Eurovision 2022

«La nostra canzone inno della resistenza ucraina... per caso»

Gli ucraini della Kalush Orchestra raccontano al Corriere del Ticino: «A Torino per dimostrare che la musica è più forte delle bombe russe»
Mattia Sacchi
14.05.2022 17:34

Sin dall’inizio dell’Eurovision erano i grandi favoriti alla vittoria. A poche ore dall’inizio della finale, con la maggior parte degli spettatori che ormai conosce il loro brano in gara, lo sono ancora di più. La Kalush Orchestra ha saputo conquistare anche gli scettici grazie alla loro musica, un mix ben riuscito tra il rap e le sonorità tradizionali della loro terra. Loro terra che, a dispetto di quanto si possa pensare, non è all’origine di «Stefania», il brano che hanno portato a Torino e che è diventato un vero e proprio inno alla resistenza. A spiegarlo al Corriere del Ticino lo stesso Oleh Psjuk.

«Il campo fiorisce e diventa grigio/Verrò sempre da te su strade dissestate». Oleh, il testo di «Stefania» è diventata per molti ucraini, e non solo, un cantico di resistenza…

«A dire il vero è stata scritta molto prima dello scoppio della guerra. È dedicata a mia madre, alla quale ho dedicato parole che avevo dentro me da tempo. Dopo quanto sta succedendo in Ucraina il suo significato si è esteso, proprio per le persone che ascoltandola hanno pensato alle madri, sia quelle «naturali» che quelle rappresentate dal paese in cui vivono e per le quali sono disposte a lottare. Sono magie che solo un potente mezzo come la musica può realizzare».

Ormai siete gli assoluti favoriti per la vittoria finale.

«Non voglio peccare di arroganza, ma noi ci siamo sempre sentiti favoriti. Eravamo già convinti che il nostro brano fosse ben costruito e che non avremmo avuto bisogno di altri fattori esterni. Anzi, ne avremmo fatto volentieri a meno. Dopo l’esibizione di martedì probabilmente anche chi partiva con pregiudizi verso di noi si è dovuto ricredere. Alla fine è un evento musicale e noi è tutta la vita che lavoriamo per questi momenti. Non ci siamo invece mai preparati a dover fuggire dalle bombe o imbracciare armi».

A questo proposito, alcuni membri del gruppo non sono con voi, tra chi sta combattendo e chi si sta impegnando come attivista. Con che spirito siete qui?

«I nostri compagni, come tutti i nostri connazionali, sono nel nostro cuore. E per questo a Torino portiamo la nostra personale resistenza, nella quale dimostriamo che la cultura ucraina ha un anima profonda e forte e soprattutto è ancora viva. Questo contesto internazionale per noi è fondamentale per far vedere che ci sono cose che nessun autoritarismo potrà portare via a chi crede nel bene».

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