Addio al regista Sidney Lumet

NEW YORK - Morto oggi a Manhattan, all'età di 86 anni, Sidney Lumet era un maestro del cinema con una grande conoscenza tecnica e un'eccezionale abilità ad ottenere dai suoi attori prestazioni di prima classe. Da Henry Fonda ad Al Pacino, a Ingrind Bergman, a Sean Connery, a Faye Dunaway. Grandi e innumerevoli le star che, grazie a lui hanno vinto Oscar e vari riconoscimenti.«La parola ai giurati» (il suo debutto alla regia), «Serpico», «Quel pomeriggio di un giorno da cani», «Uno sguardo dal ponte», «Quinto potere», «Il verdetto», «Vivere in fuga», «Un'estranea tra noi», «Prove apparenti», sono solo alcune delle pellicole da lui dirette e che hanno lasciato un segno nella cinematografia. Sidney Lumet ha spesso trattato temi scottanti, sociali, mai politici però, e il suo stile è stato a volte paragonato a quello di Martin Scorsese.
Il suo debutto sul palcoscenico è all'età di 14 anni all'Yddish Art Theater di New York. Come attore partecipa a «Quartiere maledetto» (1939). Poi, nel 1947, il suo lavoro in una compagnia off- Broadway con attori del calibro di Yul Brynner ed Eli Wallach. Inizia a curare la regia di spettacoli televisivi nel 1950 con la CBS e il suo lavoro è tale da essere considerato uno dei più importanti del settore. Sul grande schermo il suo debutto alla regia avviene nel 1957, all'età di 33 anni con «La parola ai giurati», con Henry Fonda. Un capolavoro che ottenne l'Orso d'Oro a Berlino e varie nomination all'Oscar. Uno dei debutti più propizi nella storia del cinema, tenendo conto che la pellicola si svolge in una stanza di un tribunale.
Tra le dive, da lui dirette, anche le italiane Sophia Loren (»Quel tipo di donna» - 1959) e Anna Magnani (»Pelle di serpente» - 1960 con Marlon Brando). La fase di maggior successo nella carriera di Lumet è rappresentata da «Serpico», il primo dei suoi film sulla corruzione della polizia di New York. Un film osannato dalla critica e per il quale Al Pacino per il ruolo del protagonista, vinse il Golden Globe. Altro grande successo fu «Assassinio sull'Orient Express» (1974) con un cast stellare: Albert Finney, Lauren Bacall, Sean Connery, Ingrid Bergman, che vinse il suo terzo Oscar.
Tra i capolavori di Lumet «Quel pomeriggio di un giorno da cani» su una maldestra rapina in banca (1975 - 6 nomination all'Oscar, vincendone uno per la sceneggiatura originale), la satira sui media di «Quinto potere» (1976) che ottenne 10 candidature all'Oscar, di cui 4 vinte: miglior attore (Peter Finch), migliore attrice (Faye Dunaway), migliore sceneggiatura originale e migliore attrice non protagonista.Formidabile la regia in «Il principe della città» (1981), considerato un altro dei suoi lavori migliori. Ancora una volta Lumet tratta la corruzione nella polizia, questa volta è protagonista un magnifico Treat Williams. Nel suo libro «Making Movies» descrivendo la pellicola Lumet diceva: «Quando cerchiamo di controllare tutto, tutto prende il nostro controllo e nulla è ciò che sembra...». Anche «Il principe della città», come «Serpico» si basa su una storia vera ed è una storia anche sull'amicizia e sulla tossicodipendenza.Un altro capolavoro osannato dalla critica è «Vivere in fuga» (1988) con il compianto River Phoenix che ottenne una nomination all'Oscar per la sua commovente interpretazione. Nella carriera di Lumet, dopo il divertente ma deludente gagster «Sono affari di famiglia» (1989) con Sean Connery, Dustin Hoffman e Matthew Broderick, arriva il sottovalutato «Terzo Grado» (1990) con un bravo Nick Nolte.
Nell'edizione degli Oscar 2004 Lumet ottenne il riconoscimento alla carriera e l'anno dopo il premio alla carriera gli fu dato dal Savannah Film Festival. Quest'ultimo riconoscimento però fu trovato nascosto tra gli arbusti in un incrocio a Brooklin.Ultimo suo lavoro «Onora il padre e la madre» (2007) con Philip Seymour Hoffman, Ethan Hawke e Marisa Tomei (12 premi e una dozzina di nomination in festival e mostre internazionali, incassando al botteghino mondiale più di 25 milioni di dollari) e nel 2009 partecipò al documentario «I Knew It Was You» di Richard Shepard per ricordare l'attore John Cazale a trent'anni dalla morte.