Calcio

«Con il Lugano è stato subito amore, negli anni diventerà ancora più bello»

L’avventura in bianconero di Albian Hajdari viaggia veloce e su binari promettenti - Stasera il basilese sarà di scena a San Gallo con i suoi compagni
Il 19.enne elvetico si sta ritagliando un ruolo sempre più importante nello scacchiere di Mattia Croci-Torti. © CdT/Gabriele Putzu
Nicola Martinetti
26.04.2023 06:00

A inizio mese il rinnovo fino al 2027. Domenica, contro il Sion, il traguardo delle prime 20 partite in bianconero. L’avventura a Lugano di Albian Hajdari, stasera di scena a San Gallo con i suoi compagni, viaggia veloce su binari promettenti. E il basilese non intende fermarsi.

Albian, nell’ultimo turno di campionato hai toccato quota 20 presenze con il Lugano. Ti aspettavi di raggiungerle così in fretta?

«Lo speravo. Anzi, personalmente mi ero posto l’obiettivo di giocare almeno la metà degli incontri stagionali. A dirla tutta però, non credevo che ci sarei arrivato così velocemente. Anche perché sono approdato a Cornaredo in un momento difficile, reduce da appena 28’ di gioco in Super League negli ultimi sei mesi trascorsi a Basilea. Ho dovuto ripartire da zero, insomma. Ma lavorando sodo sono riuscito a convincere lo staff tecnico del mio talento, guadagnandomi delle chance. Ora intendo ripagare la fiducia a suon di belle prestazioni».

Si direbbe che a Lugano tu abbia trovato la tua dimensione, tanto che dopo pochi mesi hai posto la firma su un rinnovo fino al 2027. È scoccata la classica scintilla?

«Direi proprio di sì. Al netto dell’opzione inserita nel mio prestito dalla Juventus, che verosimilmente mi avrebbe permesso di prolungare la mia permanenza in ogni caso, ci tenevo a rimanere qui. Impormi in Svizzera prima di fare il salto verso l’estero è una delle mie priorità, e a Lugano ci sono tutti i presupposti per riuscirci. L’ambiente è ottimo, con la società mi sono subito trovato bene e l’allenatore - a sua volta fresco di rinnovo - conosce perfettamente sia le mie qualità, sia i miei difetti. Direi che fin qui la mia avventura in Ticino ha ricalcato le dinamiche di una relazione amorosa: all’inizio c’è la fase “luna di miele”, dove l’amore è immediato e tutto appare già idilliaco, ma è poi con il passare del tempo che le cose diventano ancora più belle (ride, ndr)».

Il rovescio della medaglia, rinnovo in mano, è che di fatto hai orbitato nell’universo Juventus senza mai vestire la maglia della Vecchia Signora. Hai dei rammarichi?

«Sicuramente mi dispiace che quell’avventura non sia mai decollata. Nemmeno quando ho svolto un’intera preparazione estiva aggregato alla prima squadra di Allegri. Per un paio di stagioni sono stato un po’ sballottato in prestito tra Torino e Basilea, anche perché ci tenevo a portare avanti la mia formazione scolastica, parallelamente al calcio. Nel mondo del pallone basta infatti un infortunio per chiudere una carriera, non volevo un giorno pentirmi di non avere un piano B. Comunque, per tornare alla tua domanda, posso dirti che non ho rimpianti. E che preferisco aver vissuto un’esperienza simile a inizio carriera, piuttosto che nel pieno della stessa. Un discorso che peraltro vale anche per il côté renano della vicenda, con la prima squadra basilese ironicamente raggiunta soltanto via prestito dai bianconeri, nonostante fossi un prodotto del loro vivaio».

Parliamo allora di un’altra avventura in bianconero, ben più piacevole. Fin da subito Mattia Croci-Torti è rimasto colpito, spendendo belle parole sul tuo conto già in estate. Come hai fatto a «stregarlo»?

