«I risultati negativi dopo l’addio di Da Silva? Coincidenza al 1000%»

Il CEO Martin Blaser, il responsabile dell’area sportiva Sebastian Pelzer e l’allenatore Mattia Croci-Torti hanno stilato un bilancio della stagione appena conclusa dell’FC Lugano – Pelzer: «Le parole di Aliseda? Mi hanno sorpreso, il suo rinnovo non è mai stato un tema» – Si guarda al 2025-26 con rinnovate ambizioni – «E sulla gestione degli infortuni dovremo migliorare»
«Avevamo tre obiettivi e non ci siamo andati così lontani». Martin Blaser, CEO della società, ha affrontato con queste parole la conferenza stampa di bilancio dell’FC Lugano. Un vertice, questo, convocato a meno di 48 ore dall’1-1 contro lo Young Boys che ha fatto tramontare la stagione bianconera.
Il 4. posto in Super League, e non la top 3 come auspicato la scorsa estate, non è stato giudicato come un fallimento. Anzi. «Nel complesso siamo felici di quanto raggiunto quest’anno, Europa e pass per le prossime competizioni continentali compresi» ha sottolineato il responsabile dell’area sport Sebastian Pelzer. Blaser, a proposito della classifica finale in campionato, ha inoltre tenuto ad aggiungere: «Nessun, all’interno del CdA o sul fronte della dirigenza, ha mai parlato di titolo. E il traguardo non è nemmeno mutato in corso d’opera, a dispetto di quanto emerso sui media soprattutto della Svizzera tedesca».
Invero, abbiamo fatto notare, a uscire allo scoperto è stato l’allenatore Mattia Croci-Torti. «Ma non mi ha dato fastidio» ha indicato in merito sempre Blaser. «Nessuno gioca a calcio per perdere e quando ci si ritrova a una certa altezza la pressione va gestita». Il Crus, presente nella sala stampa di Cornaredo al fianco dei suoi superiori, ha ovviamente completato il concetto: «Ripeto quanto affermato alcune settimane fa. Se a fine febbraio sei primo in Super League, non provare a restarci sino in fondo significa essere codardi. Non mi sono esposto in quanto persona arrogante, ma perché sono un tecnico fortemente ambizioso. Così come ambiziosa è la proprietà del Lugano». E l’inaugurazione del nuovo stadio – datata 31 maggio 2026 – suggerisce l’importanza della prossima stagione e le molteplici sfide che la accompagneranno, dentro e fuori dal rettangolo di gioco.
Nella pancia dello stadio bianconero non si è ovviamente discusso unicamente delle prestazioni fornite in campo dalla prima squadra. E, di riflesso, dei risultati raggiunti. È stata anche l’occasione per discutere di alcuni temi spinosi e spigolosi, e di ciò che non ha funzionato così bene. La gestione degli infortuni, per esempio. «È un fattore col quale abbiamo dovuto convivere e lottare, e che ha impedito praticamente sempre a Mattia di schierare la stessa formazione. Tengo tuttavia a sottolineare come pure tante, inutili squalifiche hanno fatto la differenza in questo senso». Okay, ma le tante defezioni emerse in primavera? «La questione è già stata valutata internamente e la nostra analisi, naturalmente, dovrà permetterci di migliorare i processi in vista della prossima stagione» ha indicato Pelzer. Croci-Torti, su questo tema, ha parlato di «una valutazione aggressiva» per capire dove e quanto si è sbagliato. «Qualcosa non è funzionato a livello strategia e collaborazione con il team performance» ha riconosciuto il tecnico. «Ma il primo responsabile, e ci tengo a sottolinearlo, è il sottoscritto. In prima linea ci sono io. Sono io, in quanto allenatore, a decidere chi gioca o no. E quindi si tratterà di capire come non ritrovarci qui, fra un anno, a discutere di questo tema».
Inevitabilmente, è stata affrontata anche la separazione anticipata con l’ex direttore sportivo Carlos Da Silva. «I risultati negativi dopo il suo addio? Una coincidenza al 1000%» ha voluto evidenziare con forza il CEO, Martin Blaser. «In quanto figura gerarchica, esisteva un periodo di disdetta maggiore ai due mesi. E sfido chiunque a ritenere possibile una convivenza professionale a fronte della prospettata fine del rapporto di lavoro. Tradotto: andare avanti insieme sino a giugno era impossibile. E non siamo nemmeno nella posizione di poter buttare i soldi fuori dalla finestra, attenendo quindi la fine della stagione per procedere nella stessa direzione e pagando così a vuoti 6 mesi di stipendio».
A far parlare di sé, sabato sera, è invece stato Ignacio Aliseda. Il suo addio, a differenza di quello di Da Silva, è stato accompagnato da diverse parole. Parole amare e pungenti. «E, davvero, sono sorpreso di quanto ha affermato il giocatore» ha osservato Pelzer: «Ignacio ha detto di lasciare Lugano per sua volontà. Ma la verità è che noi al suo agente non abbiamo mai proposto un rinnovo contrattuale. E poi, rispetto alla volontà di affidarsi al proprio fisioterapista, per motivi linguistici. Beh, faccio notare che la stessa figura che lavora nello staff del Lugano parla spagnolo».
La partenza dell’argentino e di diversi altri giocatori imporrà alla società un mercato importante. «Vogliamo continuare a puntare sul giusto mix tra giovani di prospettiva ed elementi più esperti» ha precisato Pelzer. «Alcune trattative sono già avviate, ma i trasferimenti estivi seguono logiche molto lente» ha proseguito, alludendo alla variabile Europa, che il Lugano dovrà conquistarsi sul campo superando due, se non tre, turni di qualificazione.
C’è stato spazio anche per guardare oltre alla prima squadra. Al Team Ticino, per esempio, che dal 1. luglio del 2026 dovrebbe essere smantellato per lasciare spazio a una conduzione al 100% targata FC Lugano. «Con una lettera dello scorso dicembre, l’ASF ha riconosciuto il nostro lavoro dietro le quinte e si è detta formalmente d’accordo ad affidare la gestione del calcio d’élite giovanile ticinese al nostro club. Allo stesso tempo, però, le regole del partenariato ci imporranno di trovare una spalla nel Sopraceneri. Idealmente, questa sarebbe l’AC Bellinzona. Ma le cifre parlano da sé. Negli ultimi 3 anni, il Lugano investito 900.000 franchi nel Team Ticino, mentre il citato partner 8.000 franchi. Ebbene, mi permetto di dire che un partenariato non funziona così. No, questa è piuttosto una collaborazione forzata tra realtà che non hanno gli stessi obiettivi».