways Tour potrebbe far prendere coscienza del problema a tanti: non è una questione di pirateria o di copyright, nell’era digitale in cui tutto può essere copiato in meno di un secondo, ma di diritto-dovere di ascoltare e guardare uno spettacolo. Interessanti quindi le regole che il genio di Blowin’ in the Wind e di tanto altro farà applicare nel suo tour in Italia, che per i suoi fan ticinesi significa fondamentalmente le due date al Teatro degli Arcimboldi di Milano, il 3 e 4 luglio prossimi. Come saranno? Abbastanza semplici, stando a quanto visto in altri concerti di Dylan: in pratica all’entrata gli spettatori dovranno mettere i loro smartphone in una custodia di neoprene che li coprirà totalmente, un sacchetto sigillato (l’azienda è la californiana Yondr) che potrà essere aperto e chiuso solo con un apposito strumento. Chi durante il concerto avesse necessità di telefonare potrà andare in una apposita area e farsi aprire la custodia dagli addetti (lo strumento è simile all’antitaccheggio dei negozi).

Phone Free Show

In sostanza gli spettatori non si separano mai dal loro smartphone, ma sono impossibilitati ad usarlo. E se all’entrata un furbo fingesse di non averlo, o ne avesse uno di riserva nascosto nelle mutande? La risposta sta soffiando nel vento, è proprio il caso di dirlo: non ci sono, né legalmente ci potrebbero essere, perquisizioni tipo Fantozzi durante Italia-Inghilterra, ma in caso di uso si è visto (soprattutto in America) l’intervento immediato della sicurezza. Concreto è anche il prezzo del cosiddetto Phone Free Show: 5 euro, da aggiungere al prezzo del biglietto. Dylan non è l’unico musicista a combattere l’uso degli smartphone ai concerti, ma è senz’altro uno dei pochi a potersi permettere questo atteggiamento senza timore di perdere pubblico. Hanno già sperimentato la custodia in neoprene Alicia Keys, Ariana Grande e i Guns ‘N Roses, per citare solo i più famosi, mentre in Europa sull’argomento c’è maggiore timidezza: molti artisti temono di sembrare ‘cattivi’ agli occhi dei fan, che considerano parte dell’esperienza anche il fatto di mandare agli amici i loro video fatti sul posto. E l’effetto accendino, in un’epoca in cui non fuma più nessuno, dove lo mettiamo? Insomma, una regola che possono far rispettare soltanto i più grandi, quelli con il tutto esaurito a prescindere.

Luddite Club

Anche nel 2023 Dylan è stato capace di intercettare lo spirito del tempo, per lo meno del tempo di una certa fascia socioculturale. I movimenti antitecnologici ed in generale contro ogni innovazione esistono da secoli, ma ovviamente sono costretti a rinnovarsi visto che devono sempre inseguire un nuovo nemico. E lo smartphone, con le sue tante funzioni e quindi i tanti vecchi oggetti che ha sostituito (agenda, lettore musicale, calcolatrice, televisore, orologio, macchina fotografica, navigatore, eccetera) è il nemico ideale. Qualche giorno fa tutti abbiamo letto, ovviamente sugli smartphone, che in un liceo di New York, la Murrow High School, è nato un club di ragazzi che si incontrano ogni domenica rispettando una sola regola: niente smartphone. Si chiama Luddite Club, con evidente autoironia (Ned Ludd era l’operaio inglese che a fine Settecento distrusse una macchina tessile dando inizio a una grande rivolta di persone che si sentivano sostituite dalle macchine), ed è composto da ragazzi che in generale usano poco lo smartphone e niente i social network, da cui quasi tutti sono usciti dopo averli scoperti bambini. Una specie di rivolta silenziosa contro le Big Tech ma anche gli stessi genitori sempre incollati a WhatsApp e angosciati quando la spunta blu ritarda di qualche secondo

Tempo

La lotta contro lo smartphone, o più realisticamente l’obbiettivo di un suo uso limitato, parte da dall’esperienza quotidiana di coppie che al ristorante cenano con ognuno che guarda il suo schermo, di bambini che non si concentrano per più di 30 secondi e di persone che non riescono più a trovare il tempo per niente. La classe di età che usa maggiormente lo smartphone è quella dei Millennial (nati dal 1981 al 1996), con circa 6 ore al giorno, mentre la più giovane Generazione Z (nati dal 1997 al 2012) lo usa in media un’ora di meno. Il padre e la madre di tutti i problemi legati allo smartphone si chiama multitasking, cioè lo svolgimento di più attività, lavorative o di svago, in contemporanea. Parliamo attraverso lo smartphone mengtre controlliamo le email, le notifiche di Instagram o di altri social network, le previsioni del tempo, i messaggi su WhatsApp, il risultato di una partita…. Un’infinità di studi neuropsicologici, ma basterebbe l’esperienza personale di ognuno di noi, dice che il media multitasking ha prodotto una enorme riduzione dell’attenzione sia negli adulti sia nei bambini, con danni tutt’altro che collaterali come ansia, depressione e impulsività. I like attivano infatti i circuiti della ricompensa, dal punto di vista psicologico riceverne pochi significa esclusione e punizione. Fra il luddismo snobistico e le giornate buttate via aggiornando i propri social network manca ancora una presa di coscienza equilibrata, che accetti lo smartphione come una bellissima cosa che però non ci deve rubare il tempo, a meno che non lo vogliamo. Bob Dylan ci insegnerà il concetto per 5 euro, ma potremmo arrivarci anche gratis.