Musica

«Un viaggio unico tra i suoni della natura dall’alba alla notte»

Pierre-Laurent Aimard parla del «Catalogue d’Oiseaux» di Messiaen che eseguirà domenica alle Settimane di Ascona
Il pianista francese Pierre-Laurent Aimard.
Luigi Di Fronzo
07.09.2019 06:00

Una giornata emozionante fra musica e natura, con quattro concerti in luoghi altamente suggestivi rilancia domani, domenica 8, le Settimane musicali di Ascona. Il pianista francese Pierre-Laurent Aimard diluisce il Catalogue d’Oiseaux di Olivier Messiaen dall’alba a notte fonda, iniziando alle 7 al Lido di Ascona, proseguendo alle 11.30 al Monte Verità e per il tramonto alle 17 sul sagrato della chiesa di San Martino di Ronco s./Ascona, per chiudere alle 22 nella chiesa del Collegio Papio. I concerti si terranno con qualsiasi tempo: per ogni postazione all’aperto è prevista un’alternativa al coperto. Una creazione ispirata al canto di molti uccelli che il compositore-ornitologo francese stilò a metà degli anni ’50 e che Aimard sciorina da gran conoscitore d’avanguardia, essendo stato fra l’altro allievo della moglie Yvonne e avendo vinto nel 1973 la Messiaen Competition. E a lui toccherà anche chiudere il festival l’11 ottobre, suonando il Terzo Concerto di Béla Bartók con l’Orchestra della Svizzera Italiana diretta da Markus Poschner.

Maestro Aimard, qual è il significato della composizione d Messiaen?

«Catalogue d’Oiseaux è una raccolta completamente fondata sul concetto di natura, che elenca il cinguettio di quasi 80 specie di uccelli presenti in diverse regioni di Francia. Lo fa in modo nuovo, cercando anche di descrivere il contesto ambientale e il lento trascolorare della luce durante il giorno, dall’alba al tramonto inoltrato. In un certo senso si ricollega ad una lunga tradizione tardo romantica che parte da Liszt, aggiornandola in chiave moderna».

Come nacque questa incredibile raccolta?

«Fu un progetto speciale scaturito negli anni Cinquanta, quando Messiaen cercava di concepire un nuovo linguaggio in modo rivoluzionario. Aprendosi alle tematiche d’avanguardia e utilizzando inedite tracce sonore, anche attraverso strumenti elettronici. In questo senso è lo specchio perfetto della capacità di ricerca di quei momenti».

Ci furono risvolti intimi nella creazione?

«Certo, il compositore stava passando attraverso una crisi personale molto profonda, perché la sua prima moglie, la violinista-compositrice Louise Justine Delbos detta Claire, era molto malata e al tempo stesso lui era molto legato a Yvonne Loriod che sarebbe stata la sua seconda moglie, alla quale avrebbe dedicato la raccolta. Si trovava in situazione di grande blocco psicologico e questa musica riuscì a rappresentare un atto di forte e piena libertà, rispetto a tanti pezzi precedenti».

Che ricordi ha di lui?

«Quelli di un artista capace di catturare l’essenza profonda del suono in ogni situazione. Con una capacità analitica pazzesca, sia che fosse in un ambiente chiuso che ad esempio su una barca. Annotava ogni minuscolo dettaglio dei suoni che lo circondavano nella vita reale e tutte le note delle sue partiture lo dimostrano. Era un tipo molto calmo e paziente. Fui quasi adottato da lui e da Yvonne che mi portavano con loro in tournée, nelle prove o alle lezioni. Talvolta teneva anche delle lezioni extra per me, analizzando i pezzi che stavo suonando. Un sogno».

Cosa rappresenta per lei suonare all’aperto?

«Un’emozione in più. Da una parte si perde la perfezione acustica della sala da concerto, ma dall’altra si guadagna in termini di atmosfera e di suggestione».

Perché nell’appuntamento conclusivo ha scelto il Terzo Concerto di Bartók?

«Perché è un pezzo magico, che ha un secondo movimento lento ispirato anch’esso al canto degli uccelli. Poschner è un ottimo direttore e non vedo l’ora di lavorare con lui».