Storico incontro sui delfini catturati nella baia di Taiji

Il 10 agosto scorso, po' in sordina, nel buon stile della diplomazia elvetica, si è tenuto presso l'ambasciata svizzera di Tokyo uno storico incontro sull'acquisto, da parte dei delfinari giapponesi, di cetacei prelevati durante la caccia nella baia di Taiji. Mantenendo una promessa fatta nella sua sede a Gland (VD) a fine marzo 2014 durante una riunione con le associazioni ELSA (Giappone) e OceanCare (Svizzera), il regista Ric O'Barry e l'attivista Daniel Jost, organizzatore di una protesta che si era tenuta precedentemente, una rappresentanza dell'Associazione mondiale degli zoo e degli acquari (WAZA) si è recata inizio agosto in Giappone per discutere con la sua associazione membro giapponese (JAZA) una possibile moratoria nell'acquisto di delfini provenienti da Taiji. La delegazione era composta dal presidente Lee Ehmke, dal direttore generale Gerald Dick e da Suzanne Gendron, membro del comitato sugli acquari. La moratoria, della durata di due anni, avrebbe dovuto permettere ai delfinari giapponesi di trovare delle soluzioni alternative. La sanguinosa caccia ai delfini nella Baia di Taiji è stata resa famosa dal film di Ric O'Barry "The Cove". Durante queste battute di pesca, molti delfini vengono uccisi per il consumo della loro carne, ma un numero sempre crescente viene catturato vivo per poi essere venduto, con lauti guadagni, ai delfinari.
Come risulta dal comunicato stampa di WAZA, JAZA ha rifiutato la moratoria trincerandosi dietro al fatto che il suo impatto è minimo dato che la maggior parte degli animali viene esportata, in particolare verso la Cina. Per evitare un qualsiasi coinvolgimento con la sanguinosa pesca, WAZA ha suggerito di separare allora le catture di delfini destinati ai delfinari dalla caccia stessa. Ma neppure questa proposta è stata accettata dalla controparte giapponese, che ha sottolineato come questa opzione sia già stata scartata in passato dal governo e da altre parti coinvolte. Sebbene WAZA prenda atto di alcuni accorgimenti che JAZA ha offerto di operare, per ridurre il proprio impatto, essa ritiene che questi possono essere visti solo come primi passi nella giusta direzione. Nella seguente riunione con le associazioni animaliste giapponesi, si è discusso su come porre fine alla cruenta caccia ai delfini nella baia di Taiji. Purtroppo non ci sono stati dei risultati concreti, ma WAZA ha assicurato di voler continuare la collaborazione, mantenendo aperti tutti i suoi canali. Ovviamente le organizzazioni giapponesi, in prima fila ELSA, si dicono deluse dal fatto che ancora una volta, nonostante 10 anni di quello che viene definito un comportamento in aperta violazione del codice etico autoimpostosi dalla stessa WAZA, l'associazione non riesca a fermare o a sanzionare il comportamento di uno dei suoi membri. L'incontro viene comunque valutato in modo positivo per il fatto che si sia riusciti finalmente a mettere a uno stesso tavolo le associazioni che rappresentano i delfinari e le ONG giapponesi, riconoscendo di fatto l'esistenza del problema e l'impegno delle associazioni animaliste: rispetto al passato si tratta di un grande passo avanti, che lascia ben sperare per il futuro.