«Dovresti chiederlo a lui (altra risata, ndr). Scherzi a parte, credo che il mio profilo l’abbia intrigato. Sono molto giovane (19 anni, ndr), ma al mio arrivo a Lugano vantavo già un po’ di esperienza a questi livelli. In campo, con 9 partite disputate a Basilea, e soprattutto nell’ambiente. Vi assicuro che nei mesi trascorsi al St. Jakob-Park ho dovuto giocoforza imparare a gestire la pressione, perché in quel periodo le cose non andavano bene ed eravamo molto criticati. Ecco, credo che in virtù di questi presupposti il “Crus” abbia riposto in me delle aspettative. Che penso di aver fin qui soddisfatto, sia nel ruolo che più prediligo - quello di centrale - sia giostrando come terzino. Ora voglio continuare sulla via tracciata, seguendo i consigli che mi vengono dati per continuare a crescere».

La sicurezza nei tuoi mezzi, chiamiamola anche sfrontatezza, è al tempo stesso un tuo grande pregio e - a volte - un piccolo difetto. Da dove deriva?

«Penso che sia il frutto della combinazione di più fattori. In primis, ritengo di avere una predisposizione caratteriale. Mi piace assumermi grandi responsabilità. Sin da ragazzino ho sempre vestito i panni del leader, del capitano, all’interno del gruppo. Poi è chiaro, le belle prestazioni sul campo nel corso degli anni non hanno fatto altro che rinforzare questa sicurezza interiore, alimentandola».

Un altro giocatore bianconero dal carattere molto forte è Renato Steffen, con il quale hai legato fin da subito. Come mai?

«Conoscevo Renato già prima del suo arrivo a Lugano, ma solo come calciatore. Ai tempi del Soletta aveva infatti giocato con mio cugino, e quando militavo nelle giovanili del Basilea lui era in prima squadra. Sono stato io ad approcciarlo quando è giunto a Lugano. So quanto può essere difficile muovere i primi passi in una nuova realtà, e siccome la conoscevo un po’ meglio mi sono fatto avanti. Abbiamo legato, oltre a essere un bravo calciatore è anche una bella persona. In campo, poi, cerco di apprendere il più possibile dal suo modo di agire. È un professionista esemplare, con una grande esperienza».

Scorrendo il tuo profilo Instagram si possono trovare diversi messaggi di incoraggiamento da parte di compagni, ex compagni o altri calciatori come ad esempio Xherdan Shaqiri. Che ruolo giocano le relazioni umane nella tua vita?

«Uno molto importante. Al netto del rapporto con Xherdan, favorito dal fatto che condividiamo lo stesso procuratore, suo fratello Erdin (ride, ndr), apprezzo legare con i compagni di squadra. Mantenendo poi accese le amicizie, a prescindere dalle traiettorie delle rispettive carriere. In questa realtà, quella del calciatore, a volte puoi sentirti solo. È bello allora sapere di poter contare sul supporto di chi ti capisce, potendone parlare liberamente. In spogliatoio ma anche fuori dal campo, condividendo il tempo libero».

A proposito di elementi condividi, come te molti giocatori del Lugano hanno radici kosovare, e alcuni militano nella nazionale di Giresse. A livello giovanile hai scelto di rappresentare la Svizzera, intendi farlo anche in futuro?

«Tendenzialmente mi piacerebbe, sì, ma non escludo niente. Il Kosovo, ad esempio, mi ha già contattato. Anche se a oggi dispongo solo del passaporto elvetico. Vedremo. Vestire la maglia rossocrociata è comunque un onore per me, questa estate spero di difenderla agli Europei U21. Prima però voglio raggiungere due grandi obiettivi con il Lugano: chiudere il campionato tra le prime 4 e vincere la Coppa Svizzera. Questa è una fase cruciale, vogliamo sfruttare l’entusiasmo generato dalla vittoria contro il Sion. A San Gallo, questa sera, vogliamo raccogliere altri tre punti».