Quella kamikaze di una formica

Animali e uomini - piaccia o non piaccia - hanno molti aspetti in comune. Alcuni esempi li abbiamo proposti anche nella "Fattoria": dal lutto nel mondo degli scimpanzè ai favori sessuali delle granchiette, al nepotismo dei ragni (vd suggeriti). Non avremmo però mai immaginato di potervi parlare delle "formiche kamikaze". Eppure pare proprio che le missioni suicide - quelle che resero famosi i piloti giapponesi nella seconda guerra mondiale prima ancora che i jihadisti contemporanei - non siano una prerogativa degli umani. A dirlo è l'etologo Mark Moffet che nel suo ultimo libro - "Avventure tra le formiche" (Adventures Among Ants) - racconta di come una formica operaia si fa letteralmente esplodere per respingere un invasore.
Moffet, che si trovava in viaggio nel Borneo, decise un giorno di preparare una trappola con un po' di miele alla base di un albero colonizzato da formiche cilindriche. La trappola attirò un'altra specie di formiche, che cercarono di penetrare all'interno dell'albero. «Quando una delle formiche 'straniere' ha cercato di superare una formica cilindrica - racconta Moffet nel libro - quest'ultima ha 'detonato', rompendo il proprio corpo e rilasciando una sostanza tossica giallastra che ha ucciso all'istante la rivale».
Secondo l'etologo questo non è l'unico 'sacrificio' che avviene nel mondo delle formiche: un'altra specie ad esempio usa delle 'porte viventi', cioè degli esemplari che si incastrano perfettamente nelle aperture dei formicai e che lasciano passare le compagne solo dopo che queste si sono 'fatte riconoscere' con un colpo di antenna. In caso contrario la formica rimane al suo posto impedendo fisicamente l'accesso agli estranei. Non solo nel Borneo, ma anche in Brasile, si legge nel libro, ci sono formiche che si sacrificano: «Fuori dai nidi di Forelius Pusillus, ogni notte, si fermano fino a otto esemplari, che passano il tempo a mimetizzare l'entrata - spiega lo scienziato - entro l'alba muoiono tutte, per motivi sconosciuti». Secondo Moffett la causa di questi comportamenti può essere spiegata dalle dimensioni delle colonie: «La colonia è come un unico organismo vivente - spiega -. In caso di pericolo è disposta a sacrificare una parte di sè per salvarne una più grande».