Leopardi delle nevi a Magliaso

MAGLIASO - È arrivata recentemente allo Zoo al Maglio una femmina di leopardo delle nevi. Da decenni gli zoo allevano questi felini che allo stato selvatico sono altamente minacciati. Ci siamo intrattenuti con Sabina Fehr, direttrice dello zoo, e Urs Breitenmoser, copresidente del gruppo di specialisti sui felini Cat dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN).
Neanche a farlo apposta, è arrivata con l’ultima nevicata: Sadari, una femmina di leopardo delle nevi di quasi due anni. Ora se ne sta accoccolata nella grotta in legno. Sembra sonnecchiare tranquilla, ma si sta adattando al suo nuovo ambiente. Un improvviso fruscio, provocato da una folata di vento, le fa rizzare subito la testa. Gli occhi grigi fissano il luogo dal quale è arrivato il rumore sconosciuto. Ma è un attimo. Poco dopo infila di nuovo il muso nella sua lunga coda e chiude gli occhi. Sadari è nata in uno zoo in Germania e le voci delle persone non la turbano più di tanto. Chi invece appare agitato è Deleg, il maschio che sembra non credere ai suoi occhi e continua a tornare a sbirciare dal suo recinto verso quello della nuova arrivata. Nell’anno del suo 45. anniversario, lo Zoo al Maglio ha ricevuto in gestione questo leopardo delle nevi dal programma di allevamento di specie minacciate (European endangered species programm – EEP). «Saranno loro – ci spiega Sabina Fehr, direttrice dello zoo – a dirci se si potrà tentare di allevare dei cuccioli o no. Per il momento siamo contenti di vederla ambientarsi bene. Sicuramente sente un po’ la mancanza dei suoi fratelli ma anche in natura, a circa due anni d’età, i giovani lasciano il gruppo familiare per cercare un proprio territorio dove stabilirsi».
Gestione e tutela
I leopardi delle nevi, minacciati d’estinzione in natura, sono stati tenuti negli zoo da ormai un secolo. Negli anni 90 l’allevamento di questi felini aveva avuto un tale successo che ce n’erano quasi troppi. Di conseguenza l’EEP ha avviato un piano di gestione molto più rigido, che ha portato a un sensibile calo degli animali tenuti in cattività. A Urs Breitenmoser, biologo naturalista e copresidente del Cat, il gruppo di specialisti della IUCN, abbiamo chiesto quale importanza rivestono gli animali tenuti negli zoo per la protezione dei leopardi delle nevi. «In genere gli esemplari in cattività hanno tre funzioni: in primis sono un pool genetico, cioè una fonte alla quale attingere se un gruppo genetico dovesse estinguersi in natura; in secondo luogo rendono consapevole il pubblico dei problemi esistenti e possono contribuire così a generare fondi da impiegare per salvare le popolazioni selvatiche; infine permettono di educare le persone sulla specie e l’ambiente nel quale vive in natura. Per il leopardo delle nevi – più che nel caso di altre specie di felini – è stato fondamentale il secondo punto: molti progetti di salvaguardia hanno potuto prendere avvio proprio grazie ai fondi raccolti dagli zoo che ospitano questi animali». Il leopardo delle nevi è talmente difficile da osservare in natura che le stime riguardanti il numero di esemplari allo stato selvatico sono controverse: vanno dai 3.000 agli 8.000, cioè in pratica non si sa nulla, tranne che ne sono rimasti molto pochi. Ha fatto perciò scalpore che la IUCN abbia recentemente deciso di abbassare il grado di pericolo per il felino da «minacciato» a «vulnerabile». Secondo gli specialisti, proprio ora che, dopo anni di sforzi, si era arrivati a un consenso politico nei dodici Stati asiatici dell’area di distribuzione del leopardo delle nevi, questo declassamento potrebbe indebolire la giustificazione dei progetti di protezione.
Conflitti e soluzioni
Le minacce principali alle quali si trova confrontato il leopardo delle nevi, secondo Breitenmoser, sono la diminuzione delle sue prede – dovuta alla caccia da parte dell’uomo e la competizione con gli animali da reddito sempre più numerosi – e l’incremento degli animali domestici che di conseguenza aumentano le potenziali situazioni di conflitto tra felino e allevatori. Di fatto, a parte la caccia per il traffico illegale di pellicce e di parti usate a scopo medicinale, essi sono abbattuti come ritorsione dopo che hanno razziato del bestiame. «Basti pensare che in Mongolia, dopo la caduta del comunismo, il numero di capi di bestiame è quadruplicato. Questo crea un’enorme pressione sull’ambiente naturale e sugli ungulati selvatici, fonte di cibo primaria dei felini». Dal 2000 esiste però un progetto che motiva le popolazioni locali a impegnarsi per la protezione dei leopardi delle nevi: Irbis Enterprises (dal nome locale della specie). Di fatto si sostengono piccole imprese di artigianato nelle zone rurali dove è presente il felino. Gli oggetti così creati sono poi rivenduti a livello internazionale, anche negli zoo. L’assenza di bracconaggio e la protezione degli ungulati selvatici della zona sono ovviamente le condizioni principali richieste alle comunità che desiderano parteciparvi. Sadari, per piccola che sia, è un tassello in tutto questo grande progetto per salvare i suoi parenti selvatici.