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Helsinn, generazioni di successo

Intervista a Riccardo Braglia, Vice Chairman & CEO del gruppo farmaceutico ticinese, sulle sfide dell’imprenditorialità e della sostenibilità e sul concetto di famiglia
© JB
Red. Online
10.09.2021 06:00

Fare l’imprenditore è spesso una scelta di vita. In molti affermano che imprenditori si nasce - e non si diventa - in quanto significa mettersi in gioco anche, e soprattutto, personalmente. Sono quasi infinite in letteratura le definizioni di imprenditorialità (o imprenditore), quasi in tutte però ritroviamo due parole chiave: rischio e sfida.

In questa rubrica, denominata «Ticino, terra d’imprenditori», cerchiamo di raccontarvi questo; sfide che gli imprenditori del nostro Cantone hanno e dovranno affrontare. Sfide, ancora, legate al concetto di famiglia. Le imprese famigliari costituiscono in Ticino circa il 60% delle attività imprenditoriali ed hanno quindi un impatto fondamentale sull’economia del territorio. Negli ultimi anni queste imprese hanno dovuto affrontare le nuove sfide dell’economia globale, cosi come le particolarità dettate dalla propria forma di impresa. Fra le tematiche maggiormente rilevanti ci sono ad esempio la successione aziendale a livello generazionale, le questioni legate alla governance fra membri della famiglia o le specificità dal punto di vista giuridico/fiscale.

Il quinto imprenditore di questa edizione è Riccardo Braglia, Vice Chairman & CEO di Helsinn Group, gruppo farmaceutico fondato nel 1976 da suo padre Gabriele. Il format prevede 8 domande puntuali sull’imprenditorialità in Ticino e sulle nuove sfide legate alla conduzione di una azienda famigliare.

In qualità di azienda a conduzione famigliare, avete mantenuto i vostri valori fondanti di qualità, integrità e rispetto, che vi guidano in tutte le vostre attività...
Per la Helsinn, qualità, integrità e rispetto rappresentano la base della propria essenza. Abbiamo sempre investito tantissimo nella qualità dei nostri prodotti farmaceutici, ma anche nella qualità dei nostri processi produttivi, scientifici e di ricerca, così come in quella del personale. La qualità è collocata al primo posto della nostra scala dei valori, così come il rispetto che reputiamo fondamentale. Rispettiamo i pazienti per i quali produciamo i nostri farmaci e perseguiamo il valore dell’integrità. Integrità significa rispettare seriamente le regole e le procedure che vengono applicate quotidianamente a qualsiasi tipo di azienda, in particolar modo alle aziende farmaceutiche. Quindi, questi valori sono alla base della nostra essenza passata, presente e futura.

Quanto è difficile pianificare lo sviluppo di un prodotto su di un lasso temporale di 10 anni? Come lo si può gestire evitando, in corso d’opera, di ritrovarsi al punto di partenza?
I nostri progetti di ricerca sono molto complessi. Dalle prime fasi di ricerca fino al lancio del prodotto finale sul mercato ci vogliono tra i 5 e i 10 anni e investimenti ingenti che vengono affrontati in collaborazione con altre aziende. La nostra strategia è sempre stata quella di pianificare a lungo termine e poi di collaborare con aziende multinazionali, distributori anche in Asia e Sudamerica, con i quali condividere questo rischio. Per ogni fase dello sviluppo possiamo così condividere i benefici, ma anche ridurre i rischi e avere una maggiore possibilità di successo. Abbiamo anche sviluppato una serie di analisi e supporti informatici, che ci permettono di ridurre tutte le singole fasi di rischio potenziale. È chiaro che non è possibile escludere in assoluto il rischio, dato che nel prodotto stesso vi sono elementi peculiari che potrebbero non funzionare oppure effetti collaterali che potrebbero manifestarsi solo nelle fasi finali del progetto. Non è da sottovalutare nemmeno la componente relativa alla concorrenza, che è sempre in grado di sviluppare farmaci simili in grado di sottrarre fette di mercato. Tutte queste componenti di rischio non possono essere escluse al 100%.

Nel 2013 siete stati la prima azienda ticinese a produrre un report di sostenibilità, il «Quality of Life Report», i cui pilastri sono la qualità di vita dei pazienti, delle persone, della comunità e dell’ambiente, così come la creazione di un valore economico e la condotta responsabile. Ci racconti di più...
La base di questo documento poggia sui nostri valori aziendali e sulla convinzione di essere una famiglia all’interno dell’azienda. Questo modo di essere sostenibili è sempre stato presente e lo abbiamo semplicemente trascritto per creare una base che ci aiutasse, anno dopo anno, ad apportare dei miglioramenti. Infatti, nelle successive versioni del resoconto abbiamo potuto valutare i miglioramenti avvenuti e le aree dove era ancora necessario intervenire. Per fare alcuni esempi, abbiamo apportato, tramite investimenti e partner esterni, dei miglioramenti alla nostra fabbrica di Biasca, collegandoci a fonti rinnovabili per diventare CO2 neutrali, eliminando sostanzialmente il consumo di gasolio in tutto lo stabilimento. Abbiamo installato anche dei pannelli solari e cerchiamo di essere sostenibili anche a livello di socialità, investendo in forme di sostegno a popolazioni locali e internazionali. Abbiamo apportato innovazioni anche sul posto di lavoro, creato condizioni migliori per i nostri collaboratori, e molto altro. Tutto questo fa parte del nostro progetto di sostenibilità interna ed esterna, che sono fondamentali per un’azienda moderna che vuole lasciare un’impronta importante sui territori in cui opera.

In Helsinn, dove viene posta maggiore attenzione a questo aspetto?
Non c’è una priorità. La nostra sostenibilità si concretizza attraverso tutti i livelli organizzativi e, soprattutto, siamo riusciti a rendere questo valore parte integrante dell’organizzazione, dal basso verso l’alto. Non è un aspetto imposto dal management, ma un valore che oggi è radicato in tutti i collaboratori, che scambiano tra loro esperienze e contribuiscono alla sua valorizzazione. Da anni abbiamo inserito dei premi per chi porta idee innovative, di sostenibilità e di miglioramento, perché ogni elemento è collegato. Se ci si innova e si protegge l’ambiente, al contempo si crea un beneficio sociale per chi lavora in azienda. Si tratta di un cerchio per cui, se si seguono tutti i passaggi giusti, alla fine la sostenibilità viene valorizzata in un concetto più ampio per tutta l’azienda, sia per chi ci lavora sia per chi collabora dall’esterno.

Nei prossimi anni, quali saranno le principali sfide dal punto di vista della sostenibilità (economica, ecologica, sociale)? Nell’universo farmaceutico, dove sarà necessario porre una particolare attenzione?
Sarà necessario investire nella condivisione, ovvero nel rendere globalmente più trasparenti gli impegni che il mondo industriale (nel nostro caso farmaceutico) deve affrontare per sviluppare un prodotto o, come nel nostro caso, un farmaco. Bisogna far capire all’utente finale il motivo per cui un farmaco ha un determinato costo. Il motivo è che, dietro a un prodotto finale, spesso c’è un progetto decennale che ha comportato rischi, tempi e investimenti enormi. Quando questi progetti vanno a buon fine restituiscono una certa marginalità, ma devono anche andare a coprire i costi di tutte quelle idee che hanno avuto un esito negativo. È anche necessario comunicare che il farmaco, con tutti i costi che rappresenta, permette l’allungamento della vita e la possibilità di poter sopravvivere a situazioni estremamente rischiose. Spesso, questa spesa sembra molto alta, ma rappresenta in media il 10% del costo sanitario globale. Dialogare meglio con il pubblico e far capire gli sforzi fatti dalle aziende grazie a consistenti investimenti privati è fondamentale. Dobbiamo far capire che l’industria farmaceutica non privilegia il lucro, anzi, principalmente si prefigge di risolvere i problemi della popolazione in caso di malattia. In questo senso, serve maggiore collaborazione, e questa pandemia ha forse impartito qualche insegnamento.

