È vero che gli uccelli hanno la bussola?

Volare: uno dei sogni dell’uomo. Dal 17 dicembre 1903, data in cui i fratelli Wright riuscirono per la prima volta a far volare - per 12 secondi - un aereo guidato da un uomo, la storia dell’aviazione non si è più fermata, con mezzi sempre più performanti e distanze raggiunte in un tempo via via minore. L’atavico desiderio di librarsi in aria come un uccello, però, non è del tutto esaudito. Ci mancano le ali, le penne, l’adatta costituzione e, probabilmente, anche un adeguato senso dell’orientamento.
Gli uccelli, soprattutto le specie migratrici, compiono stagione dopo stagione il medesimo percorso, ma come fanno a non sbagliare strada e a ritrovarsi sempre nella corretta zona di svernamento o estivazione? La scienza non è ancora riuscita a dare una risposta a tutti i quesiti che questa stupefacente abilità solleva, ma numerosi esperimenti suggeriscono che gli uccelli «navighino» sia a vista che grazie a innate doti d’orientamento. Sono in grado, infatti, di riconoscere riferimenti topografici e seguono rotte familiari. La migrazione avviene in stormo e questo permette agli esemplari più giovani di apprendere le necessarie informazioni grazie all’osservazione dei «veterani».
Oltre a questo aspetto si è notato, a partire dagli anni settanta, che il volo e la migrazione vengono disturbati da alterazioni del campo magnetico, suggerendo che gli uccelli siano in grado di orientarsi grazie ai poli terrestri. W.T. Keeton fissò dei magneti al capo dei piccioni viaggiatori e notò che questi esemplari non riuscivano più a ritrovare la corretta rotta per tornare alla piccionaia. Nei decenni successivi si è scoperto che nel collo dei piccioni e di alcuni passeriformi vi sono piccoli depositi di magnetite che agirebbero come una vera e propria bussola.
L’ornitologo G. Kramer ha dimostrato che gli uccelli mantengono una direzione orientata facendo riferimento al sole, mentre E. Sauer e S. Emlen hanno esteso il concetto anche al cielo notturno. Molte specie, infatti, sono in grado di riconoscere e navigare di notte secondo l’asse della stella polare.
Oltre alla meraviglia che la capacità migratoria suscita, questa abilità è stata per secoli molto utile all’uomo grazie all’allevamento dei piccioni viaggiatori. Questi animali, aiutati sia dal magnetismo che da un olfatto sensibilissimo, tornano sempre alla loro piccionaia e quindi, se portati lontano da essa, si può far affidamento sul loro ritorno nel luogo d’origine per portare messaggi. Ampiamente usati durante Medioevo e Rinascimento, i piccioni viaggiatori trovarono gloria anche nella Seconda guerra mondiale quando Paddy, esemplare addestrato dalla Raf (Royal Air Force britannica), superò in 4 ore e 50 minuti la notevole distanza di 230 miglia, portando in Inghilterra, dalla Normandia, un messaggio in codice contenente informazioni importanti sui progressi degli alleati. Quel giorno, il 6 giugno del 1944, Paddy riuscì a eludere i falchi tedeschi, addestrati proprio per fermare i piccioni viaggiatori, e consegnò alla base militare di Hampshire, il suo importante messaggio.
Ancora oggi esistono allevatori appassionati che gareggiano in tutta Europa con i loro piccioni, mentre le ricerca ornitologia prosegue per riuscire a carpire anche il più piccolo segreto dello straordinario senso dell’orientamento di queste piccole «bussole alate».