Cannes

Sean Penn guida l’ambulanza

L’attore è un paramedico in crisi nel film «Black Flies» girato a New York dal francese Jean-Stéphane Sauvaire – Insieme al sorprendente documentario «Jeunesse (Printemps)» del cinese Wang Bing è il titolo piu interessante visto finora in concorso
Antonio Mariotti
19.05.2023 08:53

Lo schema è quello classico di tante serie tv e film di successo: due uomini, preferibilmente uno esperto del mestiere e l’altro agli esordi, percorrono senza tregua le strade di una metropoli americana in attesa di venir chiamati sul luogo dove è appena accaduto un fatto che richiede il loro intervento. In Black Flies, il 54.enne regista francese Jean-Stéphane Sauvaire, attivo negli USA e conosciuto soprattutto per alcuni film di genere (guarda caso), non fa altro che cambiare il tipo di personaggi di solito protagonisti di queste vicende, sostituendo i classici poliziotti con due ambulanzieri. Ciò gli permette, da un lato, di mantenere lo stesso tipo di ambientazione, soprattutto quando i due sono chiamati a intervenire sulla scena di un fatto di sangue, ma d’altra parte di rovesciare la prospettiva dei protagonisti. Il loro compito principale non è infatti quello di fare rispettare la legge ed assicurare i colpevoli alla giustizia, bensì quello di salvare vite umane. Un compito per nulla semplice, sia perché spesso le condizioni delle vittime sono troppo compromesse, sia perché queste non vogliono essere salvate, oppure sono circondate da persone che ostacolano in tutti i modi il loro ricovero in ospedale. A questi paramedici - che vivono, letteralmente, una vita d’inferno senza poter né mantenere unita una famiglia né sviluppare relazioni sociali - può quindi accadere di sostituirsi al destino, scegliendo chi salvare e chi no a seconda delle proprie convinzioni. È quanto succede a Gene Rutkovsky (Sean Penn) che da anni percorre le strade di New York alla guida di un’ambulanza e che da qualche mese è accompagnato da Ollie Cross (Tye Sheridan) che quel mestiere lo ha scelto solo in attesa di concludere i suoi studi in medicina. Una coppia ben assortita, all’interno della quale nasce il classico rapporto padre-figlio che non si appiattisce però mai in un’assoluta unità di vedute. Al contrario, gli screzi non mancano e ciò permette a Sean Penn di tornare a mettere in mostra quella stoffa d’attore di cui si erano perse le tracce da tempo immemorabile. Il regista dimostra una bella padronanza tecnica a livello di immagini e di suono che mantiene costante la tensione senza rinunciare alla riflessione.

La Cina dei giovani poveri

Immaginatevi di entrare in uno delle migliaia di atelier dell’industria tessile in una qualsiasi città cinese e di assistere alla vita quotidiana dei giovani immigrati dalle campagne che lì non solo lavorano ma vivono 24 ore su 24 con l’obiettivo di guadagnare il più possibile nel minor tempo possibile grazie al sistema del cottimo. È quanto accade, senza filtri e grazie a una tecnica di ripresa i cui segreti non sono facili da decifrare, in Jeunesse (Printemps), il nuovo documentario-fiume (3 ore e mezza di durata) del regista cinese Wang Bing, non nuovo a queste imprese. Un documento prima di tutto etnografico e sociologico ma non certo privo di agghiaccianti risvolti politici sull’esercizio del potere e il destino delle giovani generazioni nella Cina di oggi.

Koreeda senza spontaneità

Ha deluso invece Monster, nuova opera del giapponese Koreeda Hirokazu (Palma d’oro nel 2018) che per la prima volta si affida a uno sceneggiatore (Yuji Sakamoto) per raccontare, da tre punti di vista, la vicenda di un ragazzo maltrattato da un insegnante. Un film troppo costruito, privo di qualsiasi spontaneità (a differenza degli altri del maestro nipponico) e freddo, nonostante la suggestiva colonna sonora di Ryuichi Sakamoto alla cui memoria Monster è dedicato. Infine poco da dire su Le Retour di Catherine Corsini (vedi articolo sotto), la cui premessa (una donna africana che sposa un uomo corso e va a vivere nel suo villaggio sperso tra le montagne dove resiste appena un paio d’anni prima di scappare con le figliolette) è troppo debole per far apprezzare le riflessioni sul senso della famiglia che le fanno da corollario. Poco efficace anche la rappresentazione di un mondo giovanile che sembra più vicino a quello di alcuni decenni fa che non a quello di oggi.

Tutto ciò in attesa dell’ultimo capitolo della saga di Indiana Jones (Il quadrante del destino) al debutto oggi sulla Croisette alla presenza di Harrison Ford.

Quinzaine des Cinéastes: Souleymane Cissé e Quentin Tarantino

La 55. edizione della Quinzaine des Réalisateurs - da quest’anno Quinzaine des Cinéastes - ha preso il via mercoledì sera con un omaggio al grande regista maliano di Yeelen Souleymane Cissé al quale è stata assegnata la Carrosse d’or. Ospite della giornata di chiusura della rassegna sarà invece il cineasta e cinefilo USA Quentin Tarantino che presenterà un film a sorpresa e ne discuterà con i presenti.