Vede un possibile sviluppo per quel che riguarda la consulenza delle banche in tema di previdenza, per gli imprenditori e per i dipendenti?
Il sistema previdenziale è un elemento estremamente importante per tutta l’economia e per le imprese. Le banche possono svolgere un ruolo importante a livello previdenziale, perché sono l’elemento cardine del futuro. Bisogna trovare un modo per dare una redditività sufficiente ai sistemi previdenziali, in quanto, con una popolazione che sta invecchiando come la nostra in Svizzera, avremo sempre più persone in pensione rispetto a quelle professionalmente attive. Bisognerà quindi ridisegnare i sistemi previdenziali in maniera più innovativa rispetto a quelli che siamo abituati a vedere. Oggi, in molti paesi, il sistema previdenziale è tendenzialmente in crisi. La Svizzera, grazie alla previdenza basata sul secondo e terzo pilastro e alla collaborazione con il settore privato, è riuscita ad avere un sistema più performante rispetto ad altri paesi. Non bisogna però abbassare la guardia, e quindi sarà fondamentale trovare nuove collaborazioni a livello assicurativo e bancario per contribuire a dare delle performance in grado di garantire un futuro pensionistico migliore a tutti. Altrimenti, rischiamo di posticipare il problema.

C’è un progetto che ha seguito e che le sta particolarmente a cuore?
Sono attivo in tanti progetti e settori diversi, ma ci sono due progetti sociali che mi stanno a cuore. Il primo è rappresentato dalla “Fondazione Gabriele e Anna Braglia”, dedicata all’arte, e che ha dato la possibilità alla popolazione ticinese di beneficiare di un nuovo museo e di tante esposizioni e attività culturali. Il secondo progetto è la “Fondazione Nuovo Fiore in Africa”, iniziato 12 anni fa e divenuto poi una vera fondazione. Questa realtà consiste nel creare scuole e progetti educativi in diversi paesi dell’Africa centrale. Siamo partiti con una scuola e oggi abbiamo oltre 25 progetti e più di 15’000 bambini che ricevono un’educazione nelle scuole da noi finanziate e costruite. Reputo che questo sia l’unico sistema per ridurre la problematica relativa alle differenze economiche tra il nord e il sud del mondo. È fondamentale investire nell’educazione, in quanto è l’unico sistema per avere una preparazione che permetta alle persone di trovare un posto di lavoro nel loro luogo di origine. Queste persone eviterebbero di emigrare se avessero un lavoro e una realtà economica funzionanti. Investire nell’educazione è il primo progetto. Bisogna quindi insegnare il valore economico e il valore dell’educazione, in modo che possano imparare una professione e che in ogni loro azione ci sia un valore preciso. In questo contesto, l’errore maggiore è la distribuzione gratuita di qualsiasi tipo di bene nei paesi in via di sviluppo. Affinché queste popolazioni diano un valore sostanziale ai beni di cui necessitano, occorre che partecipino alla spesa, seppure in modo simbolico. Quindi questo è l’unico modo per portare un’educazione in maniera costruttiva. Continueremo su questa strada, e abbiamo molti altri progetti per il futuro in diversi paesi dell’Africa.

I suoi figli rappresentano la quarta generazione di un’importante storia imprenditoriale. Come si affronta un passaggio generazionale di successo? Quali sono le difficoltà da affrontare e ove porre una particolare attenzione?
La maggiore difficoltà anche per i miei figli è l’esempio ingombrante del padre. Io l’ho vissuto con mio padre e i miei figli lo vivono con me. Avere un genitore che ha creato un’attività di successo, che è sempre cresciuta, rappresenta una difficoltà per la nuova generazione. Bisogna aiutarli a capire che si possono realizzare progetti diversi e ci si deve impegnare nella preparazione al passaggio generazionale. Oltre ad avere una formazione, devono fare esperienza lavorativa esterna prima di entrare in azienda; questa è la strada per apprendere il significato dell’attività lavorativa per conto di terzi. È importante rendersi conto che all’interno della stessa azienda si possono fare cose diverse. Mio figlio più grande entrerà in azienda dal primo di settembre dopo una esperienza esterna, dove ha lavorato con l’obiettivo di imparare a fare cose diverse da quelle che vengono fatte oggi in azienda. Tra vent’anni, mi piacerebbe vedere come l’azienda è evoluta attraverso la gestione dei miei figli, e, soprattutto, constatarne la totale diversità dall’azienda che conduco oggi.

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