Calcio

Racioppi: «Io l’erede di Sommer? È il mio obiettivo»

Partito giovanissimo alla volta di Lione, l’indiscusso portiere titolare della Svizzera U21 è cresciuto sotto la guida di Grégory Coupet - Oggi difende la porta del Digione: «Se sono arrivato fin qui è grazie al supporto della mia famiglia»
Nel vincente esordio contro l’Inghilterra, l’estremo difensore elvetico ha dovuto compiere una sola vera parata, su una punizione di Hudson-Odoi. © Keystone/Peter Klaunzer
Nicola Martinetti
27.03.2021 06:00

Sotto un sole cocente, seduto sul manto erboso dello Športni Park Svoboda - un campetto della periferia di Lubiana, tutt’altro che all’avanguardia -, Anthony Racioppi osserva quattro compagni sfidarsi a calcio-tennis. Per lui, come per loro, l’allenamento di ieri non è stato particolarmente intenso, bensì consacrato al recupero: «Anche se io non è che ne avessi particolarmente bisogno - scherza il 22.enne ginevrino, raggiungendoci in zona spalti -. Contro l’Inghilterra ho dovuto fronteggiare un solo tiro in porta, la punizione di Hudson-Odoi nel secondo tempo. Decisamente un carico di lavoro più leggero di quello che avevo preventivato, ed è tutto merito della squadra».

Una scommessa vinta

Forse allo stadio Bonifika le cose sono state più semplici del previsto, ma lo stesso non si può dire per la carriera del romando. Da giovanissimo, Racioppi ha scelto di scommettere su sé stesso, facendo una scelta coraggiosa e al tempo stesso ricca di sacrifici: «A tredici anni sono partito da casa per entrare nel settore giovanile del Lione, completamente ammaliato dalla mia passione per il calcio. Vivevo nel loro centro sportivo, dove ho seguito anche una formazione. Insomma, ero con i miei compagni di squadra ogni singolo giorno, tranne nei weekend in cui non giocavo, dove tornavo a casa a trovare la mia famiglia». In passato molti, come lui, hanno tentato la stessa via finendo poi col perdersi. Racioppi, però, ha trovato la sua strada: «Credo sia merito proprio della mia famigia, che mi ha sempre supportato e mi è stata vicina in questo processo. Letteralmente, considerando che la vedevo spesso siccome Lione dista soltanto due ore di treno (o un’oretta e mezza di macchina) da Ginevra».

A Lione l’estremo difensore elvetico è cresciuto sotto l’ala protettiva di una leggenda nel suo ruolo, ovvero l’ex nazionale francese Grégory Coupet: «È stato un po’ il mio mentore all’epoca. Mi ha seguito da vicino, dandomi consigli preziosi che mi hanno permesso di progredire molto. Non ho mai debuttato in prima squadra, ma ho giocato parecchi match a livello giovanile - anche in Champions League - e questo mi ha permesso di accumulare esperienza».

Ketchup e maionese

Lo stesso Coupet, nel frattempo passato alla guida dei portieri del Digione, è stato poi decisivo nella trattativa che ha permesso a Racioppi - lo scorso autunno - di raccogliere una chance che aspettava da tempo, quella di misurarsi contro campioni del calibro di Neymar e Mbappé: «Mi hanno proposto un trasferimento e ho accettato subito. Ho dovuto attendere un paio di mesi per esordire da titolare in Ligue 1, ma finalmente l‘otto novembre dello scorso anno ce l’ho fatta (1-1 contro il Metz, ndr). E da lì non mi sono più fermato». Così, nella città famosa per la sua senape, il portierino rossocrociato si sta pian piano imponendo come uno dei giovani più interessanti del campionato, nonostante il suo Digione sia ultimissimo in classifica: «Diciamo che è un’annata dal retrogusto amaro, esattamente come la senape della nostra città. Ed infatti io non la uso mai, preferisco ketchup e maionese...».

Le pizze di papà Mauro

Guai, però, a dirlo a papà Mauro. Napoletano doc, possiede una pizzeria a Ginevra (La Conca d’Oro, ndr) e l’unica salsa di pomodoro accettabile per lui è quella tradizionale: «Sono molto fiero delle mie origini e spesso vado a trovare i miei parenti nel Sud Italia» ci racconta Racioppi. Eppure, nonostante il padre venga dalla vicina Penisola, la seconda nazionalità del 22.enne non è quella italiana: «No, sono svizzero e francese, grazie ai diversi anni trascorsi oltre confine». E non è mai balzata per la mente, l’idea di giocare per la Francia? «Sinceramente no - afferma il ginevrino -. Mi sento svizzero al 100%, sono nato e cresciuto su territorio elvetico e ho sempre fatto parte delle selezioni giovanili rossocrociate. So che in altri casi - come ad esempio per Bajrami nelle scorse settimane - a volte la scelta può essere differente, ma credo che dipenda da giocatore a giocatore. Il mio cuore batte per la Svizzera e sono fiero di poter rappresentare la nostra nazione».

Instagram e un amico speciale

Quando non è a Digione, o a Lione - ormai sua seconda casa - Racioppi ama spesso tornare a Ginevra. La città di Calvino lo lega infatti alla famiglia, ma anche a molti amici. Uno dei quali, accasatosi a San Gallo da un paio d’anni, è al suo fianco in questo Europeo: «Io e Jérémy (Guillemenot, ndr) siamo compagni di squadra praticamente da una vita - ci confida l’estremo difensore romando -. Abbiamo iniziato con la selezione cantonale ginevrina, per poi passare alle varie nazionali giovanili. Spesso condividiamo la camera, o il posto in aereo e sul bus». Un’amicizia che, quando si riunisce la selezione elvetica, Racioppi non manca mai di immortalare con delle foto sul suo profilo Instagram. Tra l’altro uno dei più seguiti della delegazione elvetica, con oltre 18’300 followers: «Credo che molti di loro siano di Lione. I tifosi dell’Olympique vanno pazzi per i loro giocatori (ride, ndr). Però ricevo molto affetto e sostegno anche da Digione, Ginevra ed in generale tutta la Svizzera; mi fa davvero molto piacere».

Sulle orme di Sommer

Dieci anni fa all’Europeo U21 in Danimarca, nella sua stessa posizione, c’era uno sbarbatello di nome Yann Sommer. Oggi il portiere ginevrino segue le orme di colui che è nel frattempo diventato il titolare della nazionale maggiore: «Però non so se è giusto definirmi il suo erede - ammonisce Racioppi -. Ho ancora molta strada da fare per arrivare ai suoi livelli, ma è sicuramente il mio obiettivo. Mi piacerebbe avere una carriera simile alla sua». Sommer è tra gli idoli del romando, anche se non nelle prime posizioni: «Mi ispiro ad Ederson e ter Stegen, due portieri che ammiro molto, soprattutto per la loro bravura nel giocare la palla con i piedi. È un aspetto davvero importante per i portieri moderni ed è per questo che mi piace allenarlo il più possibile».