Abruzzo: 40 unità cinofile in campo

Dolore, morte, disperazione. Queste le macerie insormontabili che il terremoto in Abruzzo, nella notte tra domenica e lunedì 6 aprile, ha lasciato dietro di sé. Eppure, in questo mondo sconvolto nella sua quotidianità dal tremare della terra, uomini e donne della Protezione civile, della Croce Rossa, delle Associazioni di volontariato, stanno dimostrando che la solidarietà non è, solo, un concetto astratto. Tra loro vi sono anche uomini e donne che compongono le 40 unità cinofile (ogni unità è composta di tre persone e altrettanti cani) impiegate giorno e notte, nelle prime 48-56 ore, per salvare coloro che sono rimasti intrappolati sotto ciò che un tempo erano case, bar, ospedali, alberghi, chiese.
L'Italia, com'è noto, in quest'occasione per il pronto intervento ha preferito far capo alla propria Protezione Civile. Le unità cinofile svizzere - quelle della REDOG (ovvero "rescue dog", in italiano cani da salvataggio) - sono perciò rimaste al palo, compreso, dunque, il Gruppo Regionale Ticino. Paola Poli è Capo intervento, responsabile e Capo istruzione catastrofi della REDOG Ticino. Se per l'associazione il battesimo del fuoco fu nel 1976 (quando ci fu il terremoto in Friuli) per lei il primo intervento come membro di un'unità cinofila risale al novembre del 1980 quando la terra tremò, portando distruzione e morte, in Irpinia.
«Ero giovane – racconta Poli – ed è stata un?esperienza di quelle che ti segnano».Lei è stata volontaria in Irpinia. Che effetto le fa sapere che l?Italia ha rifiutato gli aiuti della Svizzera e di molti altri Paesi?«Penso che l?Italia – forse sarebbe meglio dire la Protezione civile italiana – sia organizzata adeguatamente. Sono passati trent?anni da quando si chiedevano aiuti esterni e, nel frattempo, anche in Italia si sono formate unità cinofile perfettamente addestrate e in grado di intervenire nei luoghi colpiti dal terremoto. Non avrebbe senso chiedere l?intervento della REDOG svizzera quando l?Italia può contare su squadre altrettanto competenti».Lei fonda questa sua opinione su...«... sul fatto che ho lavorato spesso con istruttori italiani e le posso assicurare che i percorsi formativi delle loro squadre sono identici a quelli che svolgiamo in Svizzera. Il brevetto di «cane da catastrofe» viene rilasciato a parità di condizioni».Sfiducia ingiustificata dunque...«Direi proprio di sì. L?Italia è in grado di prestare soccorsi professionali. Diverso quanto accaduto l?anno scorso con il terremoto in Cina. Ero partita anch?io per la Cina, con il mio cane, un bracco, un ticinese e altri svizzeri. Avevamo i visti, avevamo tutto, ma... quando siamo arrivati il Governo ci ha detto che non aveva bisogno di noi, ma di denaro, coperte, generi alimentari e medicine. Le persone rimaste sotto le macerie, ormai, erano sotto le macerie e lì sarebbero restate».