Basket

Il dominio SAM è terminato, il derby torna ai Tigers

A quasi sei anni dall’ultima volta, il Lugano ha ritrovato il successo in una sfida cantonale piegando Massagno per 88-83 - Montini: «Il cuore ha vinto sui problemi» - Gubitosa: «Sbagliamo l’approccio»
Un momento concitato della sfida andata in scena all’Istituto Elvetico davanti a 450 spettatori. © CdT/Chiara Zocchetti
Mattia Meier
03.01.2024 23:35

Per la legge dei grandi numeri, prima o poi doveva succedere. Dopo quasi sei anni - l’ultima volta era accaduto il 17 marzo del 2018 - e una quindicina di incroci più tardi, il Lugano è tornato a vincere il derby. Anche per la legge di Murphy, perché quando da una parte hai una squadra che gioca dando tutto rispetto ad un’altra che ha impulsi praticamente nulli ogni volta che si imbatte nell’avversario affrontato stasera, prima o poi tutto quello che può andare storto lo farà. È quanto successo sponda SAM all’Istituto Elvetico, dove rispetto alle ultime due sfide cantonali l’accumulo di talento non è bastato a trovare chi sbrogliasse la matassa. Tutto a vantaggio di un Lugano coriaceo, tutto cuore, andato a fare la partita sostanzialmente dal primo all’ultimo minuto e solidissimo nel tenere botta nell’infuocato finale.

Il peccato è sempre quello

«Noi nei derby ormai sbagliamo sempre l’approccio» sono state le parole di un furente Robbi Gubitosa nell’immediato dopo partita. È una furia con i suoi il coach massagnese, ma anche con il tavolo per un cambio e un time-out non concessi, apoteosi di una serata nata storta e proseguita peggio. Non una novità in collina. Anche stasera, i suoi ragazzi sono scesi in campo con il linguaggio del corpo di chi pensava sarebbe bastato il minimo per ottenere il massimo. Lo hanno pagato costringendosi a una rincorsa che ha logorato infine anche i nervi, togliendo quella lucidità che avrebbe fatto comodo per portare a casa il successo negli ultimi minuti, per quanto sportivamente immeritato sino a quel momento. Gubitosa, privo di Marko Mladjan, ha provato a trovare stimoli esasperando dapprima le rotazioni e stringendole all’osso poi. Nulla è servito a dare un giro di vite a una squadra che si è vista scappare via da ogni dove un Lugano ancora una volta più forte dei suoi limiti. E di quelli altrui.

Il cuore oltre l'ostacolo

Con due soli USA a referto (il neo arrivato Hammond non ha ricevuto il permesso in tempo), Montini ha visto i suoi andare in battaglia e non cedere un centimetro. Pur più piccoli e leggeri, hanno retto a rimbalzo. E seppur più deficitari in tenuta difensiva, hanno tolto ritmo e certezze al secondo miglior attacco del campionato. Mostrando in generale una solidità e una voglia di vincere che stasera sarebbero dovuti forse appartenere più all’avversario. Ogni volta che Massagno si è rifatto sotto, i bianconeri hanno risposto rimettendo una certa distanza tra sé e i «cugini». E nel finale, tra un fischio contro e uno a favore, hanno scavato dentro sé stessi trovando i guizzi decisivi per rimettere la testa avanti e poi chiudere il match. «Allora questo 2024 è davvero buono come dicono tutti in questi giorni – la battuta di Valter Montini dopo l’ultima sirena – Oggi il nostro cuore ha vinto su tutti i nostri problemi. Avevo chiesto ai ragazzi una partita così, che bella soddisfazione».

Finale incandescente

Insomma, che i Tigers quando vedono il rosso SAM si aizzino è ormai dato di fatto. Una differenza di attitudine emersa sin dalle prime battute, con i padroni di casa a +10 dopo il primo quarto (25-15 all’11’). Il principio di un tira e molla durante il quale la Spinelli accorcia, pareggia, metta anche la testa avanti ma viene sempre rispedita indietro. Il match sembra poi girare quando Stojcev con un tecnico arrivato toglie dalla partita Battey (5 falli). L’americano, in un momento di trance agonistica, ha appena ridato il +6 ai suoi ma mischia esultanza a proteste per un non fischio. L’Elvetico si scalda, il match anche; al +1 di Mladjan (76-77) risponde un caldissimo Dell’Acqua con 5 punti. E quando ancora «Dule» fa 83 pari, è di nuovo «super Max» a infilare dalla lunetta. Dopo l’ingenuo fallo antisportivo massagnese, con 7 secondi sul cronometro, il 2/2 che indirizza il risultato, poi sigillato da Sampson poco prima della sirena finale. Al cui suono si specchiano da un lato le proteste figlie di una rabbia che forse sarebbe servita in campo, e dall’altro gli abbracci di chi ha dato per l’ennesima volta tutto e si è visto giustamente premiato.

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