Christian Eriksen: «Ho rivisto il video del mio collasso già il giorno dopo»

Christian Eriksen, il prossimo 3 giugno, ha un appuntamento con la storia. La finale di FA Cup, la Coppa d’Inghilterra, che opporrà il suo Manchester United ai cugini del Manchester City. Un derby, già. Ma anche una missione, fronte United: evitare che il City, eventualmente, firmi uno storico Treble, o Triplete per dirla con José Mourinho.
Il danese, intervenuto in occasione dei Laureus World Sports Awards, al riguardo ha mostrato una pacatezza invidiabile: «Innanzitutto – ha detto – bisogna vedere se il City riuscirà a vincere sia il campionato sia la Champions League. Ma sono sicuro che noi, in finale di FA Cup, faremo il possibile. Se riuscissimo ad alzare quel trofeo, non ci interesserebbe affatto del City».
La calma di Eriksen, evidentemente, è legata a doppio filo all’incidente occorsogli durante la partita di Euro 2020 contro la Finlandia, due anni fa a Copenaghen. Il suo cuore, all’improvviso, si fermò. Senza la pronta reazione dei suoi compagni di squadra e dello staff medico della nazionale danese, per tacere del fatto che accanto allo stadio ci fosse un ospedale specializzato in cardiochirurgia, Eriksen quasi sicuramente sarebbe morto. E il prossimo 3 giugno, di riflesso, non avrebbe giocato a Wembley. Quando superi un’esperienza del genere, beh, è normale affrontare la vita con filosofia. E tranquillità. «Quello che ho imparato – ha proseguito – è che finché sei qui devi godertela. E giocare a calcio se ti diverte. Altrimenti, fai altro». Ma goditela, appunto.
Eriksen, dicevamo, è intervenuto ai Laureus Sports Awards a Parigi, dove si è aggiudicato il riconoscimento World Comeback of the Year. In effetti, essere tornato ai massimi livelli del calcio europeo e mondiale non è da tutti. Qualcuno l’ha giustamente definita una resurrezione. «Ma per me – ha chiarito – era importante semplicemente tornare a essere una persona. Tornare a essere un papà e un compagno per la mia metà. Questo è quello che contava di più ai miei occhi».
Nel 2021, alcuni mesi dopo il suo incidente, Eriksen si era allenato sui campi del Chiasso per ritrovare le migliori sensazioni. Durante la cerimonia di premiazione, a Parigi, sul maxischermo alle sue spalle è stato proiettato un filmato che ha ripercorso questi anni difficili eppure incredibili. È stato proiettato pure il suo collasso in campo. «Ma avevo già visto tutto all’indomani dell’incidente, proprio per capire che cosa fosse successo e per gestire le emozioni, oltreché il dopo. Ma non è che diventi più facile rivedere queste immagini, ora».
Nonostante il recupero lampo, inizialmente non sembrava possibile per Eriksen ritornare a giocare come professionista. In parte, va detto, perché gli era stato impiantato un defibrillatore per controllare il suo battito cardiaco. Un’aggiunta, se così vogliamo definirla, che escludeva un suo impiego in Serie A, dove era sotto contratto con l’Inter. In Italia, infatti, in seguito alla morte di Piermario Morosini durante una partita di B, nel 2012, vennero adottate regole molto severe. Regole che negano, a chi ha un pacemaker, di poter giocare. «Capii, al termine del mio contratto con l’Inter, che avrei potuto giocare altrove. Che sarei ritornato in campo, ma non in Serie A».
Eriksen, quindi, firmò per il Brentford nel gennaio del 2022. Ritrovando subito le migliori sensazioni. E i tempi giusti. Tant’è che, l’estate scorsa, a farsi avanti è stato il Manchester United. «È stato difficile lasciare il Brentford, forse uno dei pochi club che decisero a suo tempo di darmi una chance. Sarò sempre grato alla società e a Thomas Frank per avermi dato la possibilità di sentirmi ancora un calciatore. Ma ero stato chiari sin dal principio con loro: se si fosse presentata un’offerta superiore, l’avrei accettata. E quell’offerta, infine, è arrivata da Manchester. Sì, sono stato fortunato».