Randagi d'Ucraina, è morte continua

La testimonianza di Andrea Cisternino che sta costruendo un rifugio fuori Kiev
Matilde Casasopra
17.01.2013 07:19

Sono passati sei mesi da quando la kermesse di Euro 2012 ha spento le luci sull'Ucraina e su Kiev, ma... la strage di randagi non si è fermata e quella del "dog hunter" (uccisore di cani) è, in questo paese, una delle professioni più in voga. Il tutto nell'indifferenza generale. È anche per questo che lui, Andrea Cisternino, fotografo pubblicitario e animalista convinto che da tre anni vive a Kiev, a febbraio sarà in Italia per un giro di conferenze: per far sentire la voce di questi senza voce.

Andrea Cisternino, proprio fuori Kiev, sta ora costruendo un rifugio per i randagi. Con lui, in Italia, porterà due cani: Masya, che è malata (vd link) e Bonifazy, che ha le zampe spezzate. «Li porto in Italia per analisi mediche e per farli curare al meglio. Arrivano, comunque, che sono già adottati», ci dice Cisternino nell'intervista che ci ha concesso per la Fattoria in edicola giovedì 17 e nel corso della quale gli abbiamo chiesto se iniziative come quella delle adozioni dei galgos spgnoli (vd suggeriti) potrebbero essere applicate anche per i randagi ucraini. «Richieste di adozioni o stalli per i randagi d?Ucraina ci sono, ma penso che il mio paese, l?Italia, sia pieno di suo di randagi rinchiusi in gabbie. Poi arrivano quelli spagnoli , quelli romeni ecc. Se portassi anche quelli ucraini secondo me condanneremmo quelli italiani a morire in gabbia. Allora porto solo randagi con problemi precisi: o torturati o sparati». Li porta perché possano essere curati in vista di una vita degna d'essere vissuta. Una testimonianza, la sua che, ne siamo certi, non vi lascerà indifferenti.

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