Un'avventura a ritroso nel tempo

«È stata una sorta di avventura all’indietro nel tempo e soprattutto alla scoperta delle nostre radici famigliari, iniziata dopo che nel febbraio di due anni fa, a 97 anni, è morta mia madre Nora. Aveva uno spirito da raccoglitrice e fra le mani mi sono ritrovato delle scatole piene di fotografie, molte d’epoca». Così esordisce don Arturo Cattaneo, professore di Diritto canonico alla Facoltà di Teologia di Lugano e autore de I Rusca della Cassina d’Agno – Un ramo illustre del casato che fece la storia moderna delle terre ticinesi, dato alle stampe lo scorso aprile dalla Fontana Edizioni e presentato ieri ad Agno dallo stesso don Arturo e dallo storico Pietro Montorfani, responsabile della Biblioteca Salita dei Frati a Lugano.

Non è un libro di storia ma piuttosto un album di famiglia, in cui don Arturo ha raccolto un bel numero delle foto conservate con cura dalla madre e ha ricostruito gli alberi genealogici non solo della sua famiglia, ma di parecchie altre che si sono intrecciate. «Molte fotografie erano prive dei nomi delle persone ritratte, adulti, anziani, giovani o bambini che fossero. Ho quindi creato un sito internet e invitato parenti vicini e lontani a darmi una mano per cercare di ridare un nome, una collocazione nel tempo e negli alberi genealogici che risalgono fino all’antico casato dei Rusca, dal quale discendeva anche mia madre per via materna. Nel corso del lavoro di ricerca che ha portato a questo libro non sono mancate le sorprese. E il bello è che ci sono stati anche parenti del giorno d’oggi – certo lontani ma non per questo meno interessati a conoscere le loro radici – che si sono poi incontrati per la prima volta».

Già, perché don Arturo Cattaneo, prima dell’estate, ha voluto organizzare un incontro a Manno, dove ha raccolto attorno a lui un centinaio dei discendenti dei Rusca della Cassina d’Agno e di altre famiglie le cui storie si sono incrociate e legate con quella di questo casato. «È stata una riunione all’insegna dell’allegria e pure della scoperta e della conoscenza reciproca che ha riunito anziani, adulti, giovani e bambini. Quella è stata davvero una bella domenica».
A don Arturo Cattaneo non abbiamo chiesto di svelarci tutto del libro che ha scritto, anche perché rischieremmo di togliere il piacere della scoperta – e pure qualche sorpresa – a chi volesse leggerlo. Qualche citazione è comunque d’obbligo. «Si può leggere che noi Cattaneo – e non solo noi – siamo imparentati con i Noseda del John ex procuratore generale del Canton Ticino, il cui nonno e suo omonimo, nel 1945, venne ucciso con un colpo di rivoltella alla nuca nel suo studio di avvocato a Chiasso. Oppure che siamo molto vicini ai Tarchini da cui discende l’imprenditore Silvio e che abbiamo legami con i discendenti di quel Michele Raggi che sul finire dell’Ottocento partì da Morcote per fondare una florida azienda agricola in Russia, e alla cui avventura venne messa bruscamente la parola fine dalla Rivoluzione d’ottobre. Ci sono poi i Soldati di Neggio, il cui avo Agostino fondò il Corriere del Ticino. Soldati che fecero fortuna in Argentina, così che per me è stato interessante ricostruire pure le storie legate all’emigrazione in Sudamerica. O quelle relative a famiglie della Svizzera tedesca i cui membri hanno legato a doppio filo il loro destino con il Ticino, in particolare attraverso i matrimoni. Di conseguenza, ecco spiegato, almeno in parte, il sottotitolo del libro, ossia Un ramo illustre del casato che fece la storia moderna delle terre ticinesi».

Quanto alle sorprese, sorprendente è anche la storia personale di don Arturo Cattaneo, il cui padre Aldo a Lugano era noto non solo per la sua farmacia ma pure per la grande passione per la montagna, condivisa con la moglie Nora prima e i figli in seguito. «Prima di diventare sacerdote ho studiato da architetto al Politecnico federale di Zurigo e verso la fine degli studi ho pure vinto un premio alla Biennale di architettura a San Paolo del Brasile con un progetto fatto insieme ai miei giovani colleghi Andrés Carosio e Ulrich Wolf e che riguardava il rinnovo della Langstrasse di Zurigo, dai più conosciuta per essere malfamata. Solo successivamente ho scelto di diventare un architetto dello spirito, dedicandomi quindi agli studi teologici».

Tornando al libro e alle ricerche svolte, chiediamo a don Arturo che insegnamenti potremmo trarre da operazioni di recupero della memoria come quella che ha intrapreso? «Credo che la cosa più importante sia di acquisire la consapevolezza di quanto dobbiamo essere grati ai nostri progenitori per tutto ciò di cui godiamo al giorno d’oggi. E non lo dico pensando solo alla storia delle famiglie di cui ho scritto, bensì in generale, alla società nel suo complesso. Infatti, se in un cantone come il Ticino – benché ci siano ancora persone alle prese con difficoltà e ristrettezze – si è raggiunta un’apprezzabile prosperità, è grazie al lavoro e alle opere a cui si sono dedicati i nostri avi. Molte persone si sono date da fare, affinché i loro figli e nipoti potessero godere di condizioni sempre migliori. Considerazioni che suscitano sentimenti di gratitudine ma anche di responsabilità».