L’anniversario

Tutte le lezioni di Nils Liedholm

L’8 ottobre di 100 anni fa nasceva il grande calciatore e allenatore svedese – In campo il Barone conquistò quattro scudetti con il Milan e sfiorò il titolo mondiale nel 1958 – In panchina lanciò numerosi talenti, anticipò diverse tattiche e trionfò con i rossoneri e la Roma
Alberto Cerruti
08.10.2022 06:00

Indimenticabile. Tra i tanti aggettivi per descrivere Nils Liedholm questo è il più azzeccato e lo prova il fatto che a 100 anni dalla nascita, l’8 ottobre 1922, sia ricordato ovunque, dalla Svezia dove ha incominciato a giocare, all’Italia dove ha vinto scudetti in campo e in panchina. Oro alle Olimpiadi di Londra nel 1948, nell’estate successiva parte per Milano promettendo al papà che sarebbe tornato dopo un paio d’anni al massimo. E invece quella è la svolta della sua carriera e della sua vita.

Centrocampista con buona tecnica e grande resistenza fisica - grazie alla passione giovanile per il bandy, sport simile all’hockey su ghiaccio - a 27 anni Liedholm diventa una colonna del Milan, completando con i connazionali Gren e Nordahl il leggendario trio «Gre-No-Li». Al secondo campionato, nel 1951, contribuisce alla conquista dello scudetto, che mancava da 44 anni, e nella stessa stagione festeggia il successo nella Coppa Latina, «mamma» della Coppa dei Campioni e nonna della Champions. Con i rossoneri vince altri tre scudetti e una Coppa Latina, continuando a essere il capitano della Svezia che nel 1958 sfiora il titolo mondiale. Proprio lui segna il gol dell’1-0 nella finale contro il Brasile, ma poi si inchina alla superiorità dei sudamericani che vincono 5-2.

Capolavori in panchina

Lasciato il pallone a 38 anni, diventa uno dei rari esempi di campione in campo e in panchina. Dopo una precoce avventura al Milan, insegna calcio al Verona che porta in A, al Monza, al Varese con un’altra promozione in A, e alla Fiorentina con cui perde solo in finale la Mitropa Cup. A 51 anni è un allenatore affermato, inseguito dai grandi club e così ecco il salto alla Roma, dove conferma la sua abilità di valorizzare i giovani. Dopo aver lanciato Bettega nel Varese e Antognoni nella Fiorentina è il turno di Conti, cui seguiranno Baresi e Maldini nel Milan, dove torna nel 1977. E sulla panchina rossonera compie un capolavoro, tra una battuta e l’altra prima e dopo le partite. La sua straordinaria ironia, che fa rima con scaramanzia, altra sua ispirazione di vita, rischia di far passare in secondo piano le sue grandi qualità di allenatore. Sono le intuizioni e la competenza di Liedholm, infatti, il segreto del Milan che nel 1979 vince il decimo scudetto, quello della stella. Attorno all’ultimo Rivera, e ad Albertosi che a 40 anni è ancora un signor portiere, forma una squadra perfetta in cui Baresi gioca il primo campionato da titolare, insieme con i giovani Collovati e Maldera, alle spalle dei nuovi acquisti De Vecchi, Novellino e Chiodi che segna solo un gol su azione, oltre ai sei su rigore. Senza un vero centravanti, anticipa i tempi e crea il primo «falso nove» italiano, affidando al centrocampista Bigon il compito di muoversi in attacco, per favorire gli inserimenti dei compagni. È uno scudetto doppiamente storico perché è l’ultimo di un Milan interamente italiano. Italiano come ormai è diventato Liedholm, che ha sposato la signora Maria «Nina» Gabotto, una contessa di Torino, al fianco della quale lui è per tutti il «barone» anche per lo stile.

Una vecchia promessa

Sempre distaccato in panchina e freddo fuori, dopo aver sorpreso gli avversari sorprende anche i tifosi in festa, quando decide di rispettare una vecchia promessa fatta al presidente giallorosso Viola e torna alla Roma. Alla prima di campionato, guarda caso contro il suo Milan stellato, fa debuttare in A il ventenne Ancelotti, suo unico erede per il ruolo in campo e l’ironia fuori. Come giocatore aveva riportato lo scudetto al Milan dopo 44 anni. Come allenatore lo riporta alla Roma dopo 41, con altre mosse decisive, come l’arretramento del centrocampista Di Bartolomei nel ruolo di libero. Con il brasiliano Falcao in regia, Vierchowod in difesa e Conti sulla fascia, Pruzzo diventa capocannoniere e grazie alle lezioni di Liedholm la Roma dà spettacolo con due novità tattiche. Dopo aver anticipato il «falso nove», anticipa il «tiqui-taca» di Guardiola introducendo il possesso-palla, ma nella metà campo avversaria, e soprattutto insegna il gioco a zona anche ai difensori che non si incollano più ai rispettivi avversari. È la più importante eredità che lascia a Sacchi, dopo essere ritornato al Milan nel 1984.

Botta e risposta

È lui il primo allenatore che trova Berlusconi ed è anche lui il primo che esonera, dopo averlo più volte punzecchiato. Liedholm replica sempre con il sorriso e le battute, a cominciare dalla più famosa in risposta ai suggerimenti tattici del presidente: «Lui bravo, lui capisce calcio, lui fatto allenatore Edilnord». Una delle tante lezioni di stile oltre a quelle di calcio. Per questo è impossibile scordarlo e non solo nel giorno del centenario in cui a Cuccaro Monferrato, il suo ultimo ritiro, il figlio Carlo e i nipoti Paolo Erik (milanista) e Andrea (romanista) annunceranno il nome del prossimo vincitore del premio dedicato a «un campione sul campo e signore nella vita». L’indimenticabile Nils Liedholm appunto.