Grandi campioni

Hanno osato sfidare la leggenda

Marco Odermatt e Mikaela Shiffrin stanno riscrivendo la storia dello sci alpino, mettendo in discussione record che sembravano destinati a resistere per l’eternità
Marco Odermatt, 25 anni, e Mikaela Shiffrin, 27: il presente dello sci alpino appartiene a questi due fenomeni. ©Reuters/DENIS BALIBOUSE
Massimo Solari
09.01.2023 23:00

Il tema sembra proprietà esclusiva del calcio. E l’ultimo Mondiale - con la consacrazione di Lionel Messi - ha rafforzato questa sensazione. O meglio, il quesito: è il più forte di tutti i tempi? Sì, no, forse. La riflessione, invero, abbraccia molte altre discipline. Tutte, potenzialmente. Anche se alcune - complici profili, storie, gesti - si prestano maggiormente a narrazione e retorica. Pensiamo al tennis. O ancora al basket. E, certo, pure lo sci alpino non è da meno. Mai come in questo momento, con un re e una regina che stanno dominando la scena. Eguagliando o abbattendo record. Dando l’impressione di essere invincibili. Di essere, appunto, i migliori di sempre. Da un lato Marco Odermatt, 25 anni e lo scettro dello sportivo svizzero più amato oramai preso in consegna da Roger Federer. Dall’altro Mikaela Shiffrin, 27 anni, a un passo dalla consacrazione definitiva in campo femminile.

«Ma ai numeri non penso»

La campionessa americana ci proverà già domani, in occasione dello slalom in notturna di Flachau, a staccare Lindsey Vonn, diventando così la donna con più successi in Coppa del Mondo. Appena eguagliato, il primato di 82 vittorie è insomma destinato a passare in secondo piano. Diventando al contempo trampolino di lancio. Già, perché lì, a pochi paletti dall’eternità, vi sono gli 86 sigilli di Ingemar Stenmark. Colui che sembrava inarrivabile, con la sua infinita serie di primi posti firmata tra gli anni Settanta e Ottanta. Proprio la leggenda svedese, d’altronde, lo aveva anticipato in tempi non sospetti. «Mikaela Shiffrin può superare quota 100 vittorie in Coppa del Mondo» la profezia - a questo punto tutto fuorché azzardata - pronunciata nel 2018. Quasi certamente, il personale record non supererà l’inverno, mentre la statunitense proseguirà nella sua ascesa. Il paradosso? Shiffrin a queste statistiche non ha mai voluto badare. «Quando sono al cancelletto di partenza, non penso a completare questo o quel filotto, ma solo a vincere la gara» dichiarava nel 2017. Per poi chiarire il concetto a Le Temps, l’anno successivo: «Voglio essere la migliore sciatrice fintanto che sarò in attività. Non miro ad abbattere ogni record. Potrebbero sembrare due ambizioni simili, per la sottoscritta però sono molto differenti». E non da domani. In un contributo di grande spessore a The Players’ Tribune - datato 22 aprile 2022 - Mikaela ricordava della sua prima tuta da corsa. «Era viola. Mi rifiutavo di toglierla. La indossavo ogni sera per andare a letto. Qualche anno dopo, a nove anni, scrissi sul mio diario: “Voglio essere la migliore del mondo”». È successo. Sta succedendo. Ma poteva anche non succedere.

Un sogno condiviso con papà

La tragica morte di papà Jeff dopo un incidente domestico, nel febbraio del 2020, aveva spinto Shiffrin sull’orlo del burrone. Nulla, per il fenomeno di Vail, aveva più senso. Un malessere - il dolore figlio dell’amore più potente - che l’accompagna tutt’ora. Di tanto in tanto. «I miei genitori hanno tramutato in possibilità quel sogno, scarabocchiato su un quaderno da una bambina» sottolineava dopo tutto Mikaela. Non a caso scoppiata in lacrime, domenica a Kranjska Gora, mentre sul gradino più alto del podio intonava «The Star-Spangled Banner»: «Ho pensato a papà. Ho ricordato quando mi disse: “Dovresti memorizzare bene le parole dell’inno nazionale, perché se mai vincessi, faresti meglio a cantarlo”». Sì, l’ottantaduesima vittoria alla fine è arrivata. E forse il pensiero di Shiffrin è corso altresì al volontario di un orfanotrofio di Portland che tre anni fa era riuscito - a modo suo - a facilitare l’elaborazione del lutto. «In questa lettera parlava di tutte le cose imparate dai bambini che avevano perso i genitori. Mi ha colpito profondamente, perché parlava della rabbia. Solo quando l’ho ricevuta ho iniziato a elaborare queste emozioni e, in un certo senso, ad apprezzarle». Rovesciando una volta di più il suo universo di essere umano e atleta di punta. «Quando mio padre è morto - osservava Shiffrin sempre su The Players’ Tribune -, il sostegno è stato incredibile. In qualche modo ho ricevuto più lettere da persone nel momento più basso della mia vita rispetto a quando mi trovavo in cima al mondo». Come ora.

«Obbligato a salire sul podio»

Per salire in vetta e provare le prime vertigini, Mikaela Shiffrin ha impiegato appena otto gare in CdM e 16 anni di vita. Uno in più per laurearsi campionessa del mondo. Un talento purissimo e precoce, esatto. E ciò a differenza di Marco Odermatt. In effetti, sono undici gli atleti ai quali è riuscito il tempo più veloce prima del nidvaldese: da Piero Gros (18,1 anni) a Marcel Hirscher (20,8), passando per il citato Stenmark (18,8) e Pirmin Zurbriggen (19). «Odi», lui, aveva rotto il ghiaccio a 22,2 anni, il 6 dicembre del 2019 al termine del superG di Beaver Creek. Nel frattempo le vittorie hanno raggiunto quota 17, nel quadro di 40 podi complessivi. La maggior parte dei quali ottenuti in gigante, dove da oltre un anno la battaglia con gli avversari appare impari. E l’ultima tappa ad Adelboden lo ha confermato. In questa stagione il rossocrociato ha vinto quattro volte su cinque. Di più: Odermatt non finisce fuori dal podio dal marzo del 2021. Tredici gare consecutive fra i primi tre. Pazzesco. A maggior ragione poiché all’orizzonte non s’intravedono possibili cedimenti. «Per me conta solo vincere, il podio è diventato quasi un obbligo» ha sostenuto, proprio in questo senso, la punta di diamante di Swiss-Ski. «Purtroppo questa è l’aspettativa della gente nei miei confronti. Ma in fondo è un buon segno. È come a scuola: se per 15 volte di fila porti a casa 6 o 5,5, rallegrarsi per un 4,5 diventa difficile». E allora vien da chiedersi per quante gare ancora verrà esaltata l’eccellenza dell’elvetico, leader incontrastato della classifica generale. E a proposito: nel mirino di Odermatt - 1.046 punti all’attivo - ci sono i 2.000 punti contabilizzati da Hermann Meier nella stagione 1999-2000. Un traguardo che, come gli 86 successi di Stenmark, sembrava insuperabile. Fino all’avvento di Marcel Hirscher - che nel 2015-2016 - si era fermato a 1.795. E, ora, del detentore della coppa di cristallo in carica, a cui - potenzialmente - restano 15 gare da correre e 1.500 punti da raccogliere. Diventerà, come Mikaela Shiffrin, il più forte di tutti i tempi?

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