È vero, «grande» significa «intelligente»

Le razze canine, si sa, possono essere molto diverse. Alani e chihuahua, ad esempio, già alla prima occhiata appaiono agli antipodi per quanto riguarda la taglia. La grandezza degli amici a quattro zampe può incidere anche sulla loro intelligenza? Da sempre questo dubbio accomuna molti appassionati cinofili, con vere e proprie fazioni che sostengono che siano le taglie importanti quelle più sveglie. E viceversa. Finalmente i ricercatori del Canine Cognition Center dell’Università dell’Arizona hanno trovato una risposta definitiva. In effetti sembra esserci una relazione positiva tra dimensioni e intelligenza. Per capirlo sono stati analizzati i comportamenti di ben settemila cani appartenenti a 74 razze diverse.
Almeno in parte, a quanto pare, la stazza può influire sull’intelligenza dei cani. Per tornare al nostro esempio iniziale, l’alano ha un cervello più grande rispetto al chihuahua. Di conseguenza presenta anche un miglior funzionamento esecutivo. In altre parole è in grado di controllare meglio il proprio comportamento e ha una memoria migliore del suo cugino più piccolo.
Stando a quanto riportato dagli esperti neurologi, i cani sono la specie perfetta per studiare l’importanza dell’ampiezza del cervello: proprio grazie alle loro dimensioni molto diverse. Il numero di neuroni si è rivelato importante per indicare le capacità cognitive dei quattro zampe. Non a caso i “micro cani” sono più impulsivi e smemorati rispetto alle “taglie maxi”. Fanno più fatica, inoltre, a ricordare dove il padrone ha nascosto un bocconcino o a trattenersi dal mangiarlo se gli è stato proibito di farlo.
A livello di intelligenza sociale, tuttavia, la situazione è ben diversa. Tutti i cani, grandi o piccoli che siano, sono in grado di intendere le indicazioni che vengono date dal proprio padrone. Semplicemente poi immagazzinano e sfruttano queste informazioni in modo diverso. Come riporta uno studio riportato sulla rivista Science non conta tanto ciò che viene detto ai cani, ma piuttosto il come viene detto.
Esattamente come quello umano, il cervello canino elabora il significato e l’intonazione delle parole pronunciate dai padroni mettendo questi due aspetti in relazione. Se, ad esempio, mettiamo particolare enfasi in quello che diciamo a Fido, allora è molto probabile che ci ascolterà in maniera più precisa. Viceversa se gli sussurriamo un ordine in modo poco convinto è difficile che ci ascolti davvero. Una scoperta particolarmente significativa per quanto riguarda il cosiddetto rinforzo positivo. Tutti i padroni di cani, infatti, sanno quanto una bella ricompensa possa aiutare ad insegnare ai quattro zampe l’importanza di una lezione.