«Gioco sempre per vincere e la pressione non mi spaventa»

Mentre Connor Carrick elogia le bellezze di Lugano, fuori dalla Cornèr Arena piove a dirotto. «Nei giorni scorsi, però, splendeva il sole», dice ridendo. Il nuovo difensore americano dei bianconeri resterà in Ticino ancora un po’, poi tornerà a casa, vicino a Chicago, per proseguire la sua preparazione. Questa mattina si è presentato alla stampa.
Su e giù per l'America
Connor indossa una t-shirt bianca e i pantaloni corti. Ha lo sguardo furbo, una cicatrice sul mento e una bella parlantina. «Questa è la mia prima esperienza all’estero, ho tanto da scoprire e da imparare», racconta. Non è un giramondo dell’hockey, ma nel suo percorso in Nordamerica non si è fatto mancare nulla. Da quando è professionista, ovvero dal 2013, Carrick ha infatti giocato in dodici squadre diverse, tra NHL (248 partite) e AHL (467). Solo nei Toronto Maple Leafs, tra il 2016 e il 2018, il ragazzo dell’Illinois è riuscito a stabilizzarsi nel campionato migliore del mondo. Per il resto, tanti su e giù tra le due leghe: a Washington, a Dallas, in New Jersey. Fino al 2021, quando le chiamate dall’alto si sono di fatto interrotte. Nelle ultime quattro stagioni, Connor ha disputato una sola partita in NHL, il 9 aprile del 2023 con i Boston Bruins. Si è però fatto valere nelle «minors», ogni anno in un posto nuovo: Charlotte, Providence, Coachella e infine Bakersfield, il farm team degli Edmonton Oilers, attuali finalisti nella corsa alla Stanley Cup.
Una nuova avventura
A 31 anni, per Connor Carrick è dunque arrivato il momento di cambiare continente. «Ho giocato tanto in Nordamerica e sono orgoglioso di quanto ho raggiunto. Il mio obiettivo, il mio sogno, era quello di giocare in NHL e ci sono riuscito. Arrivato a questo punto, però, ho sentito il forte richiamo di una nuova avventura. È il momento giusto per me, per mia moglie e per nostro figlio di 4 anni. Siamo pronti per affrontare questo nuovo inizio con una mente aperta. In passato non ho mai preso in considerazione l’idea di giocare in Europa, ma stavolta ho cambiato approccio. Dopo aver discusso con Janick Steinmann ho capito che l’HCL sarebbe stata la scelta migliore. Il Lugano vuole puntare su un gruppo unito, che possa affrontare qualsiasi sfida partendo dall’affiatamento tra compagni. Tutto questo si sposa bene con le mie caratteristiche e la mia visione. Ovviamente è un grande cambiamento, per me e per la mia famiglia. Non conosco molto il campionato svizzero, ma ho guardato alcuni video su internet per capire come giocano le altre squadre e quale sia la loro identità. Ho anche cercato immagini delle altre piste affinché tutto diventi più familiare il prima possibile. Ma a Lugano sarà un nuovo inizio un po’ per tutti. Insieme, dovremo scoprire i nostri punti forti e quelli deboli».

Giocare per vincere
Statistiche alla mano, Carrick è un difensore dalle spiccate doti offensive. Nell’ultima stagione con i Bakersfield Condors ha segnato 18 gol e fornito 23 assist in 63 gare. «Più che altro, mi descriverei come uno che gioca per vincere», spiega. «Ciò che conta, in una squadra, è che ognuno trovi il suo ruolo e che nessuno si tiri indietro nei momenti importanti. Mi piace essere dinamico in fase offensiva, ma anche essere fisico, portare energia. Voglio essere difficile da affrontare. So che mi servirà un periodo di adattamento alla nuova lega e alla nuova squadra. È sempre così. Se osservate le mie ultime stagioni in AHL, i numeri possono sembrare simili, ma i modi in cui li ho ottenuti sono diversi. Ogni allenatore ha le sue richieste, ogni compagno ha le sue caratteristiche. Trasformare tutto ciò in automatismi richiede tempo e infatti, in passato, ho spesso giocato meglio nella seconda parte della stagione. Credo molto in me stesso, ma sono anche abbastanza umile per sapere che in Svizzera ci sono tanti bravissimi giocatori. Ne conosco alcuni che sono passati da Lugano, come Taylor Chorney, Matt Tennyson e Mark Arcobello. Ho parlato con loro, mi hanno detto di aver vissuto delle belle sfide e di essere cresciuti insieme alle loro famiglie. Mi hanno consigliato di vivere l’esperienza con una mente aperta e di assorbire il più possibile la cultura di questa meravigliosa regione».
Esigente con sé stesso
Negli ultimi anni, numerosi difensori stranieri del Lugano non hanno saputo soddisfare le aspettative di una piazza esigente. Tutto questo, però, non spaventa lo statunitense: «Ho giocato a Toronto, in un mercato molto caldo e mediatizzato, quindi so di cosa parlo. Mi hanno detto che i tifosi bianconeri sono passionali, ma io non temo la pressione esterna. Non credo che potrà mai essere intensa come quella che sento dentro. Prendo il mio lavoro molto seriamente, mi considero un bravo giocatore e mi aspetto di dimostrarlo quotidianamente. L’anno scorso, dopo ogni partita, mi chiedevo se fossi stato il miglior giocatore in pista. E se la risposta era negativa, beh, non ero soddisfatto. Ecco, questo è il metro di giudizio con cui valuto le mie prestazioni».
La salute in un podcast
Connor Carrick cura molto la preparazione fisica, mentale e spirituale. Temi che in passato ha anche affrontato nel suo podcast The Curious Competitor. «Essere in buona salute è importante, a maggior ragione per un atleta. Personalmente, ho approfondito certe tematiche per trarne vantaggio in pista e nella vita. Sono un tipo curioso, ho testato metodi diversi, ho imparato dalle esperienze. Il podcast è stata una conseguenza di tutto ciò. Mi piaceva ospitare esperti in vari campi. Ora il programma è fermo da un bel po’, dal 2023, perché ho voluto concentrarmi solo sull’hockey e dedicare più tempo a mio figlio».
L’esempio di McDavid
Connor Carrick è sotto contratto con gli Oilers fino a fine giugno. Le finali per la Stanley Cup, dunque, lo riguardano da vicino. «Ci sono state delle discussioni sulla possibilità di restare a disposizione della squadra durante i playoff, ma ho preferito tornare nella mia casa di Chicago, immersa nella natura, e iniziare a pensare al trasferimento in Ticino. Gli Oilers sono stati fantastici con me, è stato bello farne parte. Qualche volta ho incrociato Connor McDavid e Leon Draisaitl, due dei migliori al mondo. Da loro si impara moltissimo, soprattutto dalla loro intensità e dal loro desiderio di vincere. Visti da vicino sono incredibili, sanno sempre cosa fare per avere successo ed è ciò che provo a fare anch’io».