Basket

La SAM cerca il match point con l’aiuto di Baldassarre

Stasera a Nosedo gara-2 della semifinale dei playoff contro l’Union Neuchâtel – L’ala della Spinelli, nel 2018 in forza ai Tigers, offre il suo contributo alla squadra di Gubitosa – «Conosco diversi giocatori - Sapevo di arrivare in una delle migliori compagini del campionato»
Patrick Baldassarre (a destra) ostacolato dal giocatore dell'Union Neuchatel Noè Anabir in gara-1 della semifinale. © (KEYSTONE/Ti-Press/ Elia Bianchi
Mattia Meier
10.05.2022 06:00

Quattro anni dopo l’esperienza a Lugano, Patrick Baldassarre è tornato in Ticino, nuovamente al culmine della stagione (nel 2018 arrivò alla partenza dei playoff), ancora con il compito di aiutare la nuova squadra a realizzare quel salto di qualità che la porti alla terra promessa. Quei Tigers, con tra gli altri «Ockee» Williams in campo insieme all’italo-svizzero, si fermarono in semifinale contro il Ginevra di Marko Mladjan e Kovac, che si prese la serie - «best of five» - in quattro partite. Con la sua nuova canotta targata Spinelli, Baldassarre vuole fare più strada, per chiudere al meglio, anche a livello personale, una stagione che lo ha visto navigare sul fondo della classifica della Serie A2 italiana, sia a Orzinuovi, sia a Fabriano, dove ha giocato la prima parte di campionato. Una delusione sportiva che ha alimentato la sua fame di basket e la voglia di giocarsi un trofeo una volta esaurita la stagione nella penisola. «L’ultima annata non è andata bene a livello sportivo - ci racconta l’ala classe 1986 -.  Ho giocato i playoff in quasi tutte le stagioni della mia carriera. In 80% di queste, sentivo che mi mancava qualcosa, avevo voglia di rifarmi, e la SAM è stata molto presente nel cercarmi e volermi. Ho colto l’opportunità e sono venuto qui volentieri».

A caccia del match point

Arrivato da circa una settimana, in collina l’ex nazionale ha abbracciato una squadra con ambizioni importanti e diverse facce conosciute. «Tra i fratelli Mladjan, Kovac e Martino per via della Nazionale, e Williams con cui ho giocato a Lugano, di fatto conosco già metà squadra. Sapevo di arrivare in una delle migliori squadre del campionato, probabilmente quella con più talento. Ho già capito che questa squadra quando vuole sa davvero come giocare a basket». Con i 201 cm e con il talento del ragazzo nato a Sion in rosa, dovrebbe essere ancor più facile riuscirci. Sabato, in gara-1 di semifinale, il debutto con una quindicina di minuti per iniziare a fare legna. «Lo ammetto, mi sento ancora un po’ un pesce fuor d’acqua - commenta Baldassarre -, ma è normale quando arrivi in un gruppo che lavora insieme da otto mesi. Io sono qui da pochi giorni, non devo pretendere di fare chissà cosa ma di dare il mio contributo cercando di fare meno danni possibile. L’altro giorno penso di esserci riuscito, e con il tempo, di partita in partita, non potrà che andare meglio. E poi il basket è uno sport di squadra, e io ho dei compagni che mi stanno dando una gran mano per inserirmi».

Questa sera si torna a ballare. A Nosedo arriva nuovamente l’Union Neuchâtel per giocare una gara-2 che può valere il primo match point per la finale. «Oggi dovremo soprattutto essere più concentrati a inizio partita, in modo che loro non possano prendere fiducia - continua Patrick Baldassarre -. Una cosa da evitare, come abbiamo visto nella sfida di sabato. Però in gara-1, quando abbiamo alzato l’intensità in difesa e mosso la palla, dall’altra parte sono arrivati tiri facili. Noi, lo sappiamo, abbiamo ottimi tiratori. Se siamo bravi a metterli in ritmo diventa nettamente più facile perché si aprono spazi per tutti».

Quattro anni importanti

Il presente oggi dice Massagno, ma, come dicevamo, non è il primo passaggio in Ticino per Baldassarre. L’avventura a Lugano nel 2018 non fu però importante solo per fargli conoscere il nostro campionato. Finì anche per aprirgli le porte della Nazionale. Anche se forse un po’ tardi. «Con i Tigers è stato un bello scorcio di stagione, era una bella squadra quella. Uscimmo in semifinale contro un Ginevra davvero forte. Ma soprattutto quell’esperienza mi ha aperto un po’ gli occhi sul basket svizzero e mi ha portato in Nazionale. Io non avevo mai pensato di prendere il passaporto rossocrociato, e la Federazione evidentemente non sapeva della mia esistenza (ride ndr.). Ci sono arrivato però tardi, avevo già 30 anni, ho fatto quattro stagioni e l’anno scorso ho detto basta». Poco tempo ma sufficiente per mettere via qualche ricordo importante. «Sono stati quattro anni molto belli, a partire dalla vittoria storica di 24 punti a Montreux contro l’Islanda. Ma penso anche alla vittoria con la Serbia. L’unico rimpianto è non aver partecipato alla finestra di qualifiche in Finlandia l’anno scorso, ma se guardo indietro sono contento di quello che ho fatto».