Gaming

Elden Ring, il gioco che sembra odiarvi

Il nuovo «Souls» di From Software sviluppato insieme all’autore de Il Trono di Spade è impegnativo come pochi videogiochi, ma anche capace di regalarvi soddisfazioni favolosamente uniche
Paolo Paglianti
28.02.2022 20:01

Elden Ring è un gioco in cui si muore. «Bella scoperta», direte voi: è normale che in un videogioco d’avventura, in cui si esplora un mondo fantasy pieno di fantasmi, troll e draghi, si corra il rischio di lasciarci le penne. Ve lo assicuriamo, Elden Ring non è come tutti gli altri videogiochi: è l’università dei videogame punitivi, sembra godere quando vi fa fuori proprio quando meno ve lo aspettate, penserete che vi odia per le pene che vi farà passare.

Questo perché Elden Ring è firmato From Software, sviluppatore nipponico che nel 2009 lanciò Demon’s Soul per PlayStation 3. Mentre l’industry dei videogame in quegli anni cercava in tutti i modi di venire incontro ai videogiocatori creando titoli sempre più «user friendly», semplici da capire, con tutorial che spiegavano tutto al giocatore e lo accompagnavano per mano ovunque, Demon’s Soul era criptico nelle spiegazioni, persecutorio nei combattimenti, ostico a ogni passo. Quando il giocatore veniva ucciso (e succedeva spesso) si resettava il livello: non c’erano punti di salvataggio, bisognava rifare completamente il percorso fin dall’inizio, combattendo di nuovo contro tutti i nemici, dal più insignificante soldato scheletrico alla guardia super corazzata. Demon’s Souls colpì al cuore i gamer per la sua difficoltà non comune, e conobbe un successo planetario creando di fatto un nuovo genere di videogiochi: i «Souls», i videogiochi che bistrattano, puniscono, fanno arrabbiare il giocatore.

Un nuovo «Souls»
Elden Ring è il nuovo «Souls» realizzato da chi quel genere l’ha inventato. Lo attendevano in moltissimi anche perché si avvale della collaborazione di un altro pezzo da novanta che di morti violente se ne intende: George R. R. Martin, l’autore de Il Trono di Spade, la saga fantasy di romanzi (diventata poi anche serie TV) in cui i personaggi principali invariabilmente muoiono male e improvvisamente, lasciando sotto shock i fan e i lettori.

Iniziamo la nostra avventura in Elden Ring in una oscura caverna. Come da tradizione dei «Souls», non ci viene spiegato molto del mondo in cui ci troviamo e della nostra missione, ma una cosa è chiara: per sopravvivere e per andare avanti, bisogna combattere. Dopo aver scelto la nostra classe di personaggio – si va dal classico Guerriero al Samurai, dal Prigioniero al Confessore e c’è persino l’Astrologo – si inizia a esplorare timidamente le prime gallerie sotterrane. Completato il tour iniziale e abbattuto il primo miniboss, si può attraversare il portone e uscire là fuori, nell’Interregno. L’enorme, gigantesca novità di Elden Ring rispetto ai «Souls» passati di From Software è che non ci muoveremo in un «tunnel», in un percorso prefissato con un inizio e una fine, ma in un mondo completamente aperto, dove possiamo decidere dove andare e cosa esplorare.

Il panorama è affascinante: dalla collinetta dove emergiamo, possiamo vedere titaniche rovine all’orizzonte, un enorme albero dorato di luce sullo sfondo, e un torreggiante nemico a cavallo che pattuglia la strada di fronte a noi. Elden Ring ci dà una timida indicazione di dove dovremmo andare, ma non è un obbligo: possiamo girare per l’Interregno e esplorarlo come ci pare.

Scopritelo da soli
Non vi vogliamo spoilerare troppo, perché metà del divertimento di giocare a Elden Ring è scoprire da soli cosa vi aspetta, ma vi diamo un consiglio, nel caso in cui deciderete di giocarci: seguite il percorso indicato almeno per la prima oretta, perché vi porterà ad «acquistare» una serie di abilità che sono fondamentali per procedere. Per esempio, potrete mettere le mani sulla cavalcatura spettrale, Torrente, così vi muoverete più velocemente e vi aiuterà anche nei combattimenti. Scoprirete anche come sfruttare le «anime» degli avversari abbattuti per salire di livello e migliorare le vostre abilità, passo fondamentale per diventare più forti e resistenti.

Girare per Elden Ring è pura poesia videoludica. Troverete castelli abbandonati che raccontano di epici assedi dimenticati, torri e mura medioevaleggianti che nascondono tesori, caverne e grotte abitate da mostri di ogni tipo, enormi statue testimoni silenziose di una passata gloria. Vedrete una fortificazione in lontananza e vorrete andare a vedere «cosa c’è là», e difficilmente rimarrete delusi. Esplorando ogni angolo con un po’ di cura, troverete invariabilmente stanze segrete e grotte nascoste. È un gioco immenso, pieno di situazioni e cose da fare.

L’altra metà del divertimento
Se l’esplorazione è un vero spasso, l’altra metà del divertimento è riuscire a far fuori i nemici. Vi avvisiamo, non sarà una passeggiata, soprattutto per chi non è veterano dei precedenti «Souls». Ogni scontro richiede dedizione e impegno: per esempio, uno dei primi insediamenti che incontrerete sarà un castello in rovina controllato da un gruppo di guardie. Se in altri videogiochi potreste pensare di attaccare i nemici e farli fuori con un balletto di affondi, parate e finte, qua è proprio impossibile. In Elden Ring dovrete studiare la situazione, scoprire che quella guardia là potete eliminarla silenziosamente avvicinandovi alle sue spalle passando dai cespugli lì vicino; quell’altra potete farla fuori mentre è ancora seduta al falò del campo, ignara della vostra presenza; e poi dovete assolutamente occuparvi della guarda che va avanti e indietro per la strada principale, perché ha una tromba e se vi vede segnalerà a tutti di venire per combattervi. Infine c’è il capo, che ha uno scudo enorme ed è più potente di tutti i suoi compagni, e dovete decidere se attirarlo fuori dall’accampamento e sfidarlo a singolar tenzone, oppure affrontarlo dopo che avete decimato il corpo di guardia.

Se venite uccisi, si rifà tutto da capo. Non avete visto quella guardia là dietro? Siete morti. Venite notati dai cani da guardia che abbaiano e mettono tutti in allarme? Finirete male. Sbagliate una parata durante l’ultimo combattimento? Kaputt, e si riparte da zero. È Elden Ring, è un «Souls» d’autore. Ogni scontro, anche il più secondario, è un incontro impegnativo, e i combattimenti con i mini-boss vi prenderanno magari anche un’ora o due per essere compresi e risolti. Questo è, in buona sostanza, l’unico enorme difetto di Elden Ring: come tutti i «Souls» è un gioco esigente e richiede tantissimo tempo e moltissima passione. Non è un videogame da «mi ci metto dieci minuti prima di cena, tiro due fendenti e via». È un gioco dove dovrete scoprire da soli tante cose, dall’evoluzione del personaggio alla creazione di oggetti, dall’evocazione degli spiriti alleati all’uso di archi e incantesimi. Ma se entrerete in sintonia con il suo spirito letale, quasi sicuramente vi innamorerete di questo gioco unico, impegnativo e complicato all’ennesima potenza ma che regala soddisfazioni irripetibili. Riuscire dopo ore a eliminare quel miniboss enorme, quel drago che sembrava imbattibile, quella coppia di troll dà un appagamento sublime, che pochi videogame sanno dare. Solo, sappiate che Elden Ring richiede una quantità extralarge formato famiglia di tempo, pazienza e dedizione.

Da che età posso giocarci?
Elden Ring è disponibile per PlayStation 4 e 5, Xbox One e Series X|S, e PC. È tradotto in italiano (i testi, il parlato è solo in inglese) e ha una classificazione di età consigliata PEGI 16+.