Basket

«Ho deciso di andare avanti per scrivere un altro finale»

Dopo aver riflettuto tutta l'estate, Robbi Gubitosa ha deciso che continuerà a guidare la SAM Massagno – A convincerlo sono state diverse persone vicine al club, ma un ruolo importante lo ha avuto anche la moglie
Robbi Gubitosa si è preso tutta l’estate prima di decidere di restare alla guida della SAM. ©CdT/Gabriele Putzu
Fernando Lavezzo
06.09.2023 06:00

L’appuntamento è per le 14.00 al suo ristorante, il Fresco di Lugano. «Abbiamo mezz’ora, poi inizia la partita». Ovvero il quarto di finale mondiale tra Italia e Stati Uniti. Robbi Gubitosa non se lo vuole perdere: «Se mi rivedo in coach Pozzecco? Siamo entrambi focosi, ma lui è più emotivo di me».

Robbi, dopo averti visto in panchina durante il ritiro in Valtellina possiamo dirlo: il coach della SAM Massagno sei ancora tu.
«Sì, ho deciso di continuare dopo averci riflettuto per tutta l’estate. L’ultima stagione è finita malissimo. Non perché abbiamo perso la finale contro il Friburgo, ma per quello che è capitato in gara-3, con la mia espulsione e la squalifica in gara-4. Ero amareggiato, triste. Provavo un senso di ingiustizia. Ora avrò l’opportunità di scrivere un finale diverso».

L’ipotesi di non allenare più ti ha spaventato?
«Io non posso stare senza mia moglie e mia figlia, ma posso stare senza panchina. Dirò di più: a un certo punto ero convinto di smettere. Sono state alcune persone vicine al club a convincermi a proseguire: membri di comitato, sponsor, giocatori che avevano già deciso di restare alla SAM sapendo che ci sarei stato io. Anche mia moglie mi ha consigliato di andare avanti. Magari senza di me sarebbe andata meglio. Ma sarebbe stata una ripartenza da zero o quasi».

Come hai vissuto quella gara-4 di finale, da squalificato?
«Mi sono isolato a casa, mi avevano giustamente vietato di comunicare con la panchina attraverso cuffiette e affini. C’è stata solo una telefonata con il mio vice Cabibbo nell’intervallo. Nei primi 20 minuti, sopra di 13 punti, mi ero convinto che avremmo vinto. Poi siamo usciti dal piano partita e l’Olympic ci ha messi sotto. Errore nostro. Se avessimo portato la serie a gara-5, a Nosedo, chissà come sarebbe finita...».

Totò Cabibbo sperava di prendere stabilmente il tuo posto?
«A fine stagione abbiamo parlato a lungo. Gli ho chiesto se fosse pronto a prendere le redini di una squadra che aveva già vinto una coppa per provare a portarla ancora più in alto. Totò non si è tirato indietro, ma mi ha anche detto che - per come era finita l’ultima stagione - avrei dovuto continuare io. Gli ho chiesto di lasciarmi riflettere tutta l’estate. Volevo anche attendere la durata della mia squalifica».

Qual è il verdetto?
«Otto giornate, una già scontata. La decisione del giudice unico è arrivata il 31 agosto, ultimo giorno disponibile. Si è preso tutto il tempo e sinceramente non capisco perché, visto che non ha preso in considerazione nessuna delle nostre osservazioni. Ha pesato il fatto che io fossi recidivo, ma la considero una squalifica ingiustificata. Faremo ricorso. Non voglio entrare nei dettagli, ma vi garantisco che non ho fatto nulla di quanto ha dichiarato l’arbitro Clivaz. Mi auguro che la camera disciplinare sia più ragionevole».

Per oltre due mesi hanno lasciato un club nell’incertezza, senza fargli sapere se e quando avrebbe potuto contare sul coach

Otto giornate di squalifica comunicate il 31 agosto, a preparazione già iniziata. Fortunatamente tu hai un legame particolare, direi unico, con la SAM. Ma se fosse successo a un altro coach?
«Ora sarebbe disoccupato. Ed è l’aspetto più grave. Per oltre due mesi hanno lasciato un club nell’incertezza, senza fargli sapere se e quando avrebbe potuto contare sul coach».

Dopo l’espulsione di Gianmarco Pozzecco, allenatore dell’Italia, il suo presidente Petrucci gli ha tirato le orecchie. E il tuo?
«Ha tirato le orecchie a Clivaz».

In effetti tutta la comunità SAM si è schierata dalla tua parte.
«E non solo. Ne hanno parlato tutti i media della Svizzera. E quasi tutti hanno gridato allo scandalo. È stata una partita veramente brutta, rovinata da una persona che in campo ha creato un ambiente frustrante. I protagonisti devono essere i giocatori, non gli arbitri».

Il basket svizzero sta vivendo mesi caotici: la sospensione dello stesso Clivaz, le figuracce della Nazionale, le dimissioni del presidente di Swiss Basket Giancarlo Sergi per maggio. Qualcuno vorrebbe che Sergi lasciasse subito la carica. E Thabo Sefolosha sarebbe pronto a rimpiazzarlo. Come vivi la situazione?
«Io spero che Sergi rimanga fino al termine della prossima stagione. Così ci sarà il tempo per trovare il sostituto ideale. Alla guida della federazione serve una persona preparata, che abbia esperienza nella gestione di aziende e una rete di contatti con sponsor e partner. Un ex giocatore di NBA come Sefolosha potrebbe dare una grossa mano in altri ruoli, ad esempio come responsabile tecnico a livello giovanile».

Perché difendi Sergi?
«Come presidente ha svolto un buon lavoro. La federazione chiude ogni anno con degli utili, il suo operato di amministratore finanziario è positivo. Se si vuole dare la colpa a lui per tutto, anche per le Nazionali, io non sono d’accordo. Ma certi giochi di potere non sono nuovi nel nostro basket».

Se a Friburgo è finita un'era? Non saprei. Forse vogliono ridimensionarsi e ripartire con dei giovani per tornare ancora più forti tra un paio d’anni

A proposito di poteri: a Friburgo è finita un’era. Dopo l’allenatore Petar Aleksic, ha lasciato anche il presidente Philippe de Gottrau. Che idea ti sei fatto?
«Non saprei. Forse vogliono ridimensionarsi e ripartire con dei giovani per tornare ancora più forti tra un paio d’anni. Ma restano comunque il club e la squadra da battere».

Aleksic ti mancherà?
«No. Non abbiamo mai avuto un vero rapporto. Soltanto veloci strette di mano e fiamme negli occhi, figlie della rivalità. Finalmente, con l’arrivo di Thibaut Petit e Patrick Pembele, a Friburgo ci sarà uno staff tecnico che amo e stimo. Due miei amici. Quando allenava i Lugano Tigers, io e Thibaut Petit prendevamo il caffè insieme ogni giorno, di nascosto dai nostri presidenti».

L’anno scorso è stata una corsa a due tra voi e Friburgo. Ora il Ginevra è tornato ambizioso.
«È vero, i Lions hanno costruito uno squadrone, ma attenzione anche al Neuchâtel. Sarà una corsa a quattro. Con Friburgo e Ginevra davanti».

Avete cambiato tre stranieri su quattro. Perché?
«Ogni caso è diverso. Bogues, dopo una bella stagione da noi, ha ricevuto offerte importanti. James, a causa di problemi personali, non avrebbe potuto arrivare da noi prima di dicembre. Se sarà ancora disponibile, ci penseremo. Galloway, invece, non ci ha portato quello che ci aspettavamo».

Con Steinmann e Solcà avete aumentato le opzioni offensive, ma vi manca uno svizzero in posto 4 che possa alternarsi a Marko Mladjan. Giocherete spesso con due lunghi americani in campo?
«Capiterà, sì. Abbiamo preso Langford dal Monthey proprio per la sua versatilità sotto canestro. Complice la partenza di Andjelkovic, siamo un po’ scoperti. Alcuni elementi che ci interessavano si sono accasati altrove. Forse riusciremo a fare un innesto dell’ultima ora, altrimenti andremo avanti così. Nelle amichevoli in Valtellina ha funzionato bene e in allenamento ci aiuta Slokar. Inoltre, nel ruolo, abbiamo un giovane come Tanackovic, un nazionale U20 che ora deve iniziare a darci una mano».