Hockey

Il Lugano e il nuovo cuore della quarta linea

Tra i segreti della rinascita bianconera c’è il terzetto formato da Josephs, Morini e Gerber – L’attaccante canadese è felice: «Portiamo tanta energia e riusciamo a segnare reti pesanti»
© Keystone/Pablo Gianinazzi
Fernando Lavezzo
21.11.2022 22:45

Gioco, fiducia, assimilazione del sistema introdotto da Luca Gianinazzi. Non c’è un’unica ragione all’origine della rinascita bianconera. Uno dei fattori che hanno portato quattro vittorie nelle ultime cinque partite, però, è sotto gli occhi di tutti: il maggiore equilibrio tra le quattro linee offensive, favorito dall’utilizzo di cinque attaccanti stranieri. In un solo caso il «Giana» ha sacrificato Koskinen (contro il Bienne), il più delle volte è rimasto fuori Kaski. Fondamentale, per attuare questa strategia, è stato il recupero di Andersson dopo un mese d’assenza. Avvenuto, guarda caso, cinque gare fa, nel derby casalingo. Certo, la coperta in difesa resta corta: è bastata ad esempio la defezione di Riva a Losanna per dover forzatamente riproporre Kaski (che proprio a Malley si è infortunato). Ma a pieno regime il Lugano sembra aver trovato la quadratura del cerchio.

Chili e minuti

Da cinque partite a questa parte, i bianconeri possono contare su una «vera» quarta linea, con Giovanni Morini al centro di Troy Josephs e Jeremi Gerber. Un terzetto solido, fisico. Una «checker line» vecchia scuola, in grado di tenere il ghiaccio per una dozzina di minuti e di segnare reti pesanti. Nelle prime 16 partite di campionato, la quarta linea era invece leggera, inesperta, impalpabile sotto porta. Non per nulla aveva un minutaggio ridotto all’essenziale. Costruita attorno a Herburger, vedeva alternarsi Stoffel, Vedova e lo stesso Gerber. Ora il centro austriaco appare a suo agio tra Müller e Fazzini, Stoffel fa il tredicesimo attaccante e Vedova è stato girato ai Rockets. Gerber, dal canto suo, ha colto l’occasione, portando intensità in un ruolo che sembra disegnato per il veterano Walker, «out» dalla fine della scorsa stagione.

Un trio di cui fidarsi

«È vero, siamo una quarta linea solida e compatta, capace di portare tanta energia alla squadra», ci dice Troy Josephs con il suo immancabile sorriso. «Riusciamo a tenere il disco in zona offensiva e a difenderci con intelligenza. Quando siamo in pista, abbiamo sempre la sensazione di poter fare qualcosa di importante. Gigio (Morini, NdR) ha segnato nel derby, a Kloten e contro il Berna; io ho segnato contro il Bienne. Vogliamo che il coach e i compagni continuino a fidarsi di noi. In spogliatoio l’atmosfera è cambiata, ora c’è tanta positività. Al di là dei risultati, è soprattutto una questione di prestazioni. Sentiamo di aver imboccato la strada giusta e siamo finalmente in grado di restare costanti per 60 minuti. A me piace pensare che sia anche merito della nostra linea».

Bennett, l’amico-rivale

Troy Josephs si sta mettendo alle spalle una prima parte di stagione molto complicata anche a livello personale. In ben cinque occasioni, infatti, l’attaccante canadese è stato girato ai Rockets, mentre il suo connazionale Kris Bennett, ingaggiato per il «farm team» di Swiss League, trovava costantemente spazio nello scacchiere bianconero: «Ovviamente non era la situazione che avevo pianificato, ma a volte capita, nella carriera di un giocatore, di vivere degli inizi di stagione lenti. Quest’anno è capitato a me: non sono riuscito a trovare subito il feeling con il gol e ho avuto bisogno un po’ di tempo per riconquistare la fiducia dello staff tecnico. Il nuovo coach ha avuto un atteggiamento molto positivo nei miei confronti e adesso le cose vanno bene. Sto facendo tante cose buone. Non è un problema giocare in quarta linea, anche perché Luca mi utilizza molto in power-play e in inferiorità numerica. Non ho ancora raggiunto i miei migliori livelli, ma continuando a lavorare così ci arriverò di sicuro».

I nuovi equilibri trovati da Gianinazzi e il rientro di Carr hanno spinto lo stesso Bennett a Biasca. Un altro punto a favore di Josephs? «Io e Kris abbiamo un bellissimo rapporto. Ovviamente è un concorrente interno, come lo sono tutti gli altri stranieri, ma tra noi non c’è competizione. Siamo amici, pensiamo al bene della squadra e non ne facciamo mai una questione personale. Ad esempio, siamo tutti felici per il ritorno di Carr. È rimasto fermo a lungo, ma la sua prima partita contro il Berna è stata molto incoraggiante. Ha portato tanta fisicità, non ha avuto paura dei duelli e ha pure messo diversi dischi sulla porta».

Foglia d’acero

Lo scorso anno Troy era stato selezionato dal Team Canada per la Coppa Spengler, poi annullata. Ora ha un mesetto di tempo per convincere lo staff nordamericano a riprenderlo in considerazione: «Non è in cima ai miei pensieri, pur restando un grande obiettivo. Ci tengo a rappresentare per la prima volta il mio Paese, ma tutto dipenderà da quanto riuscirò a fare con il Lugano».

In questo articolo: