Namibia, dove vivono i rinoceronti

Le famiglie di elefanti del deserto e "Black Rhino" stanno tornando a crescere
Red. Online
04.02.2013 07:19

Ci sono sempre almeno due modi per affrontare un problema e non sempre quello che recita "prendere la situazione di petto" dà i risultati migliori. L'ultimo esempio ci viene da due Stati africani confrontati con il tragico problema del bracconaggio (e la relativa minaccia d'estinzione di due specie animali: rinoceronti neri - Diceros bicornis - ed elefanti del deserto - Loxodonta africana africana -): il Kenya e la Namibia.

In Kenya, dove nel 2012 sono stati uccisi 360 elefanti e 40 bracconieri, la guerra è ricominciata. Il risultato (vd link) è che gli elefanti continuano ad essere uccisi e che a loro si aggiungono anche i bracconieri (in questo primo mese dell'anno ne sono stati uccisi sei). Completamente diversa la situazione in Namibia dove, secondo un recente rapporto pubblicato dai media locali, i rinoceronti neri, la sottospecie più rara, sono aumentati da 300 a 1.700 unità dal 1980, mentre gli elefanti del deserto ora sono 600, rispetto agli appena 155 nel 1980.

A spiegare il fenomeno è stato in un libro - "Arid Eden" - un pioniere della conservazione della natura, Garth Owen Smith (vd link), che dal 1980 ha avviato un tour, basato sul coinvolgimento delle comunità locali, per sostenere le campagne in favore della fauna selvatica (vd pdf). «Se la fauna è conservata bene può attirare turisti, creare posti di lavoro e ricchezza nella regione», ha detto ad Africa Review Pierre du Preez, responsabile per la protezione dei rinoceronti del ministero dell'Ambiente e del Turismo (vd link). Ognuno può pensarla come vuole, ma i fatti dicono che in poco più di 30 anni la Namibia è diventata una delle mete più ambite per i turisti di tutto il mondo. «Le popolazioni rurali che vivono vicino ai rinoceronti sono molto più favorevoli alla tutela dell'ambiente e diventa più difficile per le persone diventare bracconieri, perchè la loro scelta potrebbe influenzare l'intera comunità - ha spiegato Du Preez - Proprio per questo auspichiamo che il modello della gestione comunitaria delle risorse naturali possa essere esportato anche altrove».